Generalizzare? Ma sì, dai








Inizio a raccontare questa storia partendo dal presupposto che le generalizzazioni sono deplorabili, ma che in parte sono spesso veritiere. Non è vero, per esempio, che tutti quelli che amano Giorgia Meloni preferivano i tempi in cui i treni sì che arrivavano in orario, ma non lo si può neanche negare completamente. Detto ciò, ecco la mia storia, probabilmente molto simile a tante altre (generalizzazioni a parte).

Io e Dan siamo nati in continenti diversi quanto le nostre famiglie. La mia, milanese e un po’ strana, non ha mai temuto scontri su opinioni diverse, anzi. Io e le mie sorelle a volte litighiamo ancora adesso perché interpretiamo un evento in modo completamente diverso. Sono anche dell’idea che, malgrado litigare sia snervante, un confronto può essere utile per capire altri punti di vista che possono insegnare qualcosa. Se, dopo una discussione accesa, si traggono le conclusioni, capita spesso di dire, è vero, non ci avevo pensato. Non solo, mia madre, che è rimasta sola a gestire quattro figlie, non ha mai avuto nessun problema a sgridarci al grido di: “In queste quattro mura non vice la democrazia, ma la monarchia assoluta: io dico, voi fate”. Si è guadagnata senza troppa fatica il suo soprannome a botte di castighi: Cianciulli, per gli amici Ciancy, come la saponificatrice di Correggio.

Per Dan è stato diverso. Figlio di genitori plurilaureati, i miei suoceri erano persone estremamente calme. In casa loro non ho mai sentito litigare nessuno e ancora adesso Dan insiste a dire di non aver mai discusso animatamente con sula sorella o con i suoi. A tavola non si parlava molto. Io, che provengo da una famiglia in cui non si sta zitti un attimo, ero sempre un po’ imbarazzata dai quei silenzi, come se nessuno osasse dire qualcosa, per cui all’inizio del mio rapporto con Dan, cercavo sempre di riempirli, fino a ché una volta sua mamma mi disse che andava anche bene non parlare sempre andava. Non avevo ancora capito bene quali fossero le regole della sua famiglia e cercavo di compensare usando quelle della mia. Estremamente generosi, i genitori di Dan ci hanno spesso salvato da crisi economiche senza mai giudicarci, cosa che mia madre non avrebbe potuto permettersi di fare, essendo l’unica a lavorare. Non che mia madre non fosse generosa, ma lo era più con le azioni che con i soldi. Insomma, due famiglie molto belle ma agli antipodi.

Tutto questo per dire che, senza generalizzare troppo, io e mio marito siamo il risultato di questi due diversi modi di crescere e che a volte sono proprio queste differenze che ci tengono uniti: lui calmo, io sempre in ansia; lui razionale, io talmente impulsiva da essere quasi borderline; lui timido e io fin troppo socievole. Negli anni abbiamo trovato delle vie di mezzo tra le nostre diversità che ci hanno entrambi cambiati.

A volte.

Poi è successo che abbiamo avuto non uno, non due, ma ben tre figli e il nostro modo di essere genitori spesso è in contrasto. Pur di evitare litigate o possibili musi da parte dei figli, Dan è disposto a cedere quasi subito alle richieste dei ragazzi, grandi o piccole che siano. Risultato: mai litigato con i figli, mai messi in castigo.

Io, figlia della Ciancy, ho un approccio molto diverso. Benché combatta ogni giorno contro il mio istinto di diventare severa, alcune regole sono indiscutibili: si aiuta in casa, si studia bene, si è educati e rispettosi, si mangia insieme almeno una volta al giorno e, possibilmente, si trovano degli spazi per condividere i propri pensieri e i propri dubbi. I castighi sono rari ma si va fino in fondo: se la regola è di arrivare a scuola in orario (una regola che pare ovvia ma spesso non lo è), il primo ritardo costa 5 dollari, il secondo, 10, il terzo il ritiro della macchina per un giorno e così via. Non si discute: una volta fatte sapere le conseguenze, non si possono fare sconti. Scontri con i miei figli ce ne sono stati, a volte anche duri e non è morto nessuno. Nessuno ha deciso di scappare di casa e odiare per sempre quella stronza della mamma.

L’unico motivo per cui litighiamo, dopo cent’anni di matrimonio, è proprio riguardo queste cose. I figli ormai hanno 28, 25 e 18 anni per cui ormai è tardi per imporre regole, ma capitano spesso situazioni in cui è necessario reagire ad alcune azioni dei figli. La mia terapista ieri mi ha detto che non posso imporre a Dan di agire come agisco io e che è normale avere due punti di vista diversi. Ha consigliato di parlarne insieme prima di affrontare i ragazzi così che il messaggio sia unanime.

Ultima generalizzazione: non è vero che i terapisti hanno sempre ragione, ma li mortacci sua per essere stata dalla parte di Dan anche questa volta.


(Foto di Byrne Guarnotta, che enfatizza la bellezza straordinaria di Dan e i miei denti storti)








 

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