Sesso e otto marzo
L’Otto marzo ormai è diventata una festa come san Valentino:
automaticamente gli uomini ti comprano la mimosa, strapagandola, e finisce lì.
Peccato. Perché a voler vedere ce ne sarebbero di fatti da
studiare, discussioni da intavolare, insegnamenti da dare, o da ricevere. Io
spesso approffitto per l’arrivo dell’Otto marzo per andarmi a rivedere come
sono migliorati o peggiorati alcuni aspetti della condizione delle donne nel
mondo. Quest’anno ho scoperto dal sito www.dosomething.org, per esempio, che
ogni 90 secondi, una donna muore durante la gravidanza o il parto: molte di
queste morti sono prevenibili, o che il 50% della popolazione mondiale è donna,
ma solo il 20% delle persone nei parlamenti mondiali lo sono, o che il 70%
della popolazione mondiale che vive con meno di un dollaro al giorno è donna. Le
donne guadagnano il 31% in meno degli uomini, e non esiste Paese al mondo in
cui gli stipendi delle donne sono uguali a quegli degli uomini.
Certo, penso per consolarmi, di progressi ce ne sono stati
eccome: il diritto al voto, la legge sul divorzio (visto che la violenza
domestica sulle donne era ancora più frequente di adesso), sull’aborto, (anche
per tutelare le ragazze e le donne violentate), il diritto al periodo di maternità:
tante conquiste raggiunte nella lontana speranza, un giorno, che le nostre
figlie o le nostre nipoti possano essere valutate per quello che sono e non per
il loro organo sessuale.
Eppure non possiamo sempre usare questi esempi per
rassicurarci che le cose vanno meglio: in Italia, per esempio, per vent’anni
abbiamo avuto un presidente del Consiglio che trattava le donne (alcune
addirittura minorenni) come dei pezzi di carne con le tette, e la televisione
propone ogni sera veline e donne mezze nude o solo belle in quasi tutte le trasmissioni.
Anche la pubblicità, anche le riviste, che sono ancora divise in categorie, una
delle quali è ‘riviste femminili’, dove viene spiegato come si fa a perdere
cinque chili in tre settimane o come far raggiungere orgasmi vari in varie posizioni, o come vestirsi sexy per ogni occasione, sono repsonsabili del degrado a
cui stiamo assistendo muti.
Poi arriva l’otto marzo e puntualmente ci si ricorda della
condizione femminile, con noi ci stupiamo di leggere, come nell’ articolo sul
Fatto Quotidiano di oggi, di come il sesso sia visto tra
le adolescenti. La giornalista ci spiega che le ragazzine di 14 anni (l’età di
mia figlia, per dire), se non vengono ‘sfondate’, ‘stappate’, ‘aperte’ (termini
loro) entro la fine del primo anno di superiori sono considerate delle sfigate,
e che alcool, droga, sesso orale nei bagni di una discoteca, e trombate con il
primo che capita per poter giubilare con le compagne il lunedì mattina, siano per loro realtà assolutamente normali. I vent’anni di Berlusconi si fanno sentire non
solo nella crisi economica, ma anche nella profonda crisi culturale e sociale, con la generazione di mia figlia anni, in cui vince su tutto la superficialità e l’importanza di come si è percepiti e
considerati nel gruppo.
Da donna che è stata ragazza, anche io a 14 anni non
vedevo l’ora di fare l’amore, perché il sesso è un bisogno biologico anche a
quell’età, e anche per le ragazze, ma diventa ancora più intrigante
per il fatto che venga considerato da noi cattolici come atto trasgressivo. Mi attraeva
come una calamita, ma nel suo essere misterioso trapelava anche un senso di
rispetto e di pudore per me stessa e per i miei compagni che in qualche modo dava un certo freno agli ormoni.
Sembro vecchia, lo so, e forse dovrei pensare invece che
l’inibizione sessuale di questa generazione sia segno di emancipazione. Ne sarei
convinta se l’obbiettivo di avere esperienze sessuali fosse diverso da quello
delle liceali di adesso: farlo per non sembrare sfigate mi fa molta impressione,
e mi fa strano anche il fatto che lo si faccia senza pensare che sia prima di tutto una ricerca del piacere, perché è come mangiare un piatto prelibato senza pensare a quanto sia
buono. Invece il sesso si è trasformato in un modo come un altro per ottenere l’approvazione
sociale dei compagni. Le ragazze intervistate dalla giornalista dicono di non
provare assolutamente niente, se non che “la prima volta fa stra-male”, e
neanche i ragazzi, che pare siano le vittime nell’articolo, ma che non mi
sembra che dicano tanti no (mi piacerebbe sentire cosa pensano loro, del sesso), non hanno la più pallida idea di cosa fare.
Non
parlo neanche di amore: il sesso senza amore, grazie a Dio esiste, e ci
mancherebbe altro. Vi immaginate fare l’amore solo se si è innamorati? Il sesso
di per sé esiste come concetto perché nell’idea del'amplesso c’è anche la ricerca
del piacere fisico, e non solo della profondità dell’amore. Ma se non c’è
questa ricerca, allora che senso ha?
Guardiamoci negli occhi, amiche e amici, almeno l’otto
marzo, e ammettiamo che è vero: le nostre mamme (la mia almeno), andavano anche
alle manifestazioni femministe gridando ‘l’utero è mio e me lo gestisco io’,
sperando di mettere almeno le basi per ottenere una condizione femminile equa;
ed è vero: il governo di Renzi avrà anche il 50% di donne; ma a me sembra che la condizione della donna nel mondo economico-sociale non sia solo numeri e percentuali
trovati su Google, o una lista di fatti che accadono (ci illudiamo) solo lontano da noi. Il concetto di inferiorità femminile
è ormai accettato come norma in tutte le società, quelle ‘sviluppate’
e quelle no. Ecco come il mondo vede me e le mie due figlie: cittadine di
seconda classe.
Per cui, cerchiamo magari di comprare meno mimose e parlare con i nostri figli, maschi e femmine, di autostima e
di sesso come ricerca del piacere o di amore e non come una gara, che magari
riusciamo a creare una generazione migliore della nostra, e non peggiore.
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