Ho già dato, grazie
Sei anni fa, quando sono
entrara in ospedale a Brooklyn, NY per partorire la mia terza figlia, ero
tranquilla. Oddio, avevo sempre dentro di me il terrore che anche lei, come suo
fratello, avrebbe potuto avere degli handicap. Ero andata da un medico che si
occupa di genetica, al mio terzo mese, il quale aveva condiviso con me dei dati abbastanza allarmanti: se si ha un figlio handicappato, si entra
automaticamente nella ‘categoria a rischio’. Ero andata con la mia amica Lara
all’appuntamento, per sentire le statistiche, per sentirmi chiedere, se la
sente di andare avanti con questa gravidanza? Certo, risposi, stringendo la
mano della mia amica.
Ma poi quel giorno di
dicembre quando sentii la prima contrazione, la voglia di conoscere questa mia
bimba era talmente forte che quasi mi dimenticai di questa semi remota
possibilità.
Fu un parto difficile,
dovuto anche agli errori dell’ostetrica, che infatti nel momento in cui la testa
di Emma era già fuori dalla mia vagina, lei la strappò con forza, inducendola a
urlare “ Call the code! Call the code!”. La stanza si riempì di gente, e dopo
qualche istante sentii il primo vagiro di Emma: me la misero tra le braccia
per un secondo prima di portarla in terapia intensiva, per vedere i danni
provocati dallo strappo violento dell’ostetrica.
Le ruppe dei tendini del
collo. Due ore dopo ero già davanti a un neurologo infantile che mi disse che
il braccio destro di Emma sarebbe stato compromesso. “A volte la fisioterapia
aiuta. A volte, spesso, no”.
Iniziarono così le mille
visite da medici, le terapiste, le visite di controllo, i ‘vediamo tra sei mesi’ dei
medici, le risonanze magnetiche traumatizzanti, le paure. E infine, qualche
mese fa, la fatidica frase: “È da operare. Trapianto dei tendini, sei settimane
di gesso al braccio fino al bacino. Terapia post operatoria’.
Io avevo da poco finito il
tran tran di diagnosi, terapie, operazioni. Traumi. Ferite indelebili. Il
neurologo, l’ostetrica, la fisioterapista nell'ospedale di Brooklyn non avevano ovviamente la più pallida
idea del mio passato, non sapevano che io avevo già dato, che non avrei potuto
più sopportare niente del genere. Volevo la mia bimba normale, come quella che aveva signora con cui dividevo la stanza.
Invece no. Diagnosi,
terapie, stress, tensioni, paure.
Dopodomani viene operata
Emma, come era stato, più volte, operato suo fratello.
Per cui:
ansia,
alzatacce alla mattina
presto, senza colazione perché l’anestesia si fa a stomaco vuoto,
attese nella sala d’aspetto
fuori la sala operatoria,
accompagnamenti in sala operatoria con il peluche,
accompagnamenti in sala operatoria con il peluche,
terapie,
figli in pena,
notti insonne prima dell’operazione,
solitudini,
traumi,
insicurezze,
pacche sulle spalle,
infermiere troppo gentili,
flebo,
stanze post-operatorie,
terrore,
settimane di
antidolorifici,
vomiti al cesso indotti dalla paura,
amici che non capiscono
un cazzo e che ti dicono vedrai che poi va tutto bene,
incubi,
litigate con Dan per la
tensione,
ansia di lasciare Luca a
qualcuno che non sa come gestirlo,
gelosie e paura di Sofia,
visite di controllo,
speranze che vada bene ma
non sai mai,
telefonate per dover
spiegare,
notti insonne in ospedale,
pianti di bimbi:
mi avete rotto il cazzo. Io
ho già dato, e non ho voglia di riaprire quel capitolo di merda della mia vita.
Grazie.
Grazie.
Marina, mi viene da dirti solo una cosa, anzi due: 1) che sfiga! 2) che due maroni.
RispondiEliminaanzi tre, coraggio, pensa che Emma poi starà meglio.. ma intanto due gran maroni.. baci Alessandra
Che dire che non ha già detto tu: porca schifa, c'è sempre da tribulare con 'sti ragazzini, è sempre una navigazione in burrasca, anche quando sembra che sta schiarendo e vien fuori un raggio di sole, i nuvoloni non van mai via del tutto;
RispondiEliminal'unica cosa che mi par giusto di aggiungere è che ti mando un abbraccio di conforto
la prima volta che passo da quelle parti ricordati di darmi l'indirizzo di quell'ostetrica...
RispondiEliminaE' un po' come un sabato del villaggio ma visto dalla prospettiva opposta. Nella poesia l'attesa del venerdì è piacevole, emozionante, ricca di aspettative; nei casi da te ( e purtroppo non solo da te) vissuti invece le sensazioni sono quelle da te dipinte in modo fin troppo vero.
RispondiEliminaLa consolazione? Cosi come non sempre il sabato c'è sole e serenità e a volte si è costretti a guardare dalla finestra, così, nel tuo caso, non per forza deve piovere e tirare fulmini. Questo è il mio augurio.
e soprattutto forza Emma!
spero sia andato tutto bene
RispondiEliminatutto benone. Ancora una volta ne siamo usciti senza troppi danni.
RispondiEliminaUscirne ancora una volta...queste sono le recidive più belle!!! un abbraccio a Emma
RispondiEliminaCiao Marina,
RispondiEliminaIl tuo blog è tra le cose belle incontrate per caso nel 2012. Mi piacerebbe leggerti più spesso e aspetto con ansia il tuo libro.
Vi auguro ogni bene per il 2013 e oltre!
Leggere questa storia mi fa sembrare meno dure le mie battaglie quotidiane. Grazie per aver condi
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso i tuoi pensieri e le tue esperienze.
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