Vietato fumare






Sono giorni che mi chiedo come una persona possa sentirsi sola anche se sola non è.  

Ho la fortuna di avere accanto un uomo che se qualcuno cercasse di descriverlo  penserei che stesse esagerando. È bello, attento, intelligente, simpatico. Fa quasi sempre da mangiare e sempre la cucina; non ricordo di avere mai svuotato la lavastoviglie; porta  fuori i cani anche quando piove; dice di essere felice sono se lo sono io. Da quando c’è stato il Covid lavora da casa e stiamo insieme di più. Da quando Luca vive (felicemente) da solo, spesso io e lui passiamo i fine settimana in campagna, dove gli piace organizzare delle "sorprese”, come le due di questo sabato, quando mi ha portato a fare una passeggiata romantica in un viale pieno di fiori e la sera ad un concerto di rock and roll in un posto di quelli americani tutti di legno, dove mi sono fatta una canna con il bassista della band. Eppure, malgrado tutte le attenzioni e i vizietti, mi sento sempre desolatamente sola. 

È ovvio che non è la colpa di Dan.

Molto più probabilmente ha ancora a che fare con la morte di mia madre. Benché siano passati più di due anni, il dolore non si è ancora sopito. Ma non c'è solo la sofferenza della sua assenza: la sua morte ha marcato l’inizio di una frana distruttrice. 


Le mie sorelle ed io siamo certamente cambiate molto in questo periodo: il dolore attorciglia le membra e anche il cuore e anche il cervello. Se è vero che quando c’era nostra madre eravamo riuscite, anche grazie a lei, a convivere senza troppi ostacoli, è anche vero che nel momento in cui la sua mano ha mollato i quattro guinzagli, ci siamo trasformate in persone che non immaginavo fossimo. Parlo di tutte, ovviamente, me inclusa. Dunque, è facile pensare che una delle conseguenze della mancanza di una guida e della sovrabbondanza del dolore, sia il fatto che anche noi ci siamo perse. Perse in affronti, insulti, aggressioni verbali, cattiverie dette per il solo scopo di ferire. Non ci siamo comportate bene, nostra mamma non sarebbe fiera di noi. 


In questa specie di putiferio, abbiamo dovuto anche svuotare e vendere la casa in cui siamo cresciute, il guscio che ci ha accompagnato dalla nostra nascita. La vendita è stata ardua e complessa, e soltanto adesso, incrociando le dita, arriverà a compimento. Ma comunque sono iniziati i lavori per frazionarla e già non sembra neanche più casa nostra.

 

A fine maggio io e Dan veniamo a Milano e per la prima volta non avrò una casa mia. Una sera sto con mia sorella, ma poi abbiamo affittato un appartamento nella mia città, che adesso non ha più nulla di me. Sarà un viaggio complesso, per metà passato in Toscana e poi a Bordighera, dove c’è ancora una piccola casetta che era di mia mamma. Lì, sono sicura, troverò lei, i suoi odori, i suoi gesti mattutini e i suoi stracci della polvere. Ci vado anche per condividere con Dan il mio lutto, perché non eravamo insieme quando mia madre stava male, quando è mancata e quando abbiamo fatto il funerale. Penso che sia molto difficile non poter condividere un lutto nel momento esatto in cui succede, non poter provare davvero cosa significhi il non esserci ma più.

 

E forse è proprio per tutto questo che mi sento terribilmente sola: per aver perso tutto ciò che Milano è stata per me, compresi i rapporti intimi con la mia famiglia, compresi i muri che mi accoglievano stanchi la sera tardi. Un amico mi consola dicendomi che ci sono i ricordi, che quelli non mi lasceranno mai. È vero, ma con loro non posso parlare, non posso andare da loro a dormire.

 

Mi consolerà, questo è poco ma sicuro, sedermi su una panchina del giardino Beppe Viola a fumarmi una bella sigaretta (di nascosto perché è vietato). 


Lui c’era, e se c’era lui c’eravamo certamente anche tutte noi.

 

 

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