Monday morning




Ieri sera è stata proprio una bella serata: mi sono incontrata in un bel locale con la
mia amica Heather, e per due ore abbiamo finalmente chiacchierato, sorseggiando
una buona birra locale.

Aperto l'ombrello, dopo un paio d'ore ci siamo lentamente incamminate verso la
mia macchina. Poi siamo state lì, davanti alla macchina, con la pioggia che scendeva
forte, a chiacchierare ancora un bel pò. Siamo anche riuscite a vedere dalla finestra
della casa accanto, la moglie del neurochirurgo che tirava giù le mutande per far
pipì. Ciliegina sulla torta per l'ultima risata insieme prima di tornare a casa.

Prince street, la via piccolina dove vivo da tre anni e mezzo non ha neanche un
posticino per la mia macchina, troppo grande per qualsiasi parcheggio. Continuo,
giro a destra imboccando Pleasant street. Parcheggio: stretto ma va che ci sto. Dopo
un paio di manovre, sono perfetta. Tre centimentri davanti, uno e mezzo dietro.
Prima di spegnere l'IPod, mi faccio una sigaretta. L'ultima stasera, giuro. Apro
l'ombrello, la macchina fa beep, mi accendo la sigaretta e m'incammino verso casa.
Felice. Bello avere amici interessanti, con cui parlare davvero, ma anche con cui
sparare cazzate. In sintonia.

Apro la porta e i cani sono lì che mi aspettano, ma per il resto c'è silenzio. Dan ha
lasciato la lucina a forma di luca accesa per me. Mi prendo una birra dal frigo, apro
il computer e controllo i miei ultimi messaggi. Niente di interessante. Vado di sopra,
mi fermo in bagno per pipì e denti, faccio un piano ancora e sono in camera mia.
Dan dorme sotto il piumone blu. Io stasera devo scegliere un libro da leggere, visto
che ieri sera ho finito quello di Nick Flinn. Bellissimo. Ora però tocca un libro in
italiano. Faccio a turno: uno in inglese, uno in italiano. Provo de Carlo, comprato
alla Feltrinelli con Renata a Milano un mesetto fa. Non mi piace il primo paragrafo.
Cambio. Odio iniziare un libro. Provo Acciaio, quello che la mamma dice bellissimo.
Leggo sei pagine, spengo la luce. Dormo.

Mi sveglio all'improvviso. Sento Luca arrabbiato con il suo IPod, che è
scarico. 'Batteries, IPod, Charge it!', urla nel silenzio delle tre e venti del mattino.
Vado giù in camera sua e lo trovo in piedi nel mezzo della sua stanza rossa e verde
in mutande e maglietta. Lo rimetto nel suo letto, lo bacio, gli dico di dormire. Lui mi
prende la testa e me la tira verso di se, per darmi un bacio. Si gira dall'altra parte.
Forse l'ho convinto davvero, mi dico.

Torno su, ma non riesco più a dormire. Penso a cose che sembrano assolutamente
innocue durante il giorno, ma che adesso sembrano enormi, irrisolvibili. Mi giro e mi
rigiro. Dan si volta verso di me e mi bacia. 'Sleep my love', mi dice, e io, dopo un pó
obbedisco.

Chiudo gli occhi e li riapro subito, e invece sono già quasi le otto. Dan ha già fatto la
doccia a Luca, lo ha aiutato a vestirsi, gli ha fatto la colazione, si è fatto la doccia. Il
pulmino è già passato per portarlo a scuola. La signora che guida suona il clacson,

Oscar, il nostro cane più anziano, aspetta che la porta di casa si apra, e poi esce per
annusare la siepe, mentre la signora che aiuta Luca a salire sul pulman, Mary, è già
pronta per prendere lo zainetto e la mano di Luca, offrirgli un caldo good morning, e
allacciargli la cintura di sicurezza. Oscar rientra. Emma ha già mangiato la sua fetta
di Pandoro e sta chiedendo di vedere i cartoni. Sofia ha schiacciato il pulsante play
del suo stereo e si sta vestendo, cercando la camicietta giusta per i pantaloni scelti.

Sono quasi le otto e io ho dormito. Mi giro sul lato e invece di Dan trovo il mio cane,
con testa sul cuscino. Mi rigiro. Emma mi chiamadalle scale, vuole vestirsi. 'Arrivo',
dico con la bocca ancora impastata di sonno. Lentamente mi alzo, e litigo
immediatamente con Emma che non vuole fare il bagnetto, ma che sono tre giorni
che non si lava il culo. Riesco a calmarala e buttarla in acqua. Adesso, la stronza,
ride. 'I love the bath', dice, dimenticandosi dei capricci di qualche minuto prima.
L'asciugo e la porto in camera sua, sperando che le trattative per cosa mettersi oggi
non siano troppo stancanti. No, oggi mi sembra in buona.

