Un'illusione che dura poco
Dopo quindici anni, ho risentito Victoria Offredi.
Sua mamma, Serafina, era la migliore amica di mia nonna Vera. Sono cresciute in un paese di confine, Bordighera, tra la prima e la Seconda guerra mondiale, e facevano le babysitter alle famiglie inglesi che venivano in villeggiatura. Hanno riso moltissimo, nella loro vita: ridarola fissa per anni e anni.
Poi, una famiglia inglese chiese a mia nonna di andare in Inghilterra per fare la nanny a tempo pieno, ma Vera era troppo attaccata ai suoi fratelli e ha declinato l’invito, suggerendo però il nome della sua migliore amica, che invece, spirito avventuriero, ha lasciato tutto e ha seguito la famiglia inglese.
Nel frattempo, è scoppiata la Seconda guerra mondiale, e Serafina ha deciso di rimanere dov’era ormai da qualche anno. Ha incontrato un italiano e insieme hanno aperto una scuola di lingua in un paesino, Herne Bay, a sud di Londra.
Negli anni, Vera e Serafina sono sempre rimaste migliori amiche, e passavano le estati insieme a Bordighera con le loro famiglie. Mia mamma e mia zia Milena erano un po’ più grandi di Victoria, ma erano diventate amiche anche loro.
Poi sono passati settemila anni. Victoria nel frattempo ha sposato Marc, un italo americano ed è venuta a vivere negli Stati Uniti. La famosa telefonata che fece a casa nostra, quando io avevo diciotto anni, per chiedere chi di noi volesse andare un anno negli Stati Uniti a fare la babysitter ai suoi due figli, è quella che mi ha cambiato per sempre la vita. Sono andata da lei, ho conosciuto Dan e the rest is history, come si dice da queste parti.
Come Serafina, anche io sono poi rimasta qui, ho lasciato tutto dall’altra parte dell’oceano e, spirito avventuriero o cuore pieno d’amore, sono rimasta.
Per nessun particolare motivo, io e Victoria non ci siamo più sentite, anche se il periodo passato da lei con i suoi due bimbi è stato il più decisivo della mia vita.
L’altro giorno, su Facebook, vedo che Giovanna Bellesia, docente di italiano a Smith college, quello frequentato da Sofia, e Victoria, che per anni è stata anche lei docente di italiano nello stesso college, presentano un libro tradotto da loro.
Siccome, sempre grazie a Victoria, anch’io ho insegnato al college per un annetto, e conosco Giovanna, le ho subito scritto chiedendole di dare il mio numero a Victoria. Volevo sentirla, volevo soprattutto dirle che la sua amica Franca (che lei chiamava Franchina) è morta a Capodanno.
Tutto questo per dire che sabato, dopo quindici anni, ho risentito Victoria Offredi.
Quando abbiamo cominciato a chiacchierare, ero emozionata. La cosa che mi piaceva di più, oltre che risentire la sua bellissima voce e rivederla, è stato che almeno per i primi dieci, quindici minuti, lei ancora pensava che mia mamma fosse ancora viva. Per lei non era cambiato niente: la sua Franchina era a Milano, nel suo appartamento, a fare la stessa vita di sempre, con Milena, con le loro partite a carte, con le loro chiacchiere e le loro risate.
L’ho invidiata tantissimo. Anch’io avrei voluto essere come lei: convinta che non fosse successo niente. Avrei voluto dirle che la Franchina sta benone, che ha una routine tranquilla, con Milena. Che ridono sempre, che si vedono sempre. Che anche se ha avuto qualche acciacco, stava invecchiando bene. Insomma, le cose che avrei detto se non fosse successo niente. E lei ovviamente ci avrebbe creduto. Avrebbe detto che era contenta, che la prossima volta che va a Bordighera cercherà di passare a salutarla. “In che spiaggia va? La solita?” Sì, avrei risposto. Quella di sempre. E poi avremmo continuato a chiacchierare: io di Luca, Sofia e Emma e lei di Nicholas con le sue due bambine, e Alexa, che è avvocatessa a New York. Ci saremmo raccontate i nostri ultimi quindici anni. Avremmo poi concluso con la promessa di vederci presto.
E niente, per un attimo ho addirittura pensato di fare così: di dirle che andava tutto bene, per vivere almeno per una mezz’oretta l’illusione che mia mamma sia ancora viva e vegeta, a fare le cose che ha sempre fatto. Ma la cosa incredibile, invece, è che la sua Franchina non c’è più. Sono passati quasi tre mesi e ancora è incredibile.
Poi invece le ho detto l’accaduto, e lei ha fatto un’espressione con il viso di tristezza, incredulità, malinconia. “Cosa?!?”, mi ha risposto con la voce sorpresa e un po’ rotta dalla botta. Ecco, adesso è come me: adesso anche a lei non sembra vero; anche lei ha questo vuoto nel cuore.
Un altro pezzetto della sua vita che non c’è più.
Riesci a regalarmi sempre prospettive alternative. Dani
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