Lettera a Enzo
Oggi, a un anno dalla morte di Enzo, rileggevo una lettera che gli avevo scritto, che lo aveva colpito e commosso.
Mi sembra ancora impossibile che non ci sia più.
Cambridge, 11 Agosto, 2010
Carissimo,
so, ho saputo, e ti penso.
Ti penso perché tu sei uno
zio strano. Sei stato l’amico del cuore di mio papà, sei cresciuto con mia
mamma, le mie due zie, sei il padrino di mia sorella. Sei un personaggio
pubblico, amato tantissimo. Copiato. Ammirato. Hai distrutto barriere. Sociali,
politiche, regionali, artistiche. Eppure tu non sai chi sono io e io non so chi
sei tu.
Venivi da noi spesso. Ci
baciavi, ci sorridevi con quel sorriso lì aperto, bellissimo. Chiudevi la porta
dell’ascensore dietro a te, e con infinita naturalezza entravi nel mio mondo.
Nel mondo della Franchina, nel mondo di Peppi, nel mondo delle bambine, del
cane pazzo. Entravi, e tutto era assolutamente normale, familiare.
Eppure non sai di me. Cioé,
non è vero. Sai che sono quella di mezzo, quella che é andata in America,
quella col figlio Down. Sai che mi vuoi bene. È sempre bastato, ma stasera ti
voglio raccontare. Perché sei uno zio sconosciuto, nel senso che non ci
conosciamo dentro. Eppure, mi hai sempre presentato al mondo come tua nipote.
Per cui, eccomi.
Non per buttarla giù dura,
ma parto dai ricordi.
Mi ricordo una sera a
Bordighera, che papà ti aveva detto che avevo una ciste sul polso e tu hai
cercato di schiacciarmela con cento lire. Ce l’ho ancora quella ciste, ma
transit.
Mi ricordo di te quando
sei venuto a Stadera con Cochi e Renato ed è la prima volta che ho capito che
voi quattro (papà compreso) eravate famosi, e mi sono un po’ vergognata.
Mi ricordo quando io, le
sorelle, la mamma, la Pupa e Paolo siamo andati a mangiare la pizza in via
Aselli e io e Paolo facevamo la gara a quale papà era più famoso, e il
cameriere ha detto che vi ha riconosciuti tutti e due.
Mi ricordo quando telefonavi
e dicevi, chi sei, come papà, e vi confondevo sempre.
Mi ricordo che una volta
ti ho telefonato perché avevo saputo che la mia amica si faceva le pere, e te
ne volevo parlare, e tu mi hai tenuto al telefono per un’ora, e io non capivo
cosa dicevi perché sfarfugli.
Mi ricordo quando ho fatto
ascoltare 'Ti te se no' a Dan, che è americano, e mi son messa a piangere perché
a me quella canzone lì mi tocca una roba dentro che non c’hai idea.
Mi ricordo che quandoè
morto papà tu hai pianto prima di me, in bagno del nonno Mario, e io ti ho
sentito e ho capito che era una roba gravissima.
Mi ricordo che il giorno
del funerale di papà mi hai insegnato a fare un uovo sbattuto, e è un ricordo
dolcissimo. Quel giorno lì in chiesa eri vicino a me e mi hai stretto la mano
da farmi male.
Mi ricordo che dopo che è
morto papà sei andato nel negozio del Giorgio Livi dei giovani e mi hai
comprato una giacca rossa che era sei taglie più grandi di me, ma che a me
teneva caldo come un abbraccio.
Mi ricordo quando ho iniziato
a fare il corso di chitarra all’Arci in via Amadeo e tu mi hai regalato la tua
prima chitarra, piccola, che neanche il maestro di chitarra è mai riuscito ad
accordare.
Mi ricordo quando ti ho
fatto vedere come facevo il do alla chitarra, con un dito in più, e tu mi hai detto che è come andare in
via Lomellina da via Sismondi passando per Piazzale Susa
Mi ricordo che ti sei
seduto sulla sedia preferita di papà, hai fumato una sigaretta, poi hai tirato
fuori dalla tua tasca un tubetto di dentifricio e te ne sei sparato in bocca un
bel toc.
Mi ricordo quando mi hai
pregato di non ascoltare Ramazzotti, che è un pirla.
Mi ricordo quando io, te e
le sorelle siamo rimasti a parlare fino alle tre di notte durante la serata
dedicata al ventesimo anniversario della morte di papà alla Salumeria della
Musica e io ho pensato, ecco, lui vede il mondo come papà. È matto uguale.
Mi ricordo quando ti ho
portato in studio il mio fidanzato americano che aveva il cagotto e tu me l’hai
curato.
Mi ricordo la tua casa in
via Mameli, anche tu con l’ascensore in casa e tutti gli strumenti lì, in sala,
e la cucina che aveva una tappezzeria con delle immagini della foresta
amazzonica o non so cosa.
Mi ricordo che ho fatto la
babysitter a Paolo e a mezzanotte mi ha chiesto di fargli un uovo sodo.
Insomma, i ricordi ci
sono.
Poi il presente, lontano
da te, come sono lontano da Milano. Impantanata in un mondo che è quasi simile
ma diversissimo, ad avere a che fare con tre figli, di cui uno con la sindrome
di Down, l’autismo e tutti gli annessi e connessi. Non so se rendo, ma credo di
si.
