Sfogo contro l'autismo
+++ATTENZIONE+++
Se siete giovani genitori e avete appena scoperto che vostro figlio è autistico: NON LEGGETE QUESTO TESTO! RIPETO: NON LEGGETE QUESTO TESTO!
Eccomi, come sempre in ritardo di due giorni, a parlare di autismo, vsito che è (stato) il 2 aprile. Sono sempre le stesse cose, ogni anno: parole che poi domani saranno dimenticate fino all’anno prossimo.
Premetto di non averne voglia quest’anno, ma è un po’ come il Natale: cosa fai, non lo festeggi solo perché non ne hai voglia? Certo, non sono qui per festeggiare un bel niente, ma insomma, avete capito.
Rinnovo il desiderio già condiviso negli anni precedenti: sarebbe bello se la giornata per la consapevolezza dell’autismo un giorno potesse davvero cambiare effettivamente qualcosa. Per ora non mi sembra sia cambiato nulla, neanche Alessandra Locatelli, ministro della disabilità da anni, che non sembra essere particolarmente interessata a quelli che sono i bisogni delle famiglie con diversità fisiche o intellettuali. I problemi se li risolvono ancora i genitori, che sono lasciati soli, senza neanche la possibilità di offrire ai propri figli un futuro dignitoso.
Inoltre, ricordo che, benché avere un figlio autistico abbia certamente dei lati positivi, l’autismo è una delle condizioni più difficili con cui vivere. Non necessariamente per le persone con un cervello diverso dal nostro. Sono certa che Luca sia a proprio agio con i limiti che la sua condizione gli impone. È riuscito a trovare ciò che lo rende felice, è dolce e affettuoso, bello come il sole, è capace di adattarsi in modo meraviglioso a qualsiasi cambiamento della sua vita, sia semplice (imparare ad usare un Kindle dopo aver sempre usato un iPad), che a situazioni ben più complesse, come andare a vivere da solo. Ogni volta mi stupisco della sua forza e del suo buon umore. Sono contenta per lui. Le sue qualità gli serviranno più volte nella vita. Avviso i lettori, però, che questa volta invece di sottolineare i lati positivi dell’autismo, e siccome mi girano molto le palle, ho deciso di scrivere uno sfogo, che tanto mi serve per non diventare pazza.
Vado? Vado.
L’autismo è più spesso che no una merda per chi lo subisce. È una trappola in cui si rimane incastrati, senza la possibilità di scappare. È un po’ come la goccia cinese che cade sulla testa sempre, e che alla fine distrugge il cervello. L’autismo per chi lo subisce impone di vivere una libertà molto ristretta. Libertà minima di lavorare tranquilli, libertà limitata di avere amici e di socializzare. Libertà limitatissima per quanto riguarda la tranquillità. Noi genitori viviamo con l’incubo che i nostri figli si possano perdere, si possano buttare in un lago e morire, che attraversino la strada e che una macchina li sfracelli. A quello si aggiunge l'incubo che qualcuno non li rispetti e che non tenga a cuore la loro dignità. L’autismo limita il rapporto dei genitori con gli altri figli, perché manca sia il tempo che l'energia. Sconvolge il rapporto di coppia, perché non è un’emergenza, non è più una priorità. I genitori di persone autistiche vivono con l'incubo costante di mandarli a vivere da soli, o l’incubo del dopo di noi quando invece decidiamo di tenerceli sempre a portata di mano. Sono paure che si possono vedere negli occhi di noi genitori, le si sentono nell’aria, le si tagliano con un coltello. Per non parlare dei sensi di colpa: decidere per loro, avere il terrore di sbagliare, di non averli capiti. L’inquietudine di non poter sapere dal loro se stanno male, se sono tristi, se, se, se… Questi pensieri, queste paure sono negli anni diventati parti di noi, che da quando sono nati, ogni munito di ogni giorno danno ritmo alle nostre vite, o ciò che rimane di noi. La sensazione è che si passi da un trauma all'altro tanto velocemente che non c'è possibilità di ricaricarsi, di sedersi un attimo.
Sto certamente parlando dell’autismo di mio figlio, che è a basso funzionamento. Negli anni, 28, sono diventata il suo linguaggio, lo traduco per gli altri, li aiuto a capire cosa vuole, come appagarlo, come capirlo e ascoltarlo. Questo capita solo quando lo capisco, perché molto spesso non ho la più pallida idea se ha mal di denti, mal di testa, una vescica sul piede, se gli sta per arrivare una di quelle crisi epilettiche che ieri ci ha trattenuti al Pronto Soccorso per ore e ore. Anche quando sta bene, quando so che è contento sono colma di preoccupazione per lui.
Ieri, quando è ritornato a casa sua, ho pianto, perché ho sentito asfissiante la sensazione di aver aggiunto un’altra preoccupazione a quelle, come dire, quotidiane: l’ansia di aver fatto la scelta giusta quando è andato a vivere fuori casa, il timore che qualcuno lo possa portare a fare una passeggiata e per un secondo solo si distragga, lo perda, che non si trovi più, che si faccia male o peggio. Questi sono gli incubi, come dire, normali, ma da ieri se n'è aggiunta la paura di ricevere un’altra telefonata come quella di ieri, che mi informa che Luca in ospedale o chissà cosa d’altro.
Questi momenti di sgomento, quando capitano, danno la sensazione di cadere da un grattacielo di cento piani.
Non ne posso più.
Ok. Fine dello sfogo.
Ciao.
Grazie per il tuo scritto senza filtri. In quanto partner di una persona neurodivergente (pur ad alto funzionamento), l'ho apprezzato molto.
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