Quarant'anni senza papà
Dopo la morte di nostra mamma, io e le sorelle abbiamo preso la decisione più difficile della nostra vita: vendiamo la casa che ha raccolto sotto lo stesso tetto tutti e sei per cinquantaquattro anni. Abbiamo dunque cominciato ad aprire cartellette, scatole, plichi e documenti per decidere cosa tenere e cosa buttare. È straziante, l’ultimo atto del lutto, l’ultima parte di tutti e noi sei insieme che svanisce.
L’altro giorno, svuotando uno scatolone, io e Anna abbiamo trovato delle bellissime diapositive di papà. Nessuno di noi le aveva mai viste e sicuramente mia madre se le era dimenticate proprio lì, tra centinaia di articoli che quarant’anni fa annunciavano la morte di nostro padre.
Sono immagini scattate velocemente una dopo l’altra che a vederle in fretta potrebbero diventare una sequenza di un film. Era in un ufficio, chissà dove, chissà quando. Indossava una giacca grigia, una camicia bianca sbottonata in alto e la cravatta allentata scura. I capelli ricci e relativamente folti erano tutti in disordine. E sul polso destro spunta l’orologio. Il famoso orologio.
Il fatto di averle scoperte mi spinge ad illudermi che lui, in qualche modo, sia ancora qui, a mostrarci piccoli momenti della sua vita, piccole emozioni. È come se quelle fotografie, in qualche modo, fossero state scattate la settimana scorsa. Una coincidenza strana, una sorpresa toccante.
In queste settimane sono stata qui, nella nostra casa, da sola. Mi sono fatta promettere da mia mamma e mio papà, che svolazzano per il corridoio, di non farmi spaventare con rumori strani e via dicendo. Mi hanno ascoltata, a parte l’altra sera che ho sentito chiaramente il clic dell’interruttore della luce. Ero a letto e di colpo mi sono seduta e sono stata immobile per un po’, per capire se fossero ladri o i miei genitori che mi prendevano in giro.
Li sento volare qua e là, e me li immagino anche loro dispiaciuti che questa casa non sarà più nostra. Dovranno anche loro traslocare, trovare un altro posto in cui danzare e osservare. Commentare. O chissà, magari rimarranno qui, nei muri, tra le fessure del parquet, dentro un’anta, o in terrazzo. In ascensore.
Tra qualche giorno si festeggiano i quarant’anni dalla morte di mio padre. In realtà non c’è niente da festeggiare; sarebbe stato molto meglio se fosse ancora qui con noi. Sono usciti su tanti giornali articoli pieni di ricordi, di affetto e di ammirazione nei suoi confronti. C’è ancora così tanta gente che gli vuole bene che mi sento come disorientata di fronte a tanto apprezzamento. Malgrado ne siano passati già quaranta, di anni, è la prima volta che lo si ricorda con tanta gioia, ma senza la mamma. A lei piaceva tanto quando si festeggiava il suo Peppi, era fiera, orgogliosa di quel faciun de tromba che aveva cominciato ad amare centomila anni fa.
Lunedì ci sarà una serata dedicata al lavoro di papà, al suo modo buffo e straordinario di osservare e descrivere il mondo. Ci saranno amici, colleghi, cantanti, giornalisti, autori che da così tanti anni lo cercano, magari in una frase scritta, dietro un punto e virgola, in un'espressione del viso buffa fatta spontaneamente durante un'intervista.
In sala ci saranno cinquecento spettatori, più mia mamma e mio papà, che ondeggeranno nell’aere, né ridendo, né scherzando.
Non ho mai conosciuto il tuo papà (sono di Reggio Emilia, nato nel 1965, era tecnicamente molto difficile che ci incontrassimo) ma appartengo al gruppo di persone che gli vuole ancora bene. Auguri per la serata a teatro, non ci sarò fisicamente, ma con il cuore. Tante buone cose
RispondiEliminaSono tuo coetaneo e il tuo messaggio potrei averlo scritto io. Lunedì sera ci sarò, non sono un addetto ai lavori ma sono stato un ragazzino che faceva i rinvii alla "viva il parroco"
EliminaL'ho conosciuto attraverso i suoi servizi sportivi, le sue canzoni, il cinema (Romanzo Popolare) i suoi articoli (Linus). Se, per un certo periodo di tempo ho pensato di fare il giornalista (sono guarito presto) è stato anche per lui e quelli come lui. Che se ne sia andato troppo presto è una tragedia e una profonda ingiustizia. Per voi soprattutto, ma anche per quelli che...come me non vedevano l'ora di leggerlo o di ascoltarlo. Sono sicuro, come diceva Jannacci, che non voleva salutare nessuno..
RispondiEliminaMi è sempre piaciuto tanto. Che fine ha fatto il documentario " Quelli che Beppe Viola"?
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