Domani è un altro giorno, si vedrà
Oggi è il mio ultimo giorno a Milano. “Sei qui in vacanza?”, mi hanno chiesto gli amici. Non lo so se sono qui in vacanza, ma nella mia testa Milano non è una meta di villeggiatura, quindi no, probabilmente no. Sono venuta per stare qui, per lavorare tanto, per pensare, per vedere la mia famiglia. Sono venuta per stare da sola. A parte due o tre amici che ho incontrato per un caffè, per due chiacchiere o i miei zii che adoro, sono rimasta quasi sempre chiusa in un appartamentino che ho affittato. Ho mangiato quando avevo fame, dormito quando avevo sonno, cazzeggiato.
Ho lavorato soprattutto al libro che sto scrivendo e che uscirà la primavera prossima in cui racconto i nostri tre anni, e cioè dal momento in cui io e Dan abbiamo deciso che Luca avrebbe vissuto da solo, fino a quell’abbraccio dopo il trasloco nella sua nuova camera, pieno di emozioni e bagnato di lacrime. Scrivere di questo, mi ha portato a riflettere molto sulla scelta che abbiamo preso per Shmoo, ma soprattutto su cosa succederà adesso che non c’è più lui. Oddio, c’è: lo vediamo due finesettimana al mese ed ogni volta è una festa! Ma insomma, per il resto lui si fa la sua vita e noi la nostra.
Il futuro mi spaventa non poco. Perché se quando eravamo tutti insieme, io Dan avevamo un obiettivo ben preciso, cioè di occuparci dei nostri tre figli, assicurarci di dare loro tutto il supporto e l’affetto necessari, adesso saremo soli. Spesso in questo mese e mezzo mi sono soffermata sul passato, sul presente ma soprattutto come cambierà la nostra vita.
Il presente però mi gonfia di orgoglio.
Luca sembra felice. Ha affrontato molto meglio di noi la transizione da casa nostra a casa sua. Rimango sempre sbalordita dalla sua apparente grazia e capacità di adattamento. Non capisco se non sa esprimere i suoi sentimenti o se è davvero soddisfatto. Posso solo giudicare da come si comporta sia da noi che da lui, e ogni volta che lo vedo, i suoi sorrisi e i suoi abbracci riempiono il mio cuore e il suo di gioia contagiosa. Se non fosse felice, me ne accorgerei.
Sofia ha iniziato la transizione di genere, una scelta coraggiosa ma francamente quasi obbligata per chi nasce nel corpo in cui non si sente di appartenere. Sono molto fiera della sua decisione certamente non semplice, e felicissima che finalmente è felice. Da un mesetto circa, ha deciso di farsi chiamare Elio. Ci vediamo questa settimana: viene con il suo compagno Darby per la cerimonia della consegna del diploma di sua sorella.
Emma ha scoperto di essere un’ottima infermiera dopo aver seguito dei corsi al liceo. Da settembre, fa tirocinio ogni mattina, dalle sette alle undici, nel reparto di cardiologia di un ospedale. Alla fine di quest’estate, anche lei inizierà a frequentare un’università con un ottimo dipartimento di infermieristica a un’oretta da casa.
In poche parole, io e Dan rimarremo soli e, per quanto sarà molto più tranquillo vivere senza figli, sono preoccupata perché, presi come siamo stati ad occuparci dei figli, in tutti questi anni non abbiamo molto lavorato sulla nostra coppia. Lavorato, sì, perché per stare bene insieme bisogna sempre tenere d’occhio cosa va meno bene, correggere il tiro, reinventarsi, riscoprirsi. Per sopravvivere, l’amore ha bisogno di essere costantemente tenuto d’occhio. Non c’è cosa peggiore che accorgersi che non è stato innaffiato abbastanza e si è silenziosamente seccato.
Ho come la sensazione che il muro portante della nostra famiglia, e cioè i figli, ci sia crollato in testa mentre eravamo sul divano in salotto e adesso tocca tirarci su le maniche, pulire le macerie e costruire una nuova realtà, una nuova vita insieme. In un certo senso, dobbiamo incontrare le persone che siamo diventate noi due durante questi anni di ibernazione.
Nel frattempo, continuo a lavorare nella speranza però di smetterla di riflettere così tanto da farmi uscire il sangue dal naso.
(Foto di Byrne Guarnotta, uno dei miei più cari amici)
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