La Stazione Centrale: un racconto di mio papà
Dopo aver letto quello che sta succedendo in Centrale a Milano, mi è venuto in mente di condividere questo racconto scritto nel 1972 ma ancora molto attuale.
La Stazione Centrale
A proposito di questa sigla che parla di treni, oggi vi
voglio parlare della Stazione Centrale di Milano che è una delle cose più
orrende mai concepite e realizzate dall’uomo. Eppure di cose brutte ne
esistono. Beh, la Stazione Centrale di Milano ha un suo pregio: quello di
essere nettamente più orrenda di tutte le altre stazioni del mondo. Ha una
faccia brutta, sporca, lugubre, una faccia che mette tristezza, ma non quelle
tristezze di maniera, come quelle dei poeti per esempio che sono sempre tristi
per questioni d’ufficio, nel senso che fanno un mestiere che non dà molte
soddisfazioni e allora uno che fa il poeta deve per forza essere triste. No,
quella della stazione di Milano è una tristezza autentica, tipo quella di chi
non sa dove andare a dormire e ha addosso un freddo cane.
Non che non sia ospitale come stazione, ma difficilmente uno
pensa di andare lì a passare una serata con gli amici o a mangiare una pizza da
solo. Con queste arcate enormi dove tutto rimbomba spaventosamente e tu capisci
tutto, meno quello che ti interessa. Quello che ha fatto queste arcate pensava
forse di garantire un po’ di protezione...in realtà sembra che ti rubino un
pezzo di cielo o una boccata d’aria, maledizione!
E quelle scale lunghissime, dove la gente si arrampica
faticosamente, trascinandosi le valigie pesanti come fossero rimorsi o qualcosa
del genere. La gente...ecco, la gente della stazione di Milano. La gente della
stazione di Milano è l’unica cosa bella che si trova in quell’immenso portone che
si apre sull’Italia, sull’Europa, forse sul mondo. È gente agile, un po’
frenetica, sbattuta qua e là dagli altoparlanti e dai cartelli. Gente che corre
dentro questo stanzone buio alla ricerca di qualcosa che sembra
irraggiungibile, forse una vita diversa, un’avventura...e invece, molto spesso
finisce per perdere qualcosa che ha già e soltanto quando l’ha persa si rende
conto che è importante: una valigia, un figlio, un pacco con dentro il
formaggio da portare al padrone di casa. E tutta questa gente, quella che ha
queste valigie sembra che dalla stazione di Milano ci debba passare per forza,
quasi una tappa inevitabile di certe esistenze.
Hai l’impressione che ci sia nata in quel posto o che sia
costretta a viverci un periodo importante...Certe figure, certi odori, un certo
modo di parlare o di camminare ti riportano subito lì, alla Stazione Centrale
di Milano, anche se in quel momento sei in un altro posto. C’è un modo
particolare di abbracciarsi, di ridere e di piangere.
Qualcuno dirà che queste cose avvengono anche in altre
stazioni, in tutte le stazioni del mondo, ma io credo che non sia proprio così.
Quella di Milano è una stazione particolare, forse perché è grande e grossa che
mette paura e chi ci sta dentro sembra tanto piccolo, forse perché è sempre
piena di gente o semplicemente perché è la stazione di Milano e basta. Quando
arrivi col treno hai l’impressione di essere inghiottito, di mettere te stesso
in una trappola gigantesca nella quale sarai costretto a dibatterti con tutte
le tue forze per conquistare qualcosa che ancora non sai bene, ma che deve o
dovrà essere straordinario.
Eppure...eppure quanto il treno ti porta via hai anche tu un
momento di malinconia quasi ti sia dimenticato di quegli androni così
inutilmente alti un qualcosa che ti sta a cuore e non sai cosa, proprio come
quando sei arrivato. E dopo aver corso per tanti giorni guardi indietro e vedi
che la vecchia trappola, allontanandosi, diventa sempre più piccola e pensi che
lo faccia per non farsi riconoscere o per nascondere la sua bruttezza. La
stazione di Milano scompare a poco a poco, ma tu chissà perché te la ricordi
per un bel pezzo.
(Beppe Viola, Spazio Libero, 1972)
(Foto presa da Repubblica.it)
Ho letto il tuo libro su tuo papà ed è bellissimo
RispondiEliminaNe parlerò (recensirlo no che non ne sono capace) nel mio prossimo post
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