Un oggetto che ci manca - Giorgio Terruzzi

Ho chiesto ad alcuni amici di scegliere un oggetto che non c'è più e che a loro manca. Buona lettura!




Non so nemmeno dove sia finita. L’ultima volta che l’ho usata avevo una età più consona alla reazione, al giudizio sommario, alla presunzione di continuare a combattere per vincere qualcosa: un boero, una conferma, un ottimismo futurista. Scherzi dell’ideologia, si capisce. Dell’insofferenza, ecco. Tutta roba inutile. Come la rabbia. Intuisci, prima o poi e per fortuna, che da te viene, si alimenta, non da altri, da modi e toni insopportabili quanto la tua lentezza, la tua vecchiaia, la tua indisposizione. Talvolta, lo ammetto, sono stato tentato di riattivarla. Scandalizzato dall’arroganza del potere, della ricchezza, dell’indifferenza. Inorridito da ben altra violenza, sbalordito dalla pochezza. Povertà dell’anima, di una visione, di un altruismo di fronte alla povertà altrui, alla sofferenza altrui. Mi sono detto, fai meglio, fai da solo. Il conforto, alla fine, viene da piccoli gesti quotidiani, da sforzi senza ostentazione o premi, da un sonno guadagnato. Questo mi tocca e resta. Mi porta ancora, silenziosamente. Dunque, cosa me ne faccio di una vecchia, arrugginita ghigliottina?

Giorgio Terruzzi (giornalista, scrittore e rugbista)









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