I pensieri, quando diventano farfalle











Sono ormai un po’ di giorni che mi sento proprio giù. È come se fossi stanca morta, come se non avessi più energie. Fare qualsiasi cosa richiede uno sforzo pazzesco.

Ho subito pensato a un bruttissimo male, ovviamente, anche se non mi fa male da nessuna parte. Porto però con me il peso di un’ansia quasi sottile, di sottofondo. È come una canzone che non riesci a togliere dalla testa, come un pensiero stupido che però un po’ assilla.

Io, che sono una creatura notturna, vado invece a letto alle 9 e dopo molti sforzi, dormo, dormo fino alle otto del giorno dopo. Mi sveglio che mi sembra sempre di essere in un mondo ovattato, che mi richiede un’energia che i miei muscoli e i miei nervi non sono capaci di creare.

A dire il vero, di pensieri ne ho tanti, perché questo è un periodo di attesa, di impegni e di cambiamenti. Aspetto risposte da alcune case editrici per un libro che ho impiegato anni a scrivere e a cui tengo moltissimo. Nel frattempo, ne ho appena finito un altro, di libro, che mi ha richiesto una concentrazione e un livello di ricerca che non avevo mai dovuto affrontare prima. 

Per non parlare dell’ansia che sale ogni volta che penso che Luca ha ancora un mese nella sua scuoletta da sogno e poi dovrà andare in un centro diurno, uno dei tanti che abbiamo visitato e che sembrano tanto belli, ma che ne sappiamo poi come sarà. E, a parte il fatto di come sarà, la transizione per Luca sarà estremamente complessa. Aspetto con il cuore gonfio il 9 novembre, quando ci sarà la festa per Luca a scuola, che marcherà anche il suo ultimo giorno. Già mi viene da piangere solo a pensarci. 

Ma prima, aspetto il 17 ottobre, quando partirò per Roma, dove sono stata invitata a una trasmissione su Rai tre per parlare di mio papà, che mi emoziona moltissimo ma mi mette un po’ d’ansia da prestazione, ovviamente. Qualche giorno dopo il mio rientro, invece, dovrò parlare in inglese di autismo a un festival tutto nuovo e tutto bello a Boston. E poi a metà novembre andremo tutti in Italia, e temo che faremo confusione, invaderemo la vita tranquilla e ritmata di mia madre con tutto il nostro bagaglio di autismo, di cose, tante, che richiedono seimila occhi e costante attenzione.

Insomma, vado a letto la sera e tutto mi frulla in testa come un uragano. I pensieri impazzano di qua e di là come un uccello impaurito, che sbatte le ali sulla corteccia esterna del mio cervello, imbevuto di ansia. Passano ore prima di addormentarmi. Mi giro e mi rigiro. Chiamo la Fiona nel letto, nove mesi di cucciola grande come una giovenca, e la faccio addormentare di fianco a me. È calda, un po’ puzzona, e, a parte il fatto che occupa quasi tutta la mia parte del letto, mi tranquillizza. Dan invece dorme beato, e lo invidio.

Da qualche giorno mi sono creata un’immagine che mi sembra mi aiuti. Lascio che i miei pensieri facciano le loro capriole e si sfoghino un po’ come i cani quando vanno al parco e corrono, corrono come matti dietro alla pallina. Li lascio andare. Poi faccio una specie di fischio interno, e i pensieri si trasformano in farfalle. Al mio fischio, le richiamo e le metto in una scatoletta del mio cervello. È una scatoletta molto bella, come quella che mio zio Bruno mi aveva portato anni fa dalla Russia. Di legno, intarsiata di rosso e d’oro, ma senza essere troppo presuntuosa. La apro, e le farfalle arrivano e ci si posano dentro. Sono stanche. Dò la buonanotte anche a loro e chiudo la scatola. D’un tratto il mio cervello è vuoto, silenzioso. A volte qualche farfalla è ancora nascosta qua e là, in qualche meandro, e la porto, mano nella mano, nella scatola, con le sue sorelle.

E piano piano, nel silenzio della mia testa tranquilla, a volte mi addormento.



Commenti

  1. Scrivi benissimo. In bocca al lupo, per tutto, e un abbraccio al tuo Luca.
    sinforosa

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  2. Proverò anch'io a trasformarli in farfalle...spero funzioni!

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