Luca e brother Stevie Wonder
Diciott'anni sono pochi per promettersi il futuro, diceva Venditti.
Oggi Luca compie diciotto anni, e con lui una vita, la mia,
inaspettata, piena di emozioni fortissime, che riempiono tutta la gamma dalla
gioia assoluta alla disperazione più scura.
Quando iniziai la mia campagna per avere un figlio, Dan non
era molto convinto, ma poi invece, siccome nel fare un figlio c’è anche da
divertirsi, anche lui, diciamo così, partecipò con entusiasmo al ‘progetto’.
Eppure, malgrado i diversi tentativi, non riuscivo a rimanere incinta: mesi e
mesi ad aspettare che quella maledetta lineetta del test di gravidanza si
duplicasse. E tra tutte le cellule che avrebbero dovuto cominciare a
moltiplicarsi altrettanto velocemente, il mio corpo scelse quella che sarebbe
poi diventata Luca. Ogni tanto penso alla casualità di come siamo fatti tutti:
come fa il corpo femminile a scegliere quale tra tutti gli spermatozoi, accogliere
e trasformare proprio quello lì in essere umano? Il mio, di corpo, ne ha scelto
uno tutto speciale, pieno di sorprese.
Quando finalmente le lineette diventarono due, nel bagno
freddissimo della nostra casetta nel bel
mezzo della campagna del New England, credo di essere stata la persona
più felice dell’universo intero. Poi la gravidanza, lunga abbastanza da farsi
un sacco di film su come sarà questa persona metà me e metà Dan. Bilingue,
sicuramente. Bello, anche, e magari spiritoso. Certamente dolce, perché io e
Dan siamo tutti e due persone dolci. Un po’ viziato.
Poi la prima contrazione, io in macchina che mi contorcevo
di dolore e Dan che guidava veloce. E poi in ospedale, dove invece le
contrazioni finirono per un po’, dove Dan mangiò un panino con il pollo
avariato, e dove nel momento esatto in cui io cominciai a spingere Luca fuori
dal suo mondo e dentro il nostro, Dan venne ricoverato per avvelenamento da
cibo. E poi lui, Luca, che venne fuori lentamente, che ci impiegò
un po’ a capire che quando si esce da lì poi si deve piangere.
Finalmente ce lo
portammo a casa. Mi ricordo di aver chiesto al mio amico Gianni Mura quali
canzoni fossero appropriate da cantare a un neonato: lui è sempre stato il
nostro consulente di musica italiana. Disse Buonanotte Fiorellino (ovviamente),
e Dan se la imparò. Seguirono quattro mesi bellissimi: il mio seno era pieno di
latte, il mio bambino ero di una bellezza commovente, bravissimo, calmo,
tranquillo. Non ci guardava, ma cosa c’entra?
Poi invece cominciò a c’entrare,
e questo dettaglio divenne per lunghi anni quello che definiva Luca: un
disabile. Grave. Il suo primo compleanno, una settimana dopo la diagnosi di
sindrome di Down, fu uno strazio. Io e Dan lentamente imparammo a definire Luca come bambino e
basta. Luca is Luca, diceva sempre Dan, come per dire che lui è così proprio come Dan is Dan, Marina is Marina: come eravamo prestabiliti di essere dall’inizio della
divisione. Come dire che, come la sua dolcezza, la sua bellezza, anche il suo
essere disabile faceva parte del pacchetto 'Luca'. A poco a poco, quindi, Luca
divenne semplicemente Luca.
Io e Dan abbiamo dovuto imparare un nuovo linguaggio, detto
senza parole; un nuovo modo di stare al mondo; un nuovo modo di affrontare il
quotidiano. Abbiamo preso diecimila decisioni, ma la più importante e quella che
ci ha salvato è stata di non cercare di ‘curare’ Luca, ma di accoglierlo in tutto
il suo essere come è: siamo così riusciti ad accettarlo e ad amarlo senza
confronti, senza dire perché noi, senza sperare che un giorno sarebbe stato
tutto diverso. Senza limiti.
Luca ci ha insegnato tantissimo, la sua presenza, spesso
problematica e quasi sempre limitante, ha distrutto barriere, ci ha fatto
vedere come fare quando le cose non vanno come ci si immaginava eppure stare
bene. Luca, nella sua lentezza, nei suoi immensi ritardi di sviluppo, nelle sue
ossessioni, nei suoi abbracci troppo stretti, ci ha arricchito tremendamente.
Malgrado la frase iniziale di Venditti (che per la cronaca, non ascolto), ieri sera siamo andati a vedere il concerto di Stevie
Wonder, uno dei cantanti preferiti di Luca. Di lui, in verità, ama soltanto una canzone,
Love’s in need of love today. Nella canzone, Brother Stevie spiega ai suoi
amici che l’odio sta ormai prendendo possesso di noi e che l’amore ha bisogno
di essere amato. Love is in need of love, Love is in need of love. Today. Lo
ripete all’infinito, muovendo la sua testa come solo lui sa fare.
Ieri sera ha iniziato il concerto proprio con quella
canzone, e io mi sono sentita scaraventata contro il muro dietro di me: una
persona disabile che canta a un’altra persona disabile che l’amore ha bisogno
di amore, come dire Luca is Luca, come dire: basta vederci diversi, basta far
prevalere l’odio, l’idiozia, la segregazione tra esseri umani. Basta. Amiamoci
per come siamo, anche se siamo ‘diversi’. Luca is Luca, Brother Stevie is
Brother Stevie.
Non credo di aver pianto così tanto a un concerto in vita
mia. Singhiozzi, camicietta bagnata, non so come dire. Stevie, pensavo battendo
le mani al ritmo della canzone, era venuto lì a cantare, per me. A celebrare anche lui la bellezza di Luca, che oggi ha
diciotto anni e che anche se è diventato un adulto è e sarà sempre un bambino,
pieno d’amore.
Il mio amore.
Amore per Luca e per lei e Dan, Marina! E buona vita
RispondiEliminaUn Mondo di auguri di tutto cuore per un Felice e Buon compleanno al mio gemellino Luca (anche se lui ha qualche annetto meno di me!)! ^_^
RispondiEliminaAuguri a Luca. E un pacco di Kleenex a Marina (uno lascialo a me, però.)
RispondiEliminaAuguri Luca! un abbraccio strettissimo, ma proprio bello stretto :)
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