Autismo di merda, prima o poi ti becco

 



Sembra una frase del cazzo. Anzi: è una frase del cazzo, ma la dico lo stesso. Oggi, per la prima volta in 24 anni, il serpente che porta i traumi della mia vita si è risvegliato. Inaspettatamente, come sempre. Inaspettatamente ho dovuto rincontrare faccia a faccia i momenti peggiori della mia vita, che credevo morti e che morti non sono per niente. Il terrore è una bestia strana: a volte sembra di averlo conquistato, ma è solo un’illusione. È dietro l’angolo, pronto a dare quei pugni nello stomaco che persone che non hanno provato il mio trauma non possono capire. 

Dopo aver passato ben tre settimane lontana da casa, io e Dan avevamo stabilito che questa sarebbe stata la sua settimana da solo. Avrebbe fatto dei viaggi con la sua moto da Becket, avrebbe incontrato i suoi amici di sempre. Insomma, libero. Quindi ieri, dopo una giornata passata a casa della mia bellissima nipote Isa, io e i ragazzi siamo tornati a Cambridge, e Dan è andato a Becket.

Sia io che lui eravamo contenti: mi sarei occupata di Luca (Sofia e Emma sono autosufficienti), avrei scritto, portato i due cani fuori per lunghe passeggiate. Mi sarei svegliata presto per preparare Luca per il suo centro diurno e avrei avuto completa libertà fino alle tre e un quarto.

Stamattina, lunedì, è stata la prima mattina da soli. Mi sono alzata alle sette e dieci, ho fatto pipì, sono scesa in cucina a preparare la colazione per Luca e poi sono andata in camera sua. Il fatto che sia io a svegliarlo invece che Dan, è una figata: si è girato verso di me e con un sorriso tipo Durbans mi ha detto good morning!. CI siamo fatti due coccole e poi siamo andati in bagno. Ha fatto pipì mentre aggiustavo la temperatura dell’acqua per la doccia, e, come sempre, è andato sotto l’acqua con quel sorriso lì, pieno di soddisfazione. È bello vederlo mentre fa la doccia: si muove da destra a sinistra con calma, assaporando l’acqua che gli scende sul corpo. Lo notavo stamattina e mi è venuta in mente che è proprio una danza à la Shmoo, che porta serenità, tranquillità. Un buon inizio della giornata. Ho chiuso l’acqua, gli ho lavato i denti mentre ascoltava Stevie Wonder, e poi, avvolto nel suo asciugamano blu, siamo andati in camera sua. L’ho asciugato. Gli ho dato un paio di mutande azzurre da mettersi da solo, con i suoi (lunghissimi) tempi. Gli h passato una nuova t-shirt, nera come piace a lui. L’ho aiutato ad allacciarsi i jeans. Lui era seduto sul letto, vestito e tranquillo, come sempre. Gli ho aggiustato i capelli, che durante la doccia erano non spettinati, di più.

Dopo che si è vestito, mi sono girata per appendere sulla sua sedia il suo asciugamano, e mi sono girata verso di lui in tempo per vederlo ad un tratto coricato sul letto, con i piedi per terra, con la testa in su come se volesse vedere le stelle dietro di lui. Le braccia in alto, come se si stesse stirando. 

Ma no, non si stava stirando.

Iniziava una crisi epilettica mostruosa. Fino a oggi non avevo mai visto una persona combattere contro il proprio cervello con una crisi epilettica. È orrendo. Mi è sembrato come se Luca stesse per morire. Anzi, per la seconda volta in vita mia, ero certa che sarebbe morto. Non so come, l’ho messo di fianco, così non avrebbe potuto soffocare, e ho cominciato a chiamare Sofia, che dormiva beata. Quando è scesa, ha visto Luca nel mezzo di una crisi epilettica pazzesca, io completamente isterica e sua sorella Emma, 14 anni, che cercava di aiutarmi a mettere le gambe di Luca su letto. È stato come sollevare un pezzo di marmo. Intanto Luca era lì che tremava, il corpo attorcigliato in un terremoto di nervi, gli occhi a mezz’asta, la bocca blu e il viso bianco. Un rivolo di sangue che gli scendeva dalla bocca. Si era masticato la lingua. Il corpo era rattrappito in un movimento innaturale di nervi che lo faceva tremare e lo rendeva rigido. Dopo aver visto questa scena terribile, Sofia ha chiamato il 911, cioè l’ambulanza e con una calma dettata dal terrore del momento, ha spiegato a chi aveva risposto quello che stava succedendo. 

