Domani mattina alle otto emmezza
Ci sono tante cose che un genitore fa fatica ad affrontare: la prima volta che un figlio viene deluso da un amico. La prima volta che va a un campo estivo per due settimane. La prima volta che porta a casa un fidanzato. La prima volta che si capisce che i due hanno fatto sesso. Si fa fatica perché la crescita di un figlio significa che il nostro ruolo di genitori diventa sempre più marginale. Scoprire che in fondo non hanno più bisogno di noi è in parte liberatorio e in parte la sensazione più dolorosa del mondo.
Sofia ha diciassette anni e domani va via di casa per sempre. Passerà i suoi primi quattro anni a un college non lontano da casa, e poi chissà dove le sue ali la porteranno. Sicuramente, o quasi, non di ritorno nel nido da cui spicca il volo domani mattina verso le otto emmezza.
Provo ondate di sensazioni diverse, in questi giorni. Penso che sia uno dei doni più grandi che possiamo farle, quello di darle la possibilità di frequentare uno dei college più buoni (e più cari) degli Stati Uniti. Penso che sia vertiginosamente bello e esilarante ritrovarsi d’un tratto da sola, in una stanza con un’altra ragazza altrettanto felice e altrettanto agitata. Poi penso che le mancheremo e che ci saranno momenti in cui si sentirà sola. Questo pensiero mi fa impazzire di tristezza, perché io sarò lontano e so che lei non condividerà con me i suoi momenti tristi, per non farmi preoccupare. Penso poi che noi siamo stati per tutti questi anni un nucleo di cinque persone, tutte intensamente legate l’una all’altra, legate fra le altre cose dall’impegno di proteggere Luca. Abbiamo tutti noi tenuto un occhio di riguardo al fratellone, ci siamo tutti girati per assicurarci che ci seguisse durante le passegiate. Lo abbiamo tutti coccolato e aiutato nei momenti difficili. E adesso rimaniamo un nucleo di quattro persone. Una di noi non condividerà con noi il tran tran quotidiano. La sua stanza diventerà la stanza di Emma, e quando verrà a trovarci sarà sempre festa, proprio come quando vengono a trovarmi le mie sorelle da Milano o da Bologna.
Ma quello che mi chiedo incessantemente da qualche settimana è se io abbia fatto tutto il mio dovere, se davvero l’abbia preparata ad affrontare una vita da sola. Faccio di tutto per cercare di ricordarmi se le ho mai detto di essere gentile, ma di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Non ricordo di averle detto che può sempre dire di no, senza dover giustificare niente. O di fare il possibile per essere sempre una buona amica, una persona onesta su cui si può contare. Spero di averle spiegato di essere socialmente e politicamente attiva, di far sentire forte la sua voce, di contribuire e di sentirsi parte di qualcosa di importante, e non solo un individuo. Le avrò mai detto che quello che ha grazie al lavoro dei suoi genitori non deve mai essere preso per scontato, e che una società funziona solo se si condividono le cose? Lo saprà che piangere fa sempre bene e che soffrire d’amore è sacrosanto? Che in macchina bisogna ascoltare la musica a manetta? Che le scarpe è meglio provarle prima di ordinarle su Amazon? Avrà capito che noi ci saremo comunque, e che essere stati con lei per questi anni è stato un privilegio di cui andremo fieri tutta la vita? Avrà imparato da Luca ad apprezzare James Taylor e a richiedere un abbraccio anche quando non ce n’è bisogno? Avrà capito da Emma che l’amore fra sorelle è uno dei doni più importanti al mondo? E da Dan, avrà capito come si fa a trovare sempre il positivo nelle persone, anche quando ce n’è poco, o a fare il fuoco nel camino in una fredda notte del New England? E da me spero abbia imparato la dignità che viene con l’essere donna, l’intensità dei pianti all’aeroporto quando porto le mie sorelle dopo due settimane passate a ridere.
Da domani alle otto emmezza la mia bambina diventerà a tutti gli effetti un’adulta e il mio ruolo sarà ben diverso da quello che è stato finora. Il mio augurio per lei è di non aver paura di combattere, mai.
E di ridere il più possibile.
Cara Marina, avrai passato queste ultime settimane a pensare e ripensare a questo momento e ora che è arrivato le emozioni si moltiplicano a dismisura. La tua bambina, non più bambina, se ne sta andando e chissà come questo tempo/spazio, che in un certo qual modo vi separerà, influirà su di lei, su di te, sulla famiglia intera. È più che legittimo avere timori, paure, desideri, tristezza, gioia ed è salutare, per tutti, esprimerle, queste emozioni, con estrema semplicità e umiltà. Emma, che bel nome, ho una bimba a scuola con questo nome, ci sarà sempre per te e per voi e voi, tu, ci sarete sempre per lei, è questo ciò che conta, tutto il resto è solo una briciola di vita in una vita che auguro bella e radiosa, per lei e per la vostra famiglia. Buon viaggio Emma e sii prudente e grata alla vita che ti aspetta.
RispondiEliminasinforosa
Certamente le avete dato ali per volare e radici per tornare(cit.) buon cammino a lei e a voi.un abbraccio da Milano.
RispondiEliminaAnna
Rileggo, da genitore cerco di imparare. Oggi mi domando cosa accade se un figlio è deluso da un "potenziale" genitore. Mi domando, tra qualche anno cosa vivrà mister x, oggi il piccolo bimbo down, che a Napoli, non è stato accolto da ben 7 coppie in attesa di affidamenti, che la Procura dei Minori ha affidato alla fine ad un single. Dico,7 coppie di "genitori" !?! ma di chi? Un caro abbraccio a tutti voi , cosi geograficamente lontani, ma cosi vicini.
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