Miracolo!















Avere un figlio disabile non è brutto solo perché si pensa al futuro del figlio, alla fatica fisica ed emotiva, ma anche perché lo si vive come profondo fallimento, come a dire che io non sono neanche capace di fare un figlio normale. Avere un figlio autistico non è una vittoria. È una sconfitta. È, tra le altre, la paura di essere giudicati, discriminati. Sfigati. 
Da compatire. 

Da dire “io al posto tuo non ce la farei”, come se noi ce la facessimo. Amico, anch’io se fossi dalla tua parte, ti direi che “io al posto tuo non ce la farei”, perché lo sappiamo tutti che non ce la fa nessuno.

Per esempio, il mio vero incubo è morire. Lo so, per tutti. Ma gli altri non avranno lasciato indietro una persona assolutamente emarginata, dipendente dagli altri, vulnerabile e con un bassissimo quoziente intellettivo in mano a sconosciuti.  Noi sì, perché qualcosa di fisiologico è andato male prima o durante la gravidanza. Perché il nostro corpo non sa farli, tutti quei calcoli chimici per avere un figlio come tutti gli altri. Noi poveri cristi non siamo neanche riusciti a fare la cosa più naturale del mondo. Noi abbiamo creato un mostro, un estraneo, un pazzo, qualcuno che non c’entra niente. Un quadrato in un mondo di triangoli.

Siamo insomma tutti spezzati, incazzati, fragili e insicuri per la maggior parte del tempo. Non faremo mai più parte del mondo normale, quello di quando avevamo vent’anni e andavamo a fare l’amore a casa dei genitori di lui quando erano in vacanza. Noi abbiamo un prima e un dopo definito da una sciabolata, una vita che non abbiamo mai scelto, mai neanche pensato, e che sopportiamo. Ecco, più che vivere, noi si sopporta, a volte in silenzio, a volte con rabbia, ma più spesso con rassegnazione, con lentezza con e un po’ di vergogna.

E dopo tutto questo, dopo questa enorme sconfitta, chi osa fare altri figli è un eroe oppure è completamente pazzo.

Io faccio parte della seconda categoria.

Avevamo, io e Dan, messo in conto tante cose quando abbiamo scoperto che ero incinta per la seconda e poi per la terza volta. Avevamo preso la ferma decisione che se queste gravidanze avessero portato un altro figlio disabile, ci saremmo tirati ancora più su le maniche. Guardavamo Luca e pensavamo a come sarebbe la nostra vita senza di lui. Lui come persona, dico, non come un disabile di due anni. Avevamo fatto tutti gli esami possibili e immaginabili per prepararci ad ogni evenienza.

Poi è nata Sofia.
Un fiore, come dire, normale.

E anni dopo, Emma.
Un altro fiore, come la sorella. E come il fratello, ma senza spine.

Non ci sembrava vero. Alla fine, non eravamo poi così imperfetti. Anche noi avremmo potuto entrare nel mondo dei genitori normali (che poi si è scoperto essere pessimo, perché non è oro tutto ciò che luccica. Ma questa è un’altra storia). Le bambine avevano se non altro passato il test sociale.

Non abbiamo però pensato a un dettaglio assai importante: noi eravamo rotti, vuoti, innamorati di Luca, ma persi nella realtà del mondo tanto quanto lui. Come avremmo mai potuto essere dei bravi genitori per le nostre due figlie, con tutte quelle ansie da prestazione, quelle paure che un giorno si svegliassero e fossero anche loro disabili, quel terrore che ci vedeva già perdenti dall’inizio?

E invece ogni tanto mi bevo il secondo (terzo) bianchino e mi ritrovo a fare i conti e a pensare: è avvenuto il miracolo.

Luca si è stufato di essere semplicemente una diagnosi vagante ed ha cominciato a essere un bambino diversamente strepitoso, Sofia è forte, intelligente, coraggiosa e stupenda, Emma è irrimediabilmente spiritosa, affascinante e inarrestabile.

Come cazzo abbiamo fatto, non ho idea.



Commenti

  1. "...chi osa fare altri figli è un eroe oppure è completamente pazzo.
    Io faccio parte della seconda categoria."
    Ok, ma anche della prima - non si escludono a vicenda.
    Grazie per quello che scrivi.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. 23:17
      Ciao Marina, questi concetti li hai espressi molto bene nel libro "Storia del mio bambino perfetto" che ho letto di recente e che consiglio vivamente. Molto bello. Per certi aspetti direi anche educativo per chi non conosce l'autismo. L'equilibrio che hai cercato e trovato con tuo figlio dopo anni di lavoro, la dice lunga sullo spessore della Tua persona. Complimenti.

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  3. che dire...riesci sempre a sorprendermi...in positivo ovviamente...

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