Avvelenata contro l'autismo













Un giorno di tre mesi fa, ero in macchina con Luca. Stavamo andando a Becket, e dal nulla mi dice: “Auntie Claudia! Winnie the Pooh!”. Non potevo credere alle mie orecchie! Quando aveva due anni, Luca amava andare da sua zia Claudia, la sorella di Dan, perché a casa sua c’era un giochino di Winnie the Pooh di cui era ossessionato. Siccome non lo vendevano più da nessuna parte, non siamo mai riusciti a comprarglielo. La sua ossessione durò qualche anno, ma poi se ne dimenticò. Almeno così pensavo. Invece, la sua mente autistica non dimentica niente, specialmente le ossessioni. Da quel giorno, Luca non ha fatto che ripetere “Auntie Claudia! Winnie the Pooh!”.

Due settimane fa ha compiuto gli anni, e Dan è riuscito per magia a trovare il giochino su eBay e ovviamente glielo abbiamo comprato. Ha compiuto 23 anni, ma malgrado l’età avanzata, ha ricevuto il giochino, assieme a un iPad, perché quello che aveva era completamente distrutto.

A Luca non piace ricevere i regali: non gliene frega niente, e non ne capisce il motivo. Ma per Winnie the Pooh è stato diverso. Appena l’ha visto, è scappato dall’emozione, e non voleva avvicinarsi, ma dopo un giorno è ritornata la sua incessante ossessione, un po’ diversa rispetto a ventun anni fa: adesso vuole che noi facciamo un video di Winnie the Pooh con il nuovo iPad, per poterselo vedere e rivedere mille volte. La sua fissazione è tale che fa fatica a dormire e a concentrarsi su qualunque altra cosa. Da tre giorni gli diamo la melatonina prima di metterlo a letto, e riesce a dormire un pochino di più.

Il fine settimana è stato particolarmente stressante. Luca, che mi segue dappertutto, non ha fatto altro che chiedermi di fare un altro video di Winnie the Pooh. Ne avremo fatti settecento. Sia sabato sera che domenica sera ho dato fuori di matto. “Autistic!”, mi dice lui per giustificarsi. Sì, ma io non lo sono, fino a prova contraria, e non riesco a stare dietro alle sue continue richieste. Ho tentato di spiegarglielo, lui mi ascolta e mi dice: “Ok. [pausa] Winnie the Pooh! Photo! Please!”.

Stamattina si è presentato verso le cinque in camera nostra con la maglietta, ma senza mutande, teneva in una mano Winnie the Pooh e nell’altra l’iPad. “Please please please photo Winnie the Pooh!” “Video, not photo”, gli dico con la bocca impastata di sonno. Dan, il mio eroe dei due mondi, ha fatto il video e gli ha chiesto di tornare in camera sua. Contento, è sceso lentamente le scale e ha sbattuto forte la porta della sua camera.

Chi non ha mai avuto a che fare con una persona autistica non può certamente capire la pazienza e l’insofferenza che si prova quando il proprio figlio è così ostinato, così sempre addosso, così incredibilmente ossessionato dalla stessa cosa: può trattarsi di un gesto, di due note di una canzone, di un bicchiere di latte, di una canzoncina, o, appunto, di un giocattolo. Luca richiede che si facciano sempre gli stessi gesti,  che si ripetano sempre le stesse cose, mille, duemila, diciottomila volte al giorno. Alla fine, anche la persona più tranquilla e pacata del mondo tira giù dei sacramenti. Credetemi.

Sono ventitré anni che io e Dan, ma soprattutto io, gestiamo questo autismo difficile di Luca da soli. A parte qualche settimana all’anno, quando mia mamma veniva a trovarci, Luca è sempre stato con noi e basta. Senza tregua, senza un attimo di respiro. Da qualche anno abbiamo cominciato, io e Dan, a fare un viaggetto io e lui da soli, e invece che di sesso e romanticismo, abbiamo bisogno di silenzio, di autonomia, di spazio. Come diceva Guccini, ‘nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento’. E sicuramente per lui era un’esagerazione. Per me no, non lo è mai stata.

Insomma, sono stanca. Stufa. Anche un po’ incazzata. E anche piena di sensi di colpa. Continuo a ripetermi che non è colpa di Luca se è così. Continuo a ricordarmi che arrabbiarmi, chiedergli di smetterla, urlare non serve assolutamente a niente. Continuo a sperare di trovare dentro di me ancora un briciolo di pazienza, per affrontare un altro giorno con Luca, con ‘sto cazzo di Winnie the Pooh, ma a volte, lo ammetto, vacillo. Mi sembra che diventi sempre più difficile scavalcare da sola questa montagna altissima che è l’autismo di mio figlio, che ormai mi nausea, mi logora e risveglia il peggio di me.

Ecco, mi sono sfogata. Adesso però, come dice il Maestro, “tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solita portare: ho tante cose ancor da raccontare e a culo tutto il resto”.






Commenti

  1. Cara Marina ,ogni tanto leggo il tuo blog,ti abbraccio forte anche se non serve a nulla ,ti ammiro perchè pur avendo mio figlio ''solo la sdDown a volte ha dei comportamenti ''simil autustici'' se mi passi il termine ed io sbotto per molto meno.
    Non posso neanche immaginare cosa sia la vostra vita giorno dopo giorno,dopo giorno,...senza pensare che un giorno qualcosa si smuova .So che state cercando un luogo dove Luca possa stare e che questa cosa insieme al conforto di poter tirare il fiato è la lacerazione dei genitori che non reggono più.
    Un grande abbraccio,
    P.S. Anche noi da qualche parte abbiamo ancora un pupazzo di Winnie The Pooh ....
    Antonella

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