San Valentino: un tipo in gamba

 





Pare che San Valentino, martire cristiano del duecentoequalcosa, fosse il guaritore degli epilettici e difensore delle storie d’amore. Diciamo dunque che personalmente, Valentino potrebbe essermi molto utile.

Guaritore degli epilettici. Non so cosa facesse per guarirli. Una volta un conducente di uno dei tanti pulmini di Luca, un certo Conrad, ci raccontò la storia della sua vita. Disse di essere stato militare in Italia (infatti mi diceva sempre l'unica parola che aveva imparato in italiano, e cioè “stigazz”), di aver poi vissuto ad Antigua, nei Caraibi, per vent’anni, dove era vicino di casa di Eric Clapton a cui costruì la casa. Disse anche che passò vent’anni in Cina a studiare la medicina orientale e, infine, ad insegnarla. Insomma, o era una persona con una fantasia pazzesca o, se è tutto vero, non mi spiego come fosse finito a guidare i pulmini per le persone disabili. Ma non sono affari miei.

 

Guai a dirgli di avere mal di testa: iniziava subito con dei massaggi strani, fatti sul cranio sulla soglia di casa, porta aperta, io in pigiama con temperature glaciali. Cominciava a premere una parte della testa e contare, di solito fino a dieci. Lo faceva tre volte e poi diceva: ecco, ti ho curata. Poi per settimane chiedeva: “Allora? Passato, vero?”. No, non passava, ma come dirglielo? Quindi avanti con molti complimenti: sei bravissimo, ma come fai?, roba del genere. Disse anche che i neurologi occidentali danno medicine per l’epilessia, ma che in realtà non servono: basta mettere due dita sul labbro superiore dell’epilettico e premere per dieci secondi (pare che i dieci secondi siano il tocca sano di tremila anni di medicina cinese…chi l’avrebbe mai detto!). Poi capitò che un giorno Luca ebbe una grossa crisi epilettica sul pulmino. Ma per fortuna, Conrad sapeva come fare: “È durata poco, perché ho fatto pressione! Funziona!”.

 

Tutto questo per dire che l’epilessia si può curare in diversi modi, e mi chiedo se anche Valentino facesse pressione con due dita su qualche parte del corpo o se avesse un suo metodo infallibile. Non lo sapremo mai.

 

Il santo è anche difensore delle storie d’amore, e penso che questo sia un titolo estremamente romantico, nobile e anche complesso. Nella mia storia d’amore, per esempio, sicuramente ci ha dato dentro: fidanzato in America, io a Milano, prima di Internet, prima dei telefonini, un amore troppo complesso per maturare. Una storia d’amore che ha avuto bisogno di essere difesa a spada tratta. Sono troppe le distrazioni a vent’anni: morosi nuovi, mancanza di soldi per venirci a trovare a vicenda, per non parlare dei 6,158.60 km di distanza. Anche il nostro Vale avrà sicuramente avuto momenti di sconforto, ma non si è mai dato per vinto, infatti eccoci qui, quarantaequalcosa anni dopo, ancora insieme.

 

Stamattina mi sono svegliata alle nove e sul tavolo della cucina c’era un mazzo di fiori, due pacchettini di cioccolato e un bigliettino d’amore: “Will you be mine for ever and ever and ever?”. Diciamo che la nostra storia d’amore è per Valentino come la Mona Lisa per Leonardo: la sua più grande opera. 

 

Per anni mia zia ha pregato a santa Rita, la santa delle cose impossibili. Le ha chiesto di tutto, tanto che alla fine si davano pure del tu. A parte il fatto che mi sa che la Rita sia andata in pensione, perché ultimamente non fa miracoli (mia zia ci ha pure litigato), ma tra lei e Valentino non c’è gara. Secondo me, dico.


(foto rubata su Google)

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