Quella lacrima blu


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Per una persona ignorante come me, che non ha ancora capito la differenza tra Diabolik, Jeeg Robot D’Acciaio e Batman, the Joker non è un film di eroi (o anti eroi) di fumetti. Se non fossi andata con i miei amici Francesca e Federico, non avrei capito niente di molti aspetti della trama, per esempio quando… no vabbè, non faccio spoiler, anche se credo di essere un delle ultime persone ad averlo visto.

Per una persona come me, un film del genere parla di disabilità e di malattia mentale. O meglio, di come la società non sia ancora in grado di accettare le diversità che la malattia mentale comporta.

Penso alla stanza impolverata, puzzolente, disordinata e grigia dell’assistente sociale, assolutamente incapace di aiutare il suo paziente. Al taglio dei fondi pubblici: “E adesso dove le prendo le mie medicine?” “Non so cosa dirti”. Al bigliettino da dare alle persone quando si ha un comportamento fuori dalla norma: “Mi comporto così perché ho un problema neurologico”. Penso agli appunti sul diario: "La parte peggiore di avere una malattia mentale è che la gente si aspetta che ti comporti come se non l'avessi". Oppure al rapporto con la mamma, unico appiglio a una vita marginalizzata, violenta, sola. Mi torna in mente l’ospedale psichiatrico decrepito, con personale inutile, non preparato. Alla desolazione della città, sporca, piena di pattumiera da tutte le parti. E a quelle scalinate lunghissime su cui si arrampica mille volte, che portano, invece che a una salvezza, a luoghi ancora più sporchi, più desolati. Penso a quello che ha detto all’altra persona disabile nel film, salvandogli la vita. “Sei l’unico che non mi ha mai preso in giro”. Tutto questo in una società senza valori, populista, che strumentalizza  anche l’impensabile. “Non me ne frega niente della politica”, dice e ripete il Joker.

L’aspetto stupefacente del film, a mio parere, è che a da subito si entra nella testa del Joker, nei suoi occhi, e con lui si vivono i passaggi tra la realtà e la fantasia in modo assolutamente naturale. Non ci si pone, non da subito almeno, il dubbio che possa essere un film mentale dentro un film cinematografico. Pirandello docet.

In un certo senso, capisco perché questo film ha fatto molto parlare di sé. La malattia mentale, la disabilità, non sono facili da guardare negli occhi, neanche in quelli splendidi di Juaquin Phoenix, di cui mi sono perdutamente innamorata. La disabilità, soprattutto se lasciata a sé stessa, è orrenda, violenta. Se accompagnata da una pistola, diventa pericolosa. Come spesso accade, fra l’altro, negli Stati Uniti, con tutte le stragi nelle scuole, nei centri commerciali, negli uffici.

Pensavo a tutto questo mentre uscivo in silenzio dal cinema con i miei amici. Poi invece Federico, assiduo lettore di fumetti, mi ha spiegato la storia di Batman e del Joker, già raccontata in altri film e in centinaia di libri, e ho pensato che forse non avevo capito un cazzo e che cerco la disabilità in ogni angolo della mia vita, perché è ormai una delle lenti che uso più spesso per vedere il mondo.

O forse il Joker ha manipolato tutti noi e più che darci delle risposte, ci ha riempito di dubbi.

Commenti

  1. Mi sembra meglio la tua lettura. I film e i libri funzionano quando parlano a te. Questo ha funzionato, vado a vederlo.

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  2. Dico solo una cosa: - tralasciando la profondità e l'originalità delle tue osservazioni, ma tanto di questo ormai non mi stupisco più da anni - tu hai la fortuna di goderti i film americani in lingua originale. Un po' ti invidio, io capirei solo qualche "good" o qualche "f*ck you" qua e là...

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