Nel frattempo, Shmoo aveva smesso di tremare e dormiva, russando forte. Il mio terrore era che non riuscisse a respirare, per cui ho messo un dito nella sua bocca per assicurarmi che la lingua non lo soffocasse. Errore: i muscoli facciali sono talmente tesi che quasi Luca mi rompe l’indice. Riesco a liberarmi, ma ormai sono a limite delle mie forze. Sofia e Emma sono con me, terrorizzate ma con un contegno ammirabile. Emma decide di mettere i due cani in camera sua e di aspettare l’ambulanza che arriva quasi subito.

In camera di Luca, che adesso ha passato la crisi ma è completamente disorientato e stravolto, ci sono quattro persone e una sedia da usare per legarlo per tenerlo fermo in modo tale che lo possano portare sulla barella. Dopo poco, le 4 persone lo prendono di forza e lo legano alla sedia. Luca, completamente fuori di testa, cerca la mia mano e me la stringe. “Il suo cervello dice di amarmi ancora”, mi dico con una specie di sollievo. Io e lui saliamo sull’ambulanza, ma prima Emma viene da me e, con gli occhi di spavento terribile, mi abbraccia e mi sussurra: “ It’s going to be ok”.

Arriviamo al pronto soccorso, tutti sono estremamente gentili. Luca è un po’ fuori, ma comincia a svegliarsi. Ci portano in una stanza d’ospedale e Shmoo dice: bathroom. Ok, dico. Supportando tutto il suo peso apro la porta, e come un film di fantascienza, Luca diventa Mennea e comincia a correre come un pazzo: “Home! Home!’ urla nel corridoio dove ci sono persone in condizioni gravissime. Lui cerca di scappare. Io dico allo staff no problem, come se avessi il segreto di fermare Luca dalla sua fuga. Non ce l’ho. Arriva un giovane medico e cerca di bloccarlo, ma niente. Arrivano due infermiere, ma quando Luca vuole, diventa un toro, si siede per terra e non c’è modo di convincerlo. Qualche anno fa lo faceva a McDonalds, fino a quando qualche povero cristo gli comprava le french fries Mio padre, ricordo in un lampo, scappò da uno ospedale quando venne operato di tonsille. “Il DNA è una cosa seria”, mi dico mentre l’infermiera chiama le due guardie all’entrata dell’ospedale. Ci sono volute ben cinque persone per farlo ritornare nella sua stanza. In un certo senso, mi sono sentita orgogliosa: non è facile far cambiare idea a Luca, vero? Provate vi, se volete…

Nelle lacrime ho capito che Luca è ancora Luca. Mentre eravamo al pronto soccorso il mio cuore è rimasto a casa. Avevo lasciato Sofia e Emma profondamente terrorizzate e impaurite. Avrei voluto abbracciarmele, confortarle dire loro che tutta andrà bene. 

Questo episodio marca un ulteriore giro di vite anche per me e Dan, che non ce la sentiremo più di lasciare Luca a casa da solo con le sorelle.

Ma io quest’autismo del cazzo lo aspetto al varco, e prima o poi vincerò io.


Lo prometto.

Commenti

  1. I feel this from the very bottom of my being. May God give you peace and especially Luca. Your Luca is my Jacob. We keep trying to win too! Maybe some day on this side of eternity, but I know victory lives on the other side and one day - we will talk to each other and laugh and sing & the joy and love will be unending.

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