Mentre le infilo la canottiera, squilla il telefono. Credo che sia Richard, è la sua
ora, ma invece è mia madre. Strano, penso, la chiamo sempre io. 'Sei in ritardo
stamattina', mi dice. In effetti lo sono: di solito ci sentiamo verso le mie sette e
mezza. La sento strana. Cosa c'è, le chiedo subito. Mi racconta, parlando a mille
all'ora, di aver trovato una specie di cisti sul collo ieri mattina, che le fa un male
della madonna, che sta prendendo un sacco di medicine. È già andata dal suo
dottore che, allarmato, le ha detto di fare un'ecografia il più presto possibile. Mi
siedo sul letto. Emma scappa a giocare. La mamma è stata operata al cervello
esattamente trentadue giorni prima. Adesso, le dico, basta, hai già dato. Ride, ma
capisco che è nervosa. Figurati, non sarà niente le dico sapendo di non rassicurarla.
La lascio parlare, sempre a mille all'ora, fino a quando riesco a cambiare discorso. Ci
salutiamo. Metto giù. Cazzo.

Emma sta vestendo la Barbie con un vestito luccicante. Cerco nelle tasche del
pigiama un sorriso, me lo appiccico in faccia e continuo a vestirla. Lei non si accorge
di niente. Di fretta mi metto i miei pantaloni sporchi di ieri, un golf sulla canottiera
del pigiama e, senza neanche il reggiseno, scendiamo. Cappotto, cappellino e via.
La macchina, dico a Emma, è in Pleasant Street. Dobbiamo camminare un pó.
Pioviggina. Arriviamo alla fine della nostra strada, giriamo a destra sulla Pleasant.
Non c'è neanche una macchina. Lavaggio strada. 'Dov'è la macchina, mamma?' mi
chiede Emma bagnata. 'L'ha presa la polizia, perchè ho parcheggiato proprio quando
dovevano pulire la strada'. Non ci credo.

Emma dice 'Cool', parola che ha imparato da Sofia. Aggiunge, 'non vedo l'ora di
arrivare a scuola e dire ai miei amici che la polizia ci ha preso la macchina'. Great,
penso. Fucking Monday morning.

Arriviamo a scuola. lei, eccitata, corre dai suoi amici 'Guess what?', dice. Io mi sbrigo
a spiegare della macchina. La maestra dice che anche a lei è successa la stessa cosa,

la settimana scorsa. Le ricordo che oggi è il giorno che Emma ha l'appuntamento dal
dottore, e che la verrò a prendere prima.

Esco dalla scuola. Piove. Il cielo è scuro. non poteva essere altrimenti. Invece della
macchina, sono ovviamente peoccupata per la mamma, così prendo il cellulare
dalla tasca e chiamo immediatamente Renata. È in teatro, ma esce per parlare.
Anche lei non sa coa dire. Sa esattamente quello che so io. Mi dice che l'ecografia è
domani mattina, che dobbiamo solo aspettare e cercare di tenere la mamma calma.
Facile per me, a Cambridge, senza macchina. Poi chiamo Dan, gli racconto. Trova
subito dove hanno portato la macchina, e consiglia di rpendere un taxi e andare a
prenderla subito.

Sono quasi a casa, e sono solo le nove e dieci. Con le chiavi apro la porta, mi fiondo in
cucina e finalmente mi faccio un caffé. Faccio una ricerca su Google e scopro tutte le
cose più tremende di cisti, collo e dolore. Chiudo, chiamo un taxi.

Arriva quasi subito. Bianco, non so perché ma qui a Cambridge sono bianchi. Salgo,
subito aggredita dall'odore acre dell'arbre magique e dalla musica natalizia della
radio. Dico al guidatore della macchina, lui non ha neanche bisogno dell'indirizzo.
Canticchiando un silent night, holy night parte. fa la strada più lunga possibile. Ma
è la prima volta in tutta la mattina che mi siedo tranquilla, e decido di lasciarlo fare.
Mi frega e io sto zitta. Silent night holy night finisce e una voce del dj mi fa capire che
stiamo ascoltando una specie di radio vaticana.

Penso: lui è qui che mi frega, e il dj ci ricorda di essere tutti fratelli soprattutto sotto
natale.

Sorrido. Questa volta per davvero.

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