Lettera d'addio a Babbo Natale
Carissimo Babbo Natale,
l’altro giorno Emma, che ha otto anni, mi ha chiesto:
“mamma, vero che tu non mi dici bugie?” Io dicendo una bugia, le ho risposto: “Certo
che no! Che madre sarei se dicessi bugie ai miei figli?”
Ho capito
immediatamente dove voleva arrivare, e cioè a te. Infatti ha continuato:
“quindi dimmi: com’è questa storia di Babbo Natale? Esiste o no?”. Io non so
mai cosa rispondere, perché credere in te è un atto di fiducia pura, è un
chiaro segno che si è nel periodo più bello della vita e cioè quello dell'infanzia con
tutte le sue magie. E l’infanzia la si comincia a rimpiangere appena non c’è
più. Non credere più in te vuol dire cominciare a non credere più a un sacco di
cose, vuol dire guardare il mondo senza quelle lenti smerigliate affascinanti
che abbiamo tutti avuto.
Quando ero piccola c’era molta competizione, nella mia
famiglia, tra te, Gesù Bambino il ‘Babbo Natale della Rai’, l’unico a proporre
un inventario di regali possibili su un lungo ciclostile. Mio padre, mi
ricordo, ci leggeva la lista e sottolineava quello che gli dicevamo di
chiedere. Organizzato, direi, quel tuo collega.
Gesù Bambino era, per un certo verso, il più credibile, per via
del presepe che regnava in sala, e poi perché era il suo compleanno. Oddìo, era
anche più difficile da spiegare, questa faccenda del tuo collega cristiano. Come
giustamente chiese mia sorella Serena: “Ma come, Gesù nasce e proprio quella
sera lì fa il giro di tutto il mondo a portar regali? Ma chi è, Dio?”
Ma qui negli Stati Uniti, dove si cerca di non metterci lo
zampino divino, il Natale ce l’hai in pugno tu: chiaramente pagano, chiaramente
magico senza star lì a preoccuparci se son miracoli o no.
Sei stato per anni un’ottima scusa per farmi ubbidire dai miei
figli. Io cominciavo ad agosto a dire: “fai quello che vuoi, sappi però che
Babbo Natale non se ne perde una”. Sì, ti abbiamo un po’ spacciato per uno dei
servizi segreti, ma abbi pazienza, con tre figli uno fa quello che può. E
comunque ogni anno, immancabilmente, i biscotti con il latte non te li ha tolti
nessuno, per cui hai poco da lamentarti.
Ti scrivo, caro Babbo Natale, per dirti addio: mio marito
qualche anno fa, come regalo di compleanno per me, si è fatto la vasectomia e
non avrò più figli a cui raccontare della notte della vigilia, quando un tipo
grassoccio (non offenderti, eddài!) e un po’ ciurlanda (a proposito, una
domanda: ma cos’hai sempre da ridere?) si infila nel camino (che non abbiamo) e
porta regali a tutti i bimbi. Da questa vigilia i regali li portiamo noi.
Volevo ringraziarti per aver portato nella nostra casa non
solo regali, ma anche magia e stupore per anni, per aver fatto star svegli i
miei figli ad aspettare di sentire il rumore degli zoccoli delle tue renne sul tetto, per
averli fatti sognare, per aver fatto credere che le loro letterine arrivassero
davvero a te e che tu davvero le leggessi e esaudissi ogni desiderio. E portavi
a casa i regali già belli e impacchettati.
Mi mancherai, Babbo Natale. Buon lavoro.
Tua,
Marina
io ho molto nostalgia di Babbo Natale, a casa mia era un momento di unione, che normalmente non c'era, il mio Papà lavorava sempre...con i miei figli fino alle elementari era un momento magico quello di aspettare il "vecchietto" che arrivava (guarda caso) nel momento stesso in cui si addormentavano stanchi di aspettare..purtroppo hanno scoperto troppo presto della non esistenza del mitico babbo Natale ,complici i loro compagni di scuola...
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