First World problems





Ecco il pezzo che ho appena scritto per la smemoranda. Ovvero: quando è troppo è troppo.



Presente quando vostra madre vi diceva, davanti ai sei fusilli freddi rimasti nel piatto, che con tutti i bambini che muoiono di fame come ci permettiamo a sprecare il cibo? Ecco, pensavo l’altro giorno, mentre mi lamentavo con un amico dello sporco sul parquet della sala che lasciano i quattro muratori che mi stanno facendo il terzo bagno e due camere da letto in più in una delle mie due case, quella su tre piani nel centro di Cambridge, che ci saranno anche problemi ben gravi al mondo, tipo i bambini con la pancia gonfia che muoiono di fame (quelli che farebbero di tutto per finire i tuoi fusilli, dico), o la mancanza di antibiotici in molti villaggi o lo sfruttamento del lavoro minorile (quelli che fanno i nostri iPhone, per esempio), ma un parquet sporco fa proprio tristezza. Insomma, che il Terzo Mondo avrà anche i suoi problemi, non nego, ma anche per noi (soprattutto qui in the US of A) non è che sia sempre all’acqua di rose... .

Dicevo poi al mio amico che a parte la mamma (che sicuramente ha fatto catechismo e adesso ci butta addosso tutti i sensi di colpa cattolici) che ci fa sentire leggermente responsabili di chissà poi cosa per non finire tutto quello che metteva nel piatto, poche volte ci soffermiamo su questi problemi del terzo Mondo, in buona parte perché noi abbiamo avuto il culo pazzesco di non essere nati lì, ma di essere parte del First World, il Primo Mondo, quello che ci ha permesso di prendere le lezioni private di pianoforte, di tennis, che ci ha permesso, quasi imposto, di andare in vacanza per un mese a Bali. Il nostro mondo, insomma.

E sono proprio i problemi del Primo Mondo che ci intralciano di più, nel nostro quotidiano, non certo il fatto che le donne vengano schiavizzate in qualche angolo del globo. Per esempio: è vero che un milione emmezzo di bambini muore di fame ogni anno, ma presente quando metti in lavatrice il tuo golf preferito e viene fuori di due taglie meno? Quelli si, che sono problemi.
Oppure: è vero che in molti paesi del mondo si pratica ancora la mutilazione genitale femminile, ma presente che nervi quando devi riscrivere la password tipo, tre volte in un’ora? O quando le scale mobili sono rotte e te la devi fare a piedi? O, peggio ancora, quando sei lì che racconti delle tue vacanze in Messico (“poveri, ma carinissimi”) e tutti ti mandano messaggini? E quando trovi parcheggio a due isolati dal portone, di sera, dopo una bella cena che sei troppo pieno per camminare?

Ci sarà anche sfruttamento di lavoro minorile, ma questi bimbi che lavorano per un dollaro alla settimana hanno mai provato la  frustrazione che proviamo noi quando il cavo per ricaricare il telefonino (sicuramente fatto da loro) è troppo corto e non arriva al divano? Voglio dire, noi cerchiamo anche di essere comprensivi, ma a tutto c’è un limite, perdìo.
E ci sarà anche siccità, scarsità di cibo e scarsità di risorse in generale, ma poi, nel quotidiano, conta molto di più il fatto che ogni volta che vado in metropolitana, cazzo, devo aspettare tipo un quarto d’ora prima di riuscire a postare su facebook la foto dei due che slinguano. Sembra una cagata, ma credetemi, fa venire dei nervi...

Per dire che ogni mondo ha i propri problemi, e che la vita non è facile per nessuno. Il mio amico poi mi ha dato ragione al cento per cento, per cui non è che sia solo io a pensarla così.
Altro che fusilli!

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