Profezie sul Lato B
Siccome ho scoperto di avere (anche) il fegato grasso, stasera Dan ha preparato una cena che in teoria dovrebbe aiutare a smaltire la ciccia epatica. Certo, avrebbe funzionato meglio se non fosse che ho bevuto del buon vino bianco, ma d’altronde come si fa a mandar giù dei gamberetti grandi così senza un Pinot Grigio? Tanto, mi dico, è sabato, e il Signore si riposa e non mi vede.
Mentre Dan cucinava, ha messo della bella musica scelta da Spotify, e non so perché ha deciso di aggiungere nella lista anche l’unica canzone dei Red Hot Chili Peppers che conosco e amo, Under The Bridge. Poi, tra un boccone e l’altro, Dan mi raccontava che questa canzone parla di dipendenza dalla droga. Una roba allegra, insomma.
Dopo i Red Hot Chili Peppers si sono aggiunte altre canzoni grunge: Nirvana, Soundgarten e altro. Sono tutti pezzi che hanno dentro di loro una specie di capsula del tempo che ci riporta, sia a me che a lui, a quando ero incinta di Luca, abitavamo a Amherst e ci sentivamo invincibili.
In quel periodo, Dan lavorava con dei suoi amici di liceo che avevano aperto un business interessante, e io insegnavo allo Smith College, e con il mio pancione mi facevo il tragitto in macchina tutte le mattine e poi le sere, quando tornavo a casa, ascoltando esclusivamente una cassetta con tutte queste canzoni. Sul lato A. Una cassetta che ho amato talmente tanto da decidere che durante le ultime spinte per far nascere Luca avrei messo a manetta la canzone degli Smashing Pumpkins, quella che dice Today is the greatest day I've ever known. Cosa, tra parentesi, che non è successa per colpa di un panino con il pollo marcio che Dan si era mangiato durante il mio travaglio e che fece sì che nel momento in cui Luca spuntava nel mondo, Dan stava facendo una lavanda gastrica al pronto soccorso. Ma questa è un’altra storia. Senza musica, solo con una grossa incazzatura da parte mia.
Però che bei ricordi. Quanti sogni avevamo allora, quando la mia pancia cresceva a vista d’occhio e ci sentivamo talmente felici di creare una creatura che era una via di mezzo tra me e lui. Quanti progetti, quante serate abbracciati a parlare un po’ sottovoce davanti alla stufa in sala, accarezzando a turno il pancione nella speranza di sentire anche un seppur minimo calcetto.
Luca. Si sarebbe chiamato Luca.
Nella cassetta, sul lato B avevo invece registrato le Indigo Girls, che mi piacevano talmente tanto da aver imparato tutte le parole del disco che amavo a memoria. Il disco si intitola Swamp Ophelia. Dell’ellepì mi piaceva tutto: il suono della chitarra, le voci che si facevano da melodia e sembrava che ci fossero mille voci e invece erano solo loro due. Mi piacevano soprattutto le canzoni scritte e cantate dalla bionda, di cui non ho mai saputo il nome.
Una delle mie canzoni preferite l’ho riascoltata stasera, dopo gli Smashing Pumpkins e tutta quella musica che mi ha portato a ripercorrere quel tragitto Amherst-Northampton, avanti e indietro tutti i giorni.
La canzone che aspettavo più di tutte si intitola The Language or the Kiss: il linguaggio o il bacio. Riascoltandola stasera, anzi: cantandola a squarciagola nel buio di Becket, sotto una coperta di stelle, mi sembra che questa canzone sia stata un avvertimento di serietà e importanza inequivocabile per quella che sarebbe stata la mia vita con Shmoo. Ad un certo punto della vita, devi decidere tra il parlare, cioè la ragione, o l’amore fisico, tra il linguaggio e il bacio. E io, noi, per forza abbiamo scelto il bacio, che Luca ci da settecentomila volte al giorno, invece di parlare.
La canzone inizia così: in una casa, si vede una tavola apparecchiata per sei, ma ci sono cinque persone, che ridono e chiacchierano. La sesta, invece, sta guardando attraverso il vetro appannato dal vapore e si chiede dove sia finita la sua voglia di ridere, e da dove sia nata la sua paura di non essere più accettata. Dice di aver capito che la vita che aveva prima, quella delle cene con amici, andrà avanti senza di lei. La stessa paura che ho provato anche io, dopo che è nato Luca, quella di non riuscire più a ridere, a essere accettata perché mio figlio è diverso. Ma allora, quando la ascoltavo in macchina, non sapevo che Luca sarebbe stato lo Shmoo che conosco adesso.
La seconda strofa dice che avrebbe voluto sapere quello che sarebbe successo nei prossimi dieci anni della sua vita, e che già allora sentiva una voce che diceva che se ci fosse stata gioia, ci sarebbe stata la stessa quantità di dolore, e che ancora adesso, dopo tanti anni, prova ancora la stessa sensazione.
Nessuna persona incinta mette mai in conto il fatto che quel progetto che si sta formando dentro il proprio utero possa essere diverso da quello che ci si immagina. Non si pensa mai a deviazioni, a solitudini, a sensazioni di goffaggine, di insicurezze. Alla sensazione di non appartenere più al mondo che finora avevamo dato per scontato.
Ecco. Sarà il vino, sarà la ciccia nel fegato, saranno stati i gamberetti, ma stasera ho pensato che le Indigo Girls mi volessero dire di prepararmi: avrei dovuto decidere tra il desiderio di parlare con Luca o i suoi baci.
Ha deciso lui per noi.
E che baci siano.
The Language or the Kiss
(Indigo Girls)
I don't know if it was real or in a dream
Lately waking up I'm not sure where I've been
There was a table set for six and five were there
I stood outside and kept my eyes upon that empty chair
And there was steam on the windows from the kitchen
Laughter like a language I once spoke with ease
But I'm made mute by the virtue of decision
And I choose most of your life goes on without me
Oh the fear I've known
That I might reap the praise of strangers
And end up on my own
All I've sown was a song
But maybe I was wrong
I said to you the one gift which I'd adore
The package of the next 10 years unfolding
But you told me if I had my way I'd be bored
Right then I knew I loved you best born of your scolding
When we last talked we were lying on our backs
Looking at the sky through the ceiling
I used to lie like that alone out on the driveway
Trying to read the Greek upon the stars
The alphabet of feeling
Oh I knew back then
It was a calling that said if joy then pain
The sound of the voice these years later
Is still the same
I am alone in a hotel room tonight
I squeeze the sky out but there's not a star appears
Begin my studies with this paper and this pencil
And I'm working through the grammar of my fears
Oh mercy what I won't give
To have the things that mean the most
Not to mean the things I miss
Unforgiving the choice still is
The language or the kiss
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