Comincio da qui






Non so perché, ma da quando mia mamma è mancata, faccio molta fatica a scrivere. Lo dico anche per mettere le mani avanti, in caso questo scritto si scopra essere una cagata. Il problema non è l’atto dello scrivere, e neanche la mancanza di tematiche da analizzare o i racconti da condividere. Il fatto è che sono successe talmente tante cose che non so proprio da che parte iniziare. Quasi ogni sera mi viene una strana sensazione, come se un castello di Lego fatto con mille pezzettini mi sia crollato addosso, provocandomi un immenso dolore. Mi sembra che la prima cosa da fare sia raccogliere pezzettino per pezzettino e solo dopo riuscirò a rendermi conto del male che questa botta mi ha provocato.


Non riesco a capire come impostare il mio futuro da orfana perché ancora non sono capace di afferrare il presente. Come posso pensare di andare avanti senza mai più sentire la voce di mia mamma? Il calore dei suoi abbracci, i suoi consigli, il suo odore, le sue risate, i suoi momenti difficili, quando il suo petto si riempiva d’ansia? I suoi racconti, le sue partite a Machiavelli, le sue borse per la spesa, i suoi sonnellini delle due del pomeriggio? 


Mi sembra impossibile che esista un modo di vivere senza la propria madre. Sarebbe come chiedere a un albero di crescere senza seme, all’alba di condividere i primi raggi di luce senza il sole. Sarebbe come mangiare senza bocca, cantare senza corde vocali, camminare senza gambe. Mio papà ha perso la sua mamma che aveva diciannove anni, e quando molti anni dopo ha saputo che era morta la mamma di alcuni amici ricordo che aveva detto: “Ma ti rendi conto? Hanno perso la loro mamma!”, come se fosse l’evento più orrendo che possa succedere. Lui conosceva bene quel dolore che riempie l’assenza enorme della morte. E adesso che lo conosco anch’io, mi scandalizzo quando qualcuno mi dice di non avere più la mamma. Mi scandalizzava anche prima, a dire il vero: quando qualcuno mi raccontava che la propria madre stava molto male, per esempio, mi chiedevo sempre come facesse quella persona a continuare la sua vita quotidiana sapendo per certo che da lì a poco sarebbe successa una tragedia senza precedenti. 


Per noi sorelle, che abbiamo perso il papà quando eravamo piccole, la mamma rappresentava tutto il calore famigliare, era il filtro tra la vita in casa e quella fuori; era il nostro scudo, ci proteggeva dal dolore, dalle situazioni difficili, dalle persone disoneste o poco di buono. E noi la trattavamo come se fosse una rosa sottovetro, abbiamo sempre fatto di tutto per proteggerla da qualsiasi brutta notizia, e la prima frase che ci dicevamo quando veniva a galla un pasticcio fatto da noi era: “Ma la mamma lo sa?” e la risposta era quasi sempre no. Poi, quando invece bisognava affrontare momenti difficili, la mamma era il punto di riferimento. Quando, per esempio, sono venute fuori tutte le diagnosi di Luca, mia mamma era diventata la persona a cui raccontavo dei miei disagi e delle mie paure e lei ha fatto di tutto per stare con suo nipote e creare con lui un rapporto profondo e indelebile. Mia mamma era la roccia su cui tutti, sia noi figlie che mio padre quando era in vita che tutti i suoi amici e colleghi si posavano. La persona più generosa del mondo, la più disponibile. E per noi quattro, l’idea che un giorno non ci sarebbe più stata era impossibile, fuori da ogni realtà. E adesso non c’è più davvero. Adesso la roccia si è sbriciolata e noi tutti ci sentiamo spaesati e terrorizzati. 


L’altro giorno mi sono tagliata i capelli cortissimi. L’ultima volta che li ho avuti così corti era quando mio padre ci portava dal suo barbiere, il Giordano, che ci tagliava i capelli “alla maschio” in cambio di una dritta sul cavallo vincente. Ho mandato subito una foto alle mie sorelle e una di loro mi ha detto: “ma perché?”. Non lo sapevo, il perché. Certamente il fatto che Luca si attacca ai miei capelli ogni due per tre è un fattore importante. Ma perché proprio adesso?


Poi stamattina mi è venuta una risposta che sembra plausibile. La fine di un’epoca marca anche l’inizio di quella successiva. La morte di mia mamma è la fine del periodo più importante della mia vita, ed è straziante che sia finito. Però la sua morte rappresenta anche un inizio, che spaventa perché non lo conosco, ma che sono forzata ad affrontare e a plasmare al mio meglio. L’inizio di qualcosa che sarà anche mancanza dei miei genitori, anche pesantezza del loro silenzio. Ma anche, forse, qualcosa di interessante, di sorprendente. È l’inizio della mia vita da quasi-anziana. E cambiare completamente la mia apparenza, forse, è un segno di inizio di una nuova Marina. Chi lo sa?


So solo che almeno mio padre approverebbe senza dubbio: non gli erano mai piaciute le ragazzine con i capelli lunghi.

Commenti

  1. Ho perso mio padre quando avevo 16 anni e mia madre se ne è andata a dicembre 2020 quando di anni ne avevo 58. Tu non puoi capire quanto io comprenda ogni singola parola di questo tuo scritto. Soprattutto la parte finale. Apriamoci alla vita che abbiamo davanti, che semplicemente non sarà più la stessa di prima, nè meglio nè peggio. Bentornata

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