Piccole conquiste


 





Sono molte le cose che non funzionano bene a cui siamo abituati, ma che potremmo certamente migliorare. Penso per esempio alla porta che apre sul terrazzino di casa nostra. È di legno e molto difficile da aprire: bisogna tirare fortissimo, con due mani. E chiuderla è quasi impossibile. Inoltre, anni fa, si era rotta la serratura per cui la si può chiudere a chiave solo da dentro. 


Insomma, si vive lo stesso bene, ci mancherebbe. Ci si è abituati al fatto che quella porta lì non funziona e per pigrizia sono anni che diciamo che dovremmo farla aggiustare, ma poi non lo facciamo mai. Altro esempio è il cassetto della scrivania in camera di Luca: ogni minimo movimento, si apre da solo, come se ci fosse un fantasma che si crede spiritoso. Abbiamo provato ad aggiustarlo, ma niente, si apre sempre. Ormai sono due o tre anni che lo lasciamo aperto. 


Durante questi due mesi, io, Dan e Luca partiamo per Becket il giovedì pomeriggio: Dan aveva tanti giorni di vacanze arretrate che avrebbe perso e, per cui ha deciso di non lavorare i venerdì dei mesi di febbraio e marzo. Sofia e Emma, invece, stanno sempre a Cambridge, perché Emma lavora e Sofia pur di non venire con noi si inventa un sacco di impegni.


Abbiamo notato, ma questo già da tempo, che quando siamo a Becket Luca diventa particolarmente ossessivo nei miei confronti. In parte credo che sia dovuto al fatto che la casa è piccolina, e la sua stanza è sullo stesso piano della sala, per cui non deve neanche fare la fatica di andare su e giù per venire da me. In parte, credo, si annoia: appena si sveglia alla mattina (spesso verso le quattro emmezza o cinque), vuole andare a fare un giro in macchina. Insiste finché uno di noi lo lava, lo veste, gli prepara la colazione e gironzola in macchina per le stradine che arrivano fin su in cima alle colline o tra i paeselli piccoli e pittoreschi del New England, che saranno anche carini ma a noi escono dagli occhi.


Se poi andiamo il giovedì pomeriggio, ora di sabato stare con Luca è un incubo: è sempre più annoiato e sempre più ossessivo. Non mi lascia un attimo in pace: dico solo che l’altro giorno ero in bagno a far pipì (anche quella porta è rotta: non si chiude a chiave), e Luca si è venuto a sedere in braccio a me. Per dire il poco spazio che mi lascia anche al cesso. Mi tocca i capelli costantemente, mi tira pugni in testa, mi mette le mani sotto la maglietta, mi strappa gli occhiali dalla faccia, mi chiede di abbracciarlo tipo 45609873 volte, che le prime due dici caro, ma poi diventi insofferente. 


Sabato pomeriggio, dopo un lungo viaggetto in macchina e una bella camminata, siamo tornati a casa. Dan era stanco, anche perché ci si sveglia sempre così presto, e si è coricato per un pisolo. Io stavo cominciando a organizzare da mangiare (avevo deciso di fare la torta verde, che è facile ma lunga da fare) e Luca sempre addosso, sempre, sempre. Ad un certo punto gli ho detto: “Ma sai che c’è, Lucaccino mio? Da adesso basta: non sei più tu a decidere se toccarmi e picchiarmi quando vuoi. Da adesso decido io!”. Così gli ho detto, ma lui mi ha guardato, si è messo a ridere e mi ha tirato i capelli. 

Ho messo a punto una strategia: “Se mi tocchi, ti tolgo l’iPad!”, gli ho detto. E lui, ovviamente, mi ha toccato. Gli ho spento l’iPad e gli ho detto di farsi il letto. Ha bisogno di una mano, ma se l’è fatto e io ho riacceso l’iPad. Dopo tre minuti, mi è venuto ancora vicino: “Se mi tocchi, te lo tolgo!”, e lui, ovviamente, mi ha toccato. Stessa solfa: via l’iPad, lo obbligo a fare qualcosa e poi può riascoltare la musica. Insomma, dopo mezz’ora aveva: 

piegato il suo bucato (male, ma l’ho aiutato), 

apparecchiato, 

spazzato il pavimento della cucina, 

messo via i suoi vestiti puliti, 

girato le zucchine che stavano rosolando. 

Tutto con il mio aiuto, s’intende.

Ma poi, dopo tre o quattro ore, ha smesso di toccarmi. “Ricordati, se mi tocchi, te lo tolgo!”, gli dicevo appena si avvicinava a me. Lui tirava indietro la mano all’istante. Da allora, se mi tira i capelli, se mi da un pugno in testa, se mi tocca, non faccio che togliergli l’iPad e fargli fare qualcosa.

La mia vita è cambiata. Non mi fa più male la cute da quanto mi tira i capelli, non ho più graffi sulle braccia che mi fa quando mi stringe troppo, niente pugni, niente di niente. Mi chiede di essere abbracciato meno, e quando lo chiede poche volte dico sempre di sì.


Mi ero talmente abituata ad essere menata da mio figlio, che mi sembrava fosse la normalità. Mi aspettavo che ogni volta che si avvicinava a me, mi menasse. Ormai quasi non ci facevo neanche più caso. Come la porta del terrazzo o quella del bagno di Becket. Solo che ho dovuto tirare fuori la poca pazienza che ormai ho, soprattutto in questi giorni di lutto, e ripetere per ore e ore la stessa solfa. Ma i risultati ci sono e sono enormi. Adesso stare con Luca è diventato molto più piacevole anche per lui, perché credo che le ossessioni siano terribili da vivere. 


E comunque, domani chiamo il fabbro.

Commenti

  1. Complimenti. Un articolo che offre grandissimi spunti di riflessione e risvolti pratici.

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