Un quarto di secolo di Shmoo

 





E sono venticinque. 

Un quarto di secolo di Shmoo.


Come ben sappiamo, Luca non è il tipico venticinquenne: non si è mai fatto una canna, non si è mai bevuto neanche un sorso di vino o di caffè. Non ha mai fatto l’amore se non con sé stesso e non ha la patente, e neanche il diploma delle medie o del liceo. Non ha ambizioni, non ha mai lasciato una ragazza o un ragazzo, non ha mai ordinato la pizza da asporto. Mai preso una nota, mai andato in vacanza in Grecia, mai viaggiato con l’Inter Rail. Non ha mai scritto una lettera d’amore e non ha un curriculum. Non si è mai cucinato neanche un toast, non ha mai chiesto le Nike carissime, non è mai andato a fare una passeggiata da solo. Si è fatto il letto qualche volta, ma con la pistola puntata alla tempia. Stesso con il bucato, la lavatrice da svuotare e la spesa.


A Luca non interessa nulla di tutto questo. Ed è (anche) per questo che è la persona più strabiliante al mondo. Perché a Shmoo non manca niente. Quello che non ha non l’ha mai desiderato; quello che non può fare non lo tiene sveglio la notte. Quello che gli altri venticinquenni hanno o vogliono non gli fa nessuna invidia.


Perché lui ha esattamente quello che gli serve: il suo iPad, la sua musica preferita, la sua mamma, il suo papà, Sofia e Emma. I suoi viaggi in macchina ascoltando Stevie Wonder, il latte, le patatine e una doccia calda la mattina. E ha una cerchia di persone che lo amano come le ragazzine degli anni Cinquanta amavano i Beatles. Massì, dai, i quattro ragazzi di Liverpool, lo sanno tutti! (cit.).


Tutto ciò è molto bello e molto poetico, anche se diventa estremamente difficile fargli dei regali, sia per il compleanno che per Natale. In realtà, l’unico regalo che vorrebbe è di essere lasciato in pace, senza pacchetti da spacchettare, senza torte o candeline e, per carità, senza quella canzone di merda che tutti cantano stonati e a voce alta. Lasciarlo in pace, possibilmente senza mutande, coricato sul suo letto con sei chili di patatine fritte di fianco. Quello vorrebbe.


Ma il nostro mondo, quello che a lui non manca, impone una specie di festeggiamento, impone gli auguri, i baci, le candeline (quest’anno, poi, sono ben venticinque!) e regali. Arrivano come niente le telefonate dall’Italia, da Amherst, da vicini, da amici, madrine e padrini. 


Non sono ancora riuscita, in venticinque anni, a non festeggiare il suo compleanno. Mi sembra un atto di negligenza. Mi sembra brutto. Per cui, daje a insistere a fare quello che vogliamo noi. Daje a trattarlo come uno di noi, anche se uno di noi non ha nessuna intenzione di diventarlo. Lo faccio per noi, malgrado io sappia perfettamente però che a lui girano immediatamente i maroni.


Allora, questa volta ho deciso: gli ho comprato magliette, pantaloni e scarpe che gli servono, non ho invitato nessuno a cena, la candelina, al limite sarà una, ma invece che sulla torta, sulla pizza Margherita che lui ne va matto. Saremo solo noi cinque, nella nostra casetta di campagna. Lui mangerà sette bocconi a tavola con noi e poi si prenderà il suo piatto mezzo pieno e se lo porterà in camera sua, chiedendo di attaccare il filo alla presa dietro il letto per tenere carico il suo iPad. E senza chiudere la porta, così i cani condivideranno con lui la cena. E noi, zitti! Noi faremo finta di niente, continueremo la nostra cena chiacchierando del più e del meno.


Però.


Però, oltre Luca, tengo a festeggiare anche noi, inteso come nucleo familiare. A parte alcune dosi anche massicce di antidepressivi, a parte le terapeute che ascoltano i nostri momenti difficili e ci passano il fazzolettino di carta con il volto finto triste, devo dire che ce l’abbiamo fatta. Festeggiamo perché, anche c’è voluto un quarto di secolo, alla fine ci siamo riusciti, a diventare strani come Luca, diversi come lui, felici di quello che abbiamo senza tanto menare il torrone per quello che vorremmo avere. Quindi, anche se Luca se ne starà in camera sua, un bicchiere di vino lo alzeremo comunque, e sicuramente qualche lacrimuccia scivolerà dalle guance. Le mie, immagino. 


Sono stati i venticinque anni più difficili, lunghi, indescrivibili, strepitosi, gratificanti, terrorizzanti, deliranti e magici della nostra vita. E sono solo i primi venticinque! Quindi auguri Luca (scusa, ma qualcosa dovevo pur dirti), congratulazioni a Dan, a Sofia, a Emma e alle mie lacrimucce, sempre presenti.



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