Quando finisce un amore

 







Ieri ho telefonato a Milena, mia zia e sorella di mia mamma. Avevo messo il telefono in viva voce perché ero con Luca e mi servivano tutte e due le mani per aiutarlo a trovare un video su Youtube. Milena ha sentito che era vicino a me e gli ha detto: “Hello sweetie!”. Il viso di Luca si è illuminato di una gioia che non vedevo da tempo. Quando abbiamo messo giù, ha cominciato a dire Hi sweetie! Toy! Nonna Franca!

Il suo è un linguaggio semplice, ma complesso. Sweetie è il termine che usava mia mamma quando stava con Luca; toy è un gioco che Luca ha amato moltissimo e che era a casa della mamma: significa ‘casa della nonna’. Per tutta la sera non ha fatto che ripetere queste parole. Quando Dan è tornato da Becket, dove ha passato un paio di giorni da solo, Luca gli ha subito detto di aver sentito la nonna Franca. 

 

Quello che era routine, si è trasformato in assenza, in malinconia. Quando mia mamma parlava con Luca al telefono, Luca era felicissimo, entusiasta. Poi, senza capire perché, quella routine è sparita dalla sua vita. Non ha abbastanza parole per descrivere ciò che lo fa stare bene o male; ciò che gli manca o che lo infastidisce. Poi certo, alcune emozioni sono facili da mimare, per cui quando è felice ride, quando è arrabbiato se ne va di corsa in camera sua. Ma quelle più sottili, quelle che riescono ad entrare nei meandri delle nostre vene, quelle no, non riesce a descrivere. A meno ché succeda che sente la voce di Milena, per esempio, e pensa che sia la nonna Franca. Dal suo entusiasmo si capisce che gli sono mancate queste telefonate e che finalmente la nonna si è degnata di chiamarlo. 

 

Tutto ciò  dentro di me provoca un uragano di emozioni. La prima è di una specie di felicità per Luca: per lui non è successo nulla, la mamma è ancora lì, il suo giocattolo anche, e la casa della nonna, di cui ama l’ascensore, l’aspettano. Questa felicità si trasforma velocemente in terribile tristezza, perché Milena non è la mamma, perché Luca non ha capito che la nonna non c’è più, perché le illusioni hanno sempre il sapore amaro della tristezza, dell’impossibilità di comprendere e fare propria la realtà. 

 

Stamattina mi sono svegliata e dentro di me ho sentito un vuoto terribile, come se non avessi più gli organi interni: spariti il cuore e i polmoni, lo stomaco e il fegato. Mi sentivo fatta di testa, collo, braccia, gambe e piedi. Nulla di mezzo. Ho provato a cacciare questa strana sensazione ignorandola. Ero davanti al mio caffè alle sette emmezza, come tutte le mattine, e leggevo la Repubblica mentre aspettavo che Emma fosse pronta per accompagnarla a scuola. In macchina con lei, non sono riuscita a parlare. Emma temeva che io fossi arrabbiata con lei, ma era solo che, oltre a non avere cuore o polmoni, non avevo neanche le corde vocali. Ci siamo salutate davanti a Starbucks, dove va a fare colazione e sono tornata a casa. Anche Dan mi ha chiesto cosa avessi. “Niente”, ho risposto, pensando che a volte è più facile così. “Anzi, no. Mi sento profondamente sola, vuota dentro. Mi sento di non avere nulla da fare, nulla su cui lavorare per raggiungere chissà quale obiettivo”. Mentre parlavo capivo che neanche queste parole descrivevano quel momento. Sono tornata a letto e ho dormito fino a mezzogiorno, sperando che rialzandomi mi sarebbero ritornati tutti i miei organi interni. Ho fatto la doccia, ho portato i cani a fare una bella passeggiata e sono tornata che piangevo senza neanche essermene accorta. Dan mi ha guardato e mi ha abbracciato. “What’s wrong?” 

 

Cocciante ha scritto esattamente what is wrong, cosa provo quando penso alla morte della mamma. Rasento il patetico ormai e un po' me ne vergogno, eppure 'Quando finisce un amore così com'è finito il mio, senza una ragione né un motivo, senza niente, ti senti un nodo nella gola, ti senti un buco nello stomaco, ti senti vuoto nella testa e non capisci niente.

E non ti basta più un amico, e non ti basta più distrarti, e non ti basta bere da ubriacarti, e non ti basta ormai più niente, e in fondo pensi, ci sarà un motivo e cerchi a tutti i costi una ragione, eppure non c'è mai una ragione

perché un amore debba finire. Naaana nana, naaana nana.. (scusate anche se da adesso la canticchierete tutta la settimana).

 

Non so da cosa sia nata questa tristezza, se si tratta della reazione di Luca di ieri, o forse del fatto che non ho più la mamma da chiamare quando succede una cosa bella o anche una cosa brutta. Racconto a Milena che Sofia ha ricevuto un invito a un colloquio dall’università dove vuole fare il dottorato e che sono fiera di lei; che Emma ha avuto un aumento di stipendio al lavoro; che Luca continua ad avere crisi epilettiche ogni due settimane e che non ne posso più di tutta quest’ansia, di traumi, di cose più grande di me che devo affrontare ogni cazzo di giorno. Lo racconto a lei e lei reagisce come sua sorella: brave le ragazze, vedi che ci sono anche delle belle notizie? Mi spiace molto per Luca ma vedrete che riuscirete a trovare una soluzione. Anche Milena ha un figlio disabile, e i nostri sfoghi sulle vite complicate che siamo costrette a fare sono sempre molto simili, pieni di rassegnazione e di incazzature per mancanza di supporto, di servizi adeguati. 

 

Racconto a lei tutte queste cose perché Milena è la persona che più assomiglia alla mamma, e anche se sono sempre contenta di condividere con lei, non è come parlare con la mamma. Quel tipo di condivisione è ormai un passato a cui non ho più accesso. Si è buttata via la chiave di quella porta.

 

Invidio molto Luca, che è felice di sentire nonna Franca al telefono e che riesce a non capire la gravità della situazione. 



Nella foto, Milena e mia mamma.

Commenti

  1. Incredibile.... Da quando è mancato mio papà (sono già passati 20 anni, ma a me sembra ieri), tutte le volte che ascolto quella canzone di Cocciante, mi trovo a pensare che è proprio così che mi sento, perché è vero che non c è mai una ragione perché un amore debba finire..... Bella la foto di Milena e Franca (con il suo sorriso unico).
    Paola M.

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