Un'altra occasione mancata
Non ho mai davvero capito, in realtà, perché debba essere
una giornata così palesemente divisa da maschi e femmine, credo sia perché alle
femmine è dato meno tempo libro per gli sport rispetto ai maschi. Ma perché
allora non risolvere il problema in altro modo? Perché, se è vero che i ragazzini
hanno più opportunità, allora non crearne di più per tutti,
indiscriminatamente? Non è forse un
messaggio sbagliato quello che danno le scuole quando le ragazze devono sacrificare
un giorno di scuola (che poi, un giorno risolve davvero il problema?) e essere
invidiate dai compagni, invece che, durante l’anno, insegnare a minimizzare
sempre più l’atteggiamento verso i due sessi? “Come sei polemica, mamma!”, mi
dice Sofia tra una chip con il guacamole e l’altra. Mi conferma che comunque è una
tradizione di Cambridge da anni, e che non sarò certo io con le mie idee a
cambiare le carte in tavola, soprattutto davanti all’entusiasmo di Emma,
incommensurabile.
È scesa per far colazione vestita
da sportiva, con i pantaloncini neri da calcio, una maglietta azzurra, una
felpa legata alla vita e le scarpe da ginnastica. Tutta agitata mi ha detto di
avere un sacco di cose da preparare: la bottiglietta d’acqua, la crema per il
sole, uno snack leggero e nutriente. Parlava a mille allora con l’eccitazione
che la caratterizza. Le ho detto che non avrà
bisogno della felpa, visto che oggi fa caldo e che magari le darà fastidio
averla attorno alla vita. Mi ha spiegato che alla sua scuola le femmine non
possono portare pantaloncini corti, e neanche magliette senza maniche, mentre i
maschi sì. Le chiedo se le hanno mai spiegato il motivo di questa regola e mi
ha detto che no, ma che se la sua maestra nota i pantaloncini corti, si
arrabbia. “È per questo che metto il golfino, per nasconderli”.
Abbiamo fatto colazione insieme,
ridendo delle scemenze che le vengono fuori anche prima delle sette emmezza del
mattino, poi ha preso la bici ed è andata all’angolo di Magazine e Dana Park,
dove incontrava le sue amiche Lilly e Cece per andare insieme a scuola.
Io sono rimasta a casa da sola,
davanti al secondo caffè ancora caldo e mi è venuto da pensare a quante siano
le occasioni perse per insegnare ai maschi delle lezioni di vita importanti.
Per esempio: perché invece di imporre un codice di abbigliamento alle bambine
così che non siano troppo scosciate o sexy (che poi, a undici anni la parola
sexy non sanno neanche cosa sia, e di malizia grazie a dio ce n’è ancora poca)
non si possa cogliere l’occasione di insegnare ai bambini che anche se una
ragazza ha la maglietta senza maniche sono loro a dover imparare che non si
tratta di un invito ad andare a letto? Perché devono essere le femmine a essere
punite per un comportamento sbagliato dei maschi nei loro confronti? Non
sarebbe meglio farlo ai maschi un bel discorso del tipo: se vedi le cosce di
una tua compagna, stai buono perché tutti hanno il diritto di vestirsi come
vogliono senza paura di essere violentate?
E poi, ancora: ma la scuola davvero
crede che un bambino di undici anni che pensa solo ai videogiochi e alla pallacanestro
abbia già una mente così contorta? E infine: perché allora non spiegare alle ragazzine
che si devono coprire il corpo perché altrimenti i ragazzini possono saltargli
addosso, invece di imporre la regola e basta? Non è forse ora di cambiare, e di non incolpare le vittime?
Ho sciacquato la tazzina (anzi
non è vero: l’ho lasciata sul tavolo) e ho portato la piccola Fiona al parco a
giocare con i suoi amici cani, come faccio tutte le mattine. Andando, mi sono
messa una maglietta a maniche lunghe per nascondere il mio tatuaggio e il
reggiseno per non sembrare troppo volgare.
Speriamo nella prossima generazione,
mi sono detta con la tristezza riservata per questi momenti.
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