L'ipocondria è una brutta roba
L’ho già rimandato due volte e ormai non ho più scuse:
domani mattina esattamente alle undici e dieci ho l’incontro più traumatizzante
dell’anno, e coié quello con la mia dottoressa.
Chi legge il mio blog e chi ha letto i miei libri sa già
tanto di me, ma forse non sa la cosa che davvero mi fa più tremare: i medici.
Sono infatti la persona più ipocondriaca del mondo. E non aiuta vivere negli
Stati Uniti dove se bevi più di tre bicchieri di vino muori per certo di
cirrosi epatica, e se hai un neo un po’ grosso ti consigliano di fare il
testamento che nella vita non si sa mai.
È una questione, la mia, di categoria. L’idea che uno che ha
studiato molto più di me mi tocchi le tette e mi dica: “e l’ultima mammografia
quando l’ha fatta? Dovremmo prendere appuntamento presto!” ecco, uno così per
me dovrebbe non incontrarmi mai, perché anche se lo dice sempre e a tutte,
senza nessun altro doppio senso, io perdo più anni di uno che si fa l’ennesima
pera.
In parte è un fatto culturale. A differenza dell’Italia, qui
i medici sono molto più allarmisti. Devo ammettere inoltre che il mio medico è
sempre stato il dottor Jannacci, che anche se avevi una gamba in più diceva: “niente
di cui preoccuparsi, si fa così e cosà” e le cose si risolvevano comunque, quasi
per magia. A parte la volta che sono stata operata di appendicite, quando mi
era venuto a trovare in ospedale che io mi stavo svegliando dall’anestesia.
Aveva chiesto a mio padre chi mi avesse operato e saputa la risposta aveva
risposto: “No! Quello è un macellaio!”. Ma credo che lo avesse detto per
affetto, davvero.
La dottoressa Canty, invece, no sa niente di me. Non ha la
più pallida idea di chi io sia e da che famiglia io provenga. Non sa che la
famigerata sera prima del nostro incontro, mentre lei se ne sta tranquilla a casa sua,
con quel sant’uomo del marito (se è eterosessuale o se è sposata, non so), la sua paziente ipocondriaca pulisce la merda del suo
diciottenne dal materasso. Cosa, tra l’altro, non facile: il materasso, non so
se lo sapete, raccoglie i pezzettini di merda senza pregiudizi. Esattamente
come Luca, che felice canta, pieno di merda, sotto la doccia.
Funziona sempre così: arrivo agitata ed esausta e
l’infermiera fa due cose sbagliate: mi misura la pressione, alta dalla sera prima, e
dice: “hmmm altina...” e mi chiede se fumo, che in America è come chiedere: “A chi li fa prositituire i suoi figli?” Io per settimane mi praparo la palla, mi
preparo il “no” sicuro da dare, ma
poi arrivo lì e dico: “....beh, sì, ma poco...” cosa che mi fa ulteriormente alzare
la pressione. Io non le so raccontare le palle, e infatti è il motivo per cui
non potrò mai avere un amante, che se Dan mi dovesse chiedere: “Ma tu mi hai
mai tradito?” io non potrei dire la palla. Sono, da quel punto di vista, la
compagna più fedele al mondo.
Poi l’infermiera mi chiede di spogliarmi e di
mettermi il camice, lo stesso che si che si mettono quelli che hanno sei mesi di vita. Cosa che faccio, con
un magone pazzesco, e con la solita rabbia di chi non sa negare quattro
sigarette al giorno.
Inizia l'attesa snervante. A volte dieci, quindici, venti minuti, aspetto la
stronza, che prima o poi arriva, con quel suo modo di fare sano come un pesce. Mi saluta e
poi guarda gli appunti dell’infermiera. Senza mezzi termini mi chiede come mai
non ho smesso di fumare. Io dico che è roba da poco, cinque, sei al massimo.
Lei, come ogni anno, mi dice che allora vorrà dire che non morirò di cancro, ma
probabilmente di infarto (notizia che, a questo punto, mi riempie di gioia così
almeno non soffro), ma poi continua: “ Allora vuole che i suoi figli cresceranno senza
madre”. Mi viene sempre da rispondere che siccome sono una madre che, fumando
da un cattivo esempio, forse è meglio morire prima. Ma la dottoressa non
apprezzerebbe, lo so. Non ha senso dell’umorismo, la dottoressa Canty. Con lei
non c’è un cazzo da ridere. Poi guarda l‘appunto della pressione e dice: “Alta,
come sempre. Facciamo la visita, così si tranquillizza, e poi la misuriamo
ancora”, alzando la pressione a livelli mortali.
Poi mi visita. Tutto bene fino a quando mi palpa il seno
sinistro, che da sempre ha più noduli di quello destro. E mi dice, ogni anno:
“La mammografia? La rifacciamo presto, che non si sa mai...”. Ecco, questo è il
preciso momento in cui, dando la sua botta mortale, mi dice: “si rivesta che riproviamo
la pressione”. Sempre ai massimi livelli, data la tensione del probabile cancro
alla mammella.
Mi fa un’altra ramanzina sul fumo e sulla morte prematura di
mio padre, mi prescrive una dose di medicine da cavallo e mi dice: “Ci vediamo
l’anno prossimo”. Se sono ancora viva. le dico, toccandomi le palle
immaginarie.
Poi mi manda a fare l’esame del sangue. Che è, a questo
punto, come mandarmi alla ghigliottina.
Ma domani la frego: prima di andare mi prendo uno Xanax,
prescritto da lei un anno fa, e arrivo tranquillissima. Magari le dico anche che
vado in bici senza casco, per vedere di nascosto l’effetto che fa (come direbbe
il mio dottore simpatico).
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