Beppe Viola's whiskey


 


Non credo di essere la sola a dirlo, ma ho sempre avuto la sensazione che quando si cresce con un genitore conosciuto al pubblico, alcune delle persone che sono amiche lo siano anche per questo. Anche quando, come nel mio caso, il genitore non c’è più da anni. Non so se le mie sorelle la pensano alla stessa maniera, ma a volte ho davvero la netta sensazione che il mio cognome arrivi prima di quello che sono io. Forse sono paranoica, non so.

Quando sono venuta ad abitare in America, una delle tante cose che mi aveva colpito fu proprio questo anonimato: nessuno qui sa chi fosse mio padre, per cui non ho mai avuto dubbi sulla sincerità dell’affetto. Poi, con il tempo-sono qui da trent’anni-anche i miei amici americani hanno scoperto che mio padre in Italia era conosciuto, ma è sempre stato una specie di pettegolezzo o un “Ma guarda! Non lo sapevo!”.

 

Qualche mese fa ricevo un messaggio da Dmitri, che conosco da quando avevo diciannove anni. Io e Dmitri siamo sempre rimasti particolarmente uniti: quando siamo andati a vivere a Brooklyn, per esempio, lui viveva nell’appartamento sotto di noi e praticamente eravamo sempre insieme. È venuto a Milano, ha conosciuto la mia famiglia, io conosco bene la sua: i suoi fratelli, le sue sorelle, i suoi genitori strani. 

 

Beh, mi dice di aver fatto un sogno strano. Era in un negozietto dell’antiquariato in un paesino vicino a Becket e su uno scaffale in fondo vede una bottiglia di whiskey vecchia, impolverata. La apre e ne beve un sorso, ma poi guarda l’etichetta su cui c'è scritto Beppe Viola’s whiskey e si sente tremendamente in colpa per aver aperto qualcosa che temeva fosse preziosa, da tenere da parte. 

 

Quando me lo ha raccontato, ho riso molto, perché è un sogno talmente assurdo! E poi, mio padre è una figura talmente lontana da qui, dal  mondo di Dmitri, dal suo quotidiano. Infine, nessuno dei miei amici ha mai parlato di mio padre, tanto che non sapevo neanche che sapessero il suo nome. Insomma, ci siamo tutti fatti una bella risata.

 

Qualche tempo dopo era il mio compleanno. Io e Dan siamo riusciti a passare il fine settimana da soli a Becket, grazie a Emma che per regalo aveva tenuto Luca. È stato molto bello perché abbiamo fatto tutto quello che non possiamo mai neanche immaginare quando siamo con Mister Shmoo: siamo andati a un museo, siamo andati con il kayak al lago, siamo andati ben due volte al ristorante. E siamo anche andati in moto in un negozio enorme di antiquariato a North Adams, un paese a un’oretta da Becket. Lì Dan riceve un messaggio e si mette a ridere. “Cosa?”, gli chiedo. Niente, risponde. Dopo le mie infinite insistenze, mi dice che è un regalo che qualcuno mi fa e che porterà alla festa.

 

La festa: questo è stato il quindicesimo anno che facciamo una mega festa a Becket, che dura due giorni; anzi, adesso un po’ meno perché siamo tutti un po’ invecchiati. Ma fino a qualche anno fa, il prato davanti a casa si trasformava in una tendopoli, e la musica andava avanti fino a notte inoltrata. La festa di Becket è ormai diventato un appuntamento annuale per gli amici che non si riescono mai a vedere, un po’ perché viviamo tutti in posti diversi e un po’ perché siamo presi tra figli, lavori, genitori anziani e via dicendo. Ogni anno, io e Dan compriamo un grosso barile di birra, della carne da fare alla brace, e tutto l’occorrente per sfamare almeno una trentina di persone. La sera finisce quasi sempre che i nostri amici musicisti (che sono tanti) tirano fuori i loro strumenti e si canta tutti insieme. La considero una delle giornate più belle dell’anno. 

 

Da quando Dan mi ha detto che avrei ricevuto un bel regalo, mi sono fatta mille film: per farmi una sorpresa arrivano le mie sorelle; arriva il Giorgio; arriva il mio amico Kevin dal New Jersey. Curiosa come sono, le ho pensate tutte. Poi è arrivato il giorno fatidico della festa, a metà agosto. 

 

A poco a poco sono arrivati tutti gli amici, chi da vicino chi da lontano e che, come ogni anno, preparano qualcosa da portare: chi l’insalata, chi del vino, chi degli antipasti, chi il dolce, chi i formaggi. Quando sono arrivati Dmitri, sua moglie Rebecca e loro figlio Sam, hanno portato due cocomeri enormi appena raccolti dal loro orto. Baci, abbracci. Poi Dmitri, un po’ ridendo, mi ha dato il suo regalo: una pregiata bottiglia di whiskey a cui aveva attaccato l’etichetta Beppe Viola, con tanto di foto di mio padre.

 

Risate a parte, mi sono commossa molto. Sarà stata la foto di papà in un momento in cui a lui proprio non pensavo, sarà stata l’incredibile dolcezza e simpatia di Dmitri. O forse l’alcool che ormai mi girava in corpo. Quasi sicuramente, la vecchiaia. Fatto sta che una lacrimuccia è scivolata sulla guancia sinistra. Dmitri mi ha dato uno dei suoi famosi abbracci lunghi, dolci, pieni di amicizia e poi la festa è davvero iniziata.

 

È stato un giorno bellissimo.



PS Come notate dalla foto, lo whiskey mi è piaciuto molto e l'ho già quasi finito.

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