Una botta di qua e una di là
È passato quasi un mese da
quando sono venuta via da casa, a Cambridge. Sono uscita da quella casa dove
per anni non sono stata che la mamma di Luca, con tutti i suoi annessi e
connessi, di Sofia e di Emma. Padrona di due cani da portare a pisciare tre o quattro
volte il giorno. Moglie di Dan, che come milioni di uomini, esce la mattina e
torna la sera, con sì la voglia di partecipare al ménage della famiglia, ma
comunque con un ruolo meno primario nella conduzione famigliare, che vede la
cena come ultima fatica, dopo bucati, spese, pulizie, compiti, e infiniti
giochi a rubamazzetto fingendo di perdere. Ecco, sono uscita da quella casa che
ero ancora una casalinga. Diciassette anni al servizio dei bimbi, di Dan, delle
case (di Cambridge e di Becket).
Prendo l’aereo, e sbarco a
Milano dove cambio addirittura cognome, e da Canale-Parola divento Viola, la
figlia di. Sono quella che ha scritto il libro su. Invitata ai festival,
intervistata a destra e manca, richiesta da tv e radio private e pubbliche, con
la foto sui giornali, gli articoli, le robe. Treni per città sconosciute, a
parlare in librerie sconosciute a persone sconosciute. Mi si chiede pure
l’autografo. Mi invitano a pranzo e cena personaggi i cui volti vedo sui
giornali, che mi dicono di essersi commossi dai miei raconti di famiglia. Una
vita quasi da star. Lontana un oceano dal mio ruolo di casalinga. Una vita
schizofrenica tra il normale e l’eccezionale.
Poi, la sera, quando
invece là a casa è ancora pomeriggio, chiamo. Emma, che di anni ne ha solo sei,
sente moltissimo la mia mancanza, e singhiozzando mi chiede quando torno. Mi
dice che al saggio c’era solo papà, e anche lla breakfast della classe, dove il
maestro (il mitico Mister K.) mostra fiero ai genitori quello che i bimbi hanno
fatto durante l’anno. Sofia, un po’ stordita dalla mia rarissima assenza, mi
chiede di raccontarle, ma capisco che non riesce molto a immedesimarsi nella
mia vita di qui. Non capisce bene quello che mi sta succedendo. Non ha neanche
ancora capito bene chi fosse questo suo nonno strano. Nel frattempo ha finito
la terza media con tanto di cermonia con cappellino e mantella nera (vedi
film), e genitori co gli occhi lucidi.
Poi c’è Luca, che vaga per
casa dicendo mummy mummy, e che non parla, figuriamoci al telefono. E sicuramente
non capisce come mai la sua mamma, che per anni dicassette gli è sempre stata
affianco, non ci sia più. Si chiederà nel suo modo unico e indecifrabile di
chiedersi, se tornerò, o cosa diavolo sarà mai successo a un tran tran che
oramai tutti noi davamo assolutamente per scontato. Poi Dan, che un po’
sfogandosi, mi dice della difficoltà di far andare avanti la baracca da solo
per un mese intero: la spesa, il bucato, i cani. E i ragazzi. Lo so, gli dico:
credimi.
Insomma, me ne vado a
letto col magone che sovrasta i miei momenti di gloria e di successo. Perché,
mi dico rigirandomi nel lettone mezzo vuoto, sono scema: dovrei invece godere
ogni minuto di questa libertà conquistata a botte di ‘tirem inans’ di anni.
Adesso, mi dico, è il mio momento: ho finalmente capito che il mio cervello non
si è atrofizzato dopo tanti anni concentrati sull’ottenere la felicità degli
altri. Che ho ancora qualcosa da dire, qualcosa di cui essere fiera. Un vero e
proprio successo. Non parlo del libro, che pure sembra piacere a moltissimi, ma
parlo di me, della nuova consapevolezza di valere per me stessa, di avere
qualcosa da dire. Un po’ come quando, anni fa, riuscii a laurearmi in
sociologia. Un successo mio personale. Insomma, mi faccio questi discorsi da
sola, mentre l’orologio propone un bel due meno venti: meglio dormire, che
domani c’è da fare. Poi tra sei giorni torno nel nido. Intanto però ci do
dentro.
Te lo meriti tutto questo successo personale. Goditelo fino in fondo e ancora complimenti! :)
RispondiEliminaUn regalo del tuo papà. Non rifiutarlo e portalo con te quando tornerai a casa. I papà ci sono sempre, per mamme, nonne, e per una vecchia signora come me un po' sola che tenta di unire la grande isola mediterranea,quella che guarda il mare d'Africa, con un ponte di ricordi, d'amore e di profumi, alle nevi del Monviso, ispirata da un papà ed anche dalla mamma. Mamme e papà che ci hanno sognati, perchè "...ciascuno cresce solo se sognato" scriveva Danilo Dolci, e quindi lasciamoci sognare
RispondiEliminaAh ecco marina, come dicevamo l'altro giorno, quella "casa aspietta attè"! però dai, è stato bello questo giro di consapevolezza di te stessa! ci voleva, e te lo sei meritato tutto!
RispondiEliminabaci!
alessandra