Eccomi, adesso ti spiego:
Malgrado tutto mi sono
laureata in Sociologia a giugno e mi son sentita fighissima.
Non c’è bisogno di
sottolineare, ma modestamente ho pressione alta e colesterolo alto. Segretamente
ne vado fiera.
Corro 7 chilometri al
giorno, per buttar giù la pancia delle tre gravidanze, ma anche le ansie e le
paure di star lontano da Milano, o meglio dalla via Sismondi e dai miei ricordi
balordi. Alcuni giorni funziona.
Fumo di nascosato, ma mai
più di tre sigarette che poi mi sento in colpa. Ho provato il dentrificio, ma
mi beccano sempre (se hai un’altra idea, ti prego di condividerla…).
Aspetto con ansia le
telefonate delle mie sorelle e chiamo tutte le mattine la Moretti, che poi si
preoccupa.
Ho una figlia uguale a Dan
(che mi toglie il fiato tanto quanto Dan) e una come una Viola, modello nonna
Cicchinina, che mi scioglie, e mi fa ridere e mi commuove.
Ho un figlio strano, ma
con un cuore grande come l’amore infinito, che mi insegna la pazienza e il
buonumore anche quando siamo nella merda. Dice cento parole, e sono essenziali.
Bastano.
Ho due cani. E un gatto.
Ho una casa nel centro di
Cambridge e una in campagna, dove vado con marito cani bambini ogni venerdì per
trovare pace.
Ho finito le mie sedute
dalla terapista e sto scrivendo un libro sulla mia esperienza di papà strano,
marito straniero, figlio balordo.
Mi manca Milano tanto
quanto mancherebbe a te, e a volte è un dolore fisico.
Ascolto tantissima musica,
che per me è la mia salvezza.
Soffro di depressione, e
spesso riesco a vincere la sua potenza, e sto bene. Altre volte mi aiutano le
medicine, ma comunque sia va bene così.
Sono Viola, come una Viola
senza cavalli, che poi sarebbe
incompleta ma forse è meglio così.
Malgrado tutto, Enzo, sono
felice: Dan, mio marito, è splendido: l’altra sera gli ho detto una roba e lui
mi ha risposto transit. Sono soddisfazioni, altro che balle. Ha imparato le tue
canzoni alla chitarra, e quando le suona io mi sento che in fondo non ci sono confini
geografici, solo muri nei nostri cervelli. E io e te siamo riusciti ad
abbattere il suo, di muro. Lui, americano, sano, vitamine, denti dritti.
Proprio come gli americani dei film, presente? Beh, lui suona El me indiriss
come la suoni tu (modestamente). Uno di Foggia, per dire, magari no. O di
Berlino, Praga, cazzo ne so.
Ci siamo sentiti a Natale
e tu mi hai detto di essere nonno e mi è venuta una vergognosa punta di
gelosia, ma anche di fierezza. Perché tu, come lo sarebbe il mio papà, tu sei
fiero della tua nipotina, e lei è una nipotina fortunatissima. Spero solo che
abbia un millesimo del tuo DNA per essere a posto.
Insomma, Enzo Jannacci, te
vori ben, e ti penso e grazie per essere lì, un punto fisso, bellissimo.
Stringi i denti e
combatti, ostia. Io sono con te, se può essere d’aiuto. Anche se no.
Con un affetto che non ho
parole per dirtelo,
Marina (quella di mezzo,
col moroso yankee col cagotto)
Marina, mi ha fatto venire una roba qui in mezzo allo sterno… sabato vengo a sentirti e ad abbracciarti!
RispondiElimina:-). Non vedo l'ora di abbracciarti.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaPeccato l'articolo sul Corriere della sera.....RIP
RispondiEliminaAntonella, quale articolo? Me lo mandi per favore?
RispondiEliminaVeramente un bel ricordo, grazie per averlo condiviso con noi!
RispondiEliminaCommovente anche il blog di Dario Fo sul Fatto Quotidiano
azz.... adesso l'uovo sodo ce l'ho io qui in mezzo alla gola (ed è anche ben strano che son vegana da 14 anni)
RispondiEliminaosti se mi manca ancamì milan... l'udur de la goma del metrò.. grazie marina, GIANNI
RispondiEliminaNon ti conosco Marina, né conoscevo Enzo, ma nella musica che tengo in auto ci sono brani come "Vengo anch'io, no tu no", "Quelli che...", "Ci vuole orecchio", "E la vita"... e credo che Enzo sia una delle menti più brillanti che l'Italia abbia mai avuto. Ed anche tuo papà non era certo da meno. Sono contento di essere italiano quando penso a persone come Beppe ed Enzo (e tanti altri).
RispondiElimina...tra cui Marina...
Elimina...proprio ieri sera ho visto un servizio del tuo papà, mandato in onda da un canale dedicato al tennis che si chiama Supertennis TV. Il tuo papà "narrava" di questo torneo milanese con Borg,Nastase,Panatta, ecc....e tracciava un disegno lucido, preciso e ironico della società milanese,lombarda,italiana. Leggendo te in questo scritto ho rivisto lui,Enzo,l'Italia.Grazie.
RispondiEliminaAlcune dichiarazioni d'amore racchiudono universi. Tu li hai restituiti al cielo.
RispondiEliminaGrazie di questa emozione.
Raffaella