Affittasi puntino rosso: Giornata internazionale della Disabilità
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Il tre dicembre è la Giornata Internazionale della
Disabilità, che è quella cosa che siamo cresciuti pensando fosse la sfiga più
grande che possa capitare a noi o ai nostri figli.
Quando ho scoperto che mio figlio sarebbe stato
disabile, non ero certamente pronta per l’ignoto che era davanti a noi, e la
cosa mi spaventava tremendamente. Durante la gravidanza avevo passato molto
tempo a leggere e rileggere le diverse fasi di sviluppo del feto, che da
gamberetto si trasforma in un piccolo essere umano. Poi c’erano le fasi della
crescita: a tre mesi fanno questo, a sei quello, a nove quell’altro.
Io invece avevo creato una roba tutta diversa, che non
avrebbe seguito nessuna istruzione di nessun libro. A tre mesi non sorrideva, a
sei non ci guardava, a nove non gattonava. Avevo creato una creatura diversa.
È strano, perché fin da piccoli siamo tutti cresciuti
con l’idea di essere il più simili possibile ai nostri compagni: le regole
imposte a scuola ci aiutavano a comportarci tutti alla stessa maniera, la moda
a vestirci tutti uguali, i film e la musica ad avere gusti simili. Il problema
più grande sembrava quello di non riuscire a stare nel gruppo. E la
neuro diversità, la disabilità è proprio questo: significa essere un puntino
rosso in mezzo a milioni di puntini gialli, significa dare nell’occhio, essere
notati, non poter seguire la strada che i nostri nonni e i nostri genitori
avevano cautamente spianato per noi. Tutto questo porta a vergognarsi di essere
quelli che si è.
È questa la sfiga dell’essere disabili: si dà nell’occhio.
La gente attorno non riesce a catalogare le persone disabili e quindi le
ignora, o le lascia da parte.
Poi, quando mio figlio è diventato più grande (adesso
la faccio facile, ma ho passato periodi estremamente complessi), mi sono
accorta che a me i puntini rossi piacciono moltissimo. Non ho avuto scelta: ho
osservato il suo modo di venire al mondo, di diventare bimbo e poi ragazzo e
adesso un uomo, e quel terrore che una volta avevo lui ne l’ha placato con la
sua semplicità infinita, con quel suo modo quasi incerto che ha di camminare,
quella sua infinita voglia di stare con me, di un abbraccio. Quella facilità
che ha nell’abituarsi subito a nuove situazioni, a nuovi ambienti, quella sua
marcia verso un mondo tanto diverso da lui che commuove e insegna.
Ho capito anche una cosa essenziale, in tutti questi
anni: che a essere limitati siamo noi puntini gialli, che sprechiamo così tante
energie a cercare di nasconderci dietro tutti gli altri puntini gialli, che
facciamo di tutto per assomigliarci, pur di non sembrare diversi, pur di
entrare nei ranghi giusti. Ci manca una cosa essenziale: la libertà di essere
chi vogliamo.
Quindi, affittasi puntino rosso per un fine settimana,
che vi insegnerà che uscire dalla propria stanza senza mutande quando ci sono
ospiti va bene, perché la sua risposta è: “Ma sono autistico…”, come a dire se
lo fossi, anche tu potresti prenderti questa libertà!
Si prendono prenotazioni privatamente. Grazie.
Ciao marina. Mi ha commosso davvero questo tuo post, così come il precedente, che ho letto un attimo fa.
RispondiEliminaIo ho due figli, una femminuccia di 11 anni e un maschietto di 8 , entrambi con un disturbo dello spettro autistico.
Da stasera sarò felice di seguirti e di leggere ancora di Luca, splendido puntino rosso.
Un abbraccio!
Ciao Marina. Sono di nuovo qui a leggerti. Grazie e abbracci
RispondiElimina