Vinavil, lamponi e Vasco Rossi
“Vuole una definizione sulla depressione? Quando si ha la depressione
sembra che tutto esista solo per romperti i coglioni". (Vasco Rossi)
L’ho letta l’altro giorno su Repubblica, dove tra
l’altro ho anche scoperto che: a) sta per diventare nonno; b) non gli piacciono
i Beatles; c) si crede più figo di tutti e d) è un padre di merda.
Dal suo viso si capisce da sempre che è una persona
che, come me, soffre di depressione. Forse sono gli occhi che lo fregano, un po’
pisciolenti, un po’ sfuggenti, o forse i suoi movimenti, che sembra sempre che
si sforzi. Forse. Sicuramente lo fregano le tante delle parole delle sue
canzoni, tipo Vivere, in cui ne descrive perfettamente tutti i sintomi.
Ma a me non girano i coglioni quando sono depressa,
perché faccio troppa fatica a farmeli girare: mi sento invece come in un enorme
contenitore di Vinavil, incapace di muovermi in modo fluido. Ogni gesto è
impegnativo, ogni parola uno sforzo pazzesco, a sorridere si sentono i muscoli
del viso che se la prendono a essere stati interpellati dal cervello, anche lui
nella nebbia. Mi sembra che tutto attorno sia ricoperto di uno strato di
polvere e sia come opaco, come sfuocato. Irranggiungibile, mi dico lasciando
perdere.
È un po’ di giorni che sono depressa, malgrado la
pastiglia che religiosamente prendo prima del caffé, tutte le mattine. Come
ogni volta, prima di arrendermi ed accettarla, la rinnego: penso che mi stiano
per venire le mestruazioni, ma controllo la mia app sull’iPhone (che consiglio
a tutte le mie amiche), e dice che mancano dodici giorni; poi metto in dubbio
l’amore di Dan per me; poi mi dico che sono stanca; poi che ho una vita
difficile.
Poi passo alla lista delle cose positive, come per
convincermi che non ci sono ragioni per essere accucciata in un vaso di vinavil:
il primo libro è andato bene; il secondo sta venendo ancora meglio, ho pure un
agente letterario che un po’ quasi mi imbarazza a dirlo; tutti a farmi i complimenti
su come scrivo bene, che bello, mi hai fatto commuovere, come la conti su bene.
A casa i ragazzi benone: Luca sta davvero facendo passi da gigante e ieri sera
mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “mommy please, go away”, che lo so
che mi cacciava, ma in modo molto più sofisticato di prima. Sofia è l’unica
adolescente che conosco ad essere felice: brava a scuola, spiritosa, magari un po’
introversa ma sempre disponibile. Emma è sempre entusiasta per tutto, si
diverte sempre. Dan mi porta i fiori e mi versa il vino.
Ma non mi serve neanche questa lista per sentirmi
meglio. Il fatto è che la depressione è un disturbo chimico dentro di me, che
non ha nulla a che fare con quello che ho intorno. E non c’è assolutamente
nulla che io possa fare per stare meglio. Non ho risposta alla domanda: ma
cos’hai?, perché non ho la febbre, non ho il mal di gola, eppure voglio stare a
letto.
Ho solo voglia di stare da sola, di dormire, di non
sentire o vedere nessuno. Mi vengono anche delle voglie strane. Per esempio
stamattina sono salita in macchina e ho pensato, adesso io vado. Via, dico. Spengo il
cellulare, il computer, faccio il pieno e vado. Guido per sei giorni, poi mi
rannicchio da qualche parte, dormo. Senza dover dare spiegazioni, senza che
nessuno mi cerchi.
Poi invece non sono andata da nessuna parte, se non
nel mio studio, come sempre. Al semaforo rosso ho osservato uno che
attraversava e ho pensato, guarda quello stronzo che sta bene. Anch’io vorrei
essere come lui, e cioé uno che si alza, fa colazione, bacia i bimbi, il
compagno, esce e inizia la sua giornata senza troppe balle. Anzi, è una bella
giornata e va anche a piedi. L’ho odiato, il tipo, l’ho invidiato. Poi ho
pensato che magari anche lui stava male come me, e un po’ mi sono risollevata.
Mi viene anche in mente il fatto che il primo
istinto quando arriva quest’onda di depressione è la voglia di uscirne, anche
se non ne ho la forza. Dovrei imparare invece a accoglierla, magari prenderla alle
spalle, di sorpresa, farmela amica, offrirle un caffé. Perché in questo mondo
bisogna imparare ad apprezzare anche i momenti meno urrà senza sentirsi
sconfitti. Viviamo un po’ tutti con la paura della tristezza, dello star male e sembra che l'obiettivo sia evitare ogni momento di sconforto.
Bisogna sempre sentirsi bene, essere in forma. E quando non è così ci si sente
pure in colpa, che magari gli altri attorno a te vengono contagiati
da un tuo starnuto e poi siamo tutti tristi e che due maroni.
Prima di arrivare in studio mi sono fermata a
comprarmi due scatole di lamponi e una tavoletta di ciocclato fondente al
caffé, che ho intenzione di condividere con la mia amica depressione, che, come
un cane fedele al padrone, mi ha seguito fino qui. Poi scriviamo un po’
insieme, e poi vediamo cosa fare il pomeriggio.
Mi ha guardato negli occhi e mi fa: andiamo giù a
fumare? E io: si, ma prima due lamponi che hanno tanta vitamina C.
Conosco queste sensazioni molto bene, e questo fatto terribile che tutto attorno magari non c'è nulla che realmente non va bene, ma io non ce la fò...voglio solo non alzarmi dal letto (o dal divano), finché non passa!!
RispondiEliminaE che palle che però, per farsela passare, bisogna alzarsi ogni mattina..preferirei ingurgitare quintali di quegli sciroppi schifosi che si prendevano da bambini da una siringa!! Ma alzarmi proprio no!! Perché mi volete così male??