Il diritto di non aver paura




Che passaggio mi sono persa? No, perché ogni volta che si parla di persone autistiche, sono tutti lì a dire che sono angioletti, che sono cari, che per fortuna ci sono loro, ma poi quando c’è da passare leggi per cercare di diminuire il bullismo, allora si vota contro? Io non capisco.


Mi vengono in mente due o tre episodi, ma ce ne sarebbero diecimila, di persone disabili bullizzate. Il primo, orribile, della ragazzina massacrata di botte dalle sue compagne. Ve la ricordate? E vi ricordate di quel ragazzone autistico che, terrorizzato di uscire, si era fatto coraggio una sera e era andato a fare una passeggiata vicino a casa con la mamma? Vi ricordate che i suoi compagni, avendolo visto fuori, si sono avvicinati a lui in macchina e hanno cominciato a tirargli uova e a deriderlo, tanto che lui è scappato? Vi ricordate cosa aveva detto la madre? Che erano tre anni che non usciva di casa, ma che finalmente quella sera aveva fatto un piccolo passettino in avanti, completamente distrutto da tre o quattro coglioni?


Oltre ad avere un figlio disabile, sono anche mamma di Sofia, che è non binary e che ha fatto molta fatica a capirlo, ad ammetterlo a se stessa e a noi. Dietro la sua consapevolezza, ci sono anni di depressioni, passati sul letto, di fronte al computer per cercare di capire, cercare di darsi una spiegazione per quelle sensazioni strane che salgono dentro e che fanno paura. Fanno paura perché ammettere di essere non binary significa anche confrontarsi con il rigetto, il bullismo, la paura di essere emarginati, diversi. 


Ve lo ricordate che abbiamo sempre lottato per fare in modo ch ognuno possa stare al mondo così com'è, senza dover rendere conto a nessuno, senza dare spiegazioni? Ve le ricordate le battaglie fatte per l’uguaglianza? Per fare in modo che la società si accorga di noi e ci aiuti a vivere con più dignità? Ve le ricordate le battaglie per fare in modo che tutti, ma proprio tutti, siano protetti dallo Stato? I bandieroni arcobaleno che sventolano alle manifestazioni, gli #Icantbreath, #Blacklivesmatter e tutte quelle campagne a cui abbiamo aderito tutti? Quelle giuste, quelle che, in qualche modo, rappresentano anche i nostri figli in quanto marginalizzati dalla società, fatti zimbelli del mondo, abbandonati alle famiglie disperate e senza assistenza? 


Quindi erano tutte bugie? Non ci si credeva fino in fondo? “E se poi è il mio di figlio a menare un nero? Un disabile? Deve stare in galera di più solo perché quello ha la pelle scura o il cervello bacato?” La risposta è: sì, signori miei, i vostri figli, se oltre ad essere violenti sono anche razzisti, omofobi o gli fanno schifo le persone disabili, devono pagare di più, devono prendere coscienza e responsabilità delle loro azioni. 


Mi sento estremamente frustrata. Non so più cosa si possa fare per farci guadagnare un minimo di dignità, un posticino anche piccolino nel mondo. Sembra davvero di fare un passo avanti e venticinque indietro. Intanto i nostri figli crescono, sono sempre più a contatto con il mondo esterno, si cerca disperatamente di staccarli un pochino dalle nostre gonne per vedere cosa c’è là fuori. La merda. Là fuori c’è la merda più assoluta.

Siamo un Paese vergognoso.


La prossima volta che qualcuno mi dice di stare calma e di non preoccuparmi lo mando a cagare senza esitazione. 

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