You are crazy, mamma!








Ultimamente vivo dei momenti di profonda tristezza. Non so se si tratta di solitudine, malinconia, depressione o chissà. È per questo che da qualche giorno ho deciso di prendermi cura di me in modo più costante. Invece di andare a letto alle due, invece di bere sempre un po’ più del dovuto, invece di cazzeggiare, la nuova regola è di andare a letto con Dan, che alle dieci emmezza crollasse il mondo deve essere sotto le coperte. A quell’ora non ho molto sonno, ma leggo per un’oretta o fino a quando mi si chiudono gli occhi o mi accorgo di rileggere la stessa frase tre volte. 

Ho seguito la mia routine senza sgarrare per tre giorni, ma l’altra sera quando c’erano i Golden Globe, di cui non me ne frega niente, Dan religiosamente mi ha dato la buonanotte alle dieci emmezza e io, promettendo di arrivare dopo un po’, sono stata sveglia fino alle due passate. Ieri mi sono alzata che ero estremamente demoralizzata: cazzo, mi dico, non riesco a essere consistente per più di tre giorni? Devo davvero avere il carabiniere (Dan) che mi obbliga ad andare a letto presto? Perché mi faccio del male da sola? Insomma, tanti pensieri.

 

Ho passato la giornata a guardare video su youtube su come fare a maglia le calze, su come proseguire con lo scialle che sto facendo. Poi sono andata a riposare (da cosa?!?) per due ore. Al risveglio mi sono seduta sul divano in sala, con un cane alla mia destra e uno alla mia sinistra, ho ascoltato un libro su Audible e ho lavorato a maglia. D’un tratto erano le cinque emmezza, ho cercato di capire cosa preparare per cena, sono andata a fare la spesa e ho cucinato. Nei lunghi tempi morti di ieri pensavo che se il mio lavoro è scrivere, è anche vero che nessuno se ne accorge se per due mesi non apro il computer. A parte la rubrica  settimanale su La Stampa e qualche articolo qua e là, nessuno aspetta che io finisca di scrivere il libro su cui sto lavorando adesso, che tra l’altro è complesso e mi riempie di dubbi. Certe volte rileggo le pagine scritte e mi sembra vadano bene, altre volte invece pare che sia tutto un casino e dovrei ricominciare da zero. Non riesco a essere motivata, a seguire una routine, a sedermi alla scrivania e concentrarmi. E comunque, mi dicevo, il mondo è pieno di libri…anche se non esce o se uscisse tra due anni chi se ne frega? Insomma, mi sono fatta molta pena, mi sono sentita povera stèla da sola.

 

Ieri sera ero a letto alle dieci e ventisei. Dan aveva già spento la luce, io mi sono aperta il libro e ho acceso la mia lucina. Sto leggendo La Storia, di Elsa Morante, che mi piace moltissimo (Useppe for president!). Stamattina alle sette e venti facevo il caffè e aspettavo Emma che finisse di prepararsi per portarla a scuola. 

 

Di solito, quando siamo in macchina, io e lei, impastate ancora di sonno, ci diciamo sempre le stesse cose. Le faccio le solite domande sulla giornata che sta per affrontare, tipo cosa non vede l’ora di fare, e la risposta è sempre la stessa: non vede l’ora che suoni la campanella d’uscita. Al ché le rispondo sempre che deve trovare qualcosa di positivo in ogni giornata altrimenti non passa più, e lei risponde ok, ok, come a dire minchia mamma dici sempre le stesse cose. 

 

Stamattina è stata lei a chiedermi come sto. Le ho raccontato di ieri, che ero molto giù e che ero arrivata a pensare che scrivere non ha molto senso. “Tanto che io scriva o no non fa nessuna differenza”, le dicevo. “It’s not true!”, mi ha risposto, mentre si metteva il rimmel. “Per esempio, io voglio che tu scriva, mi fa piacere per te perché so che ne trai soddisfazione. Poi ci sono tante persone che ti seguono sul blog e leggono gli articoli che scrivi. Scommetto che per loro sarebbe triste se tu scomparissi dalla scena”.

 

Il suo pensiero è arrivato inaspettatamente. Con una frasetta buttata lì, ha spezzato il guscio dentro cui mi ero accucciata ieri e mi ha ricordato che il mio contributo è comunque valido. Ma soprattutto, sono rimasta felicemente sorpresa dalla sua maturità. Mi sono accorta che stavo sorridendo. 


“Ma sai che non avevo pensato al fatto che i mie scritti possano far piacere a qualcuno?” 

“You are crazy, mamma!” 

 

Ieri ero demotivata, triste, sola e malinconica, forse depressa, chissà. Oggi la mia ragazzina sedicenne, con il suo trucco e le sue unghie lunghe, finte e applicate sulle sue, che sono molto più belle, mi ha ricordato che quello che faccio ha comunque un valore. È come se mi avesse dato un calcio in culo e mi avesse detto: basta piangerti addosso! Vai a casa e scrivi!

 

Seguo il suo consiglio e scrivo.

Commenti

  1. Sono totalmente daccordo con Emma. Non smettere mai di scrivere. Comunque hai descritto un mood che mi coglie spesso in questo periodo. Grazie di tutto

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  2. Scrivi, Scrivi. Noi ti leggiamo sempre

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  3. Io per esempio da quando ti ho scoperta, ormai sono 7-8 anni, ti seguo costantemente sul blog. Mi piace il tuo stile semplice e diretto, non ci sono molte voci come la tua in giro. Sei forte. Un caro saluto e alla prossima!

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  4. Si, confermo, continua a scrivere, riesci ad esprimere i tuoi stati d'animo senza giri di parole e si capisce quello che senti tanto da far venire voglia di abbracciarti. A proposito io seguivo sempre USA CON CAUTELA con te e Federico Bernocchi e mi mancate molto...

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  5. Ha ragione Emma. Grande Emma. Viva Emma! Molti blogger sono spariti dalla scena negli ultimi anni e la tua è una voce così limpida e cristallina che sarebbe un vero peccato non leggerti più o leggerti molto meno. Comprendo i tuoi momenti, io adesso ti sto scrivendo dall'ufficio, incapace di dare ordine e priorità a tutto quello che devo fare. A volte è dura. L'autodisciplina, questa semi - sconosciuta. Dani

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  6. Io vengo sempre a controllare il blog per vedere se hai scritto qualcosa di nuovo perché è veramente tanto bello e arricchente leggerti.

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  7. Io ti leggo sempre molto volentieri,da anni!

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  8. non smettere mai di scrivere. Roberta

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  9. Scrivi molto bene e trasmetti emozione, quindi di sicuro devi continuare a scrivere. :) Agata

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