Ma anche ‘sticazzi
Ormai mancano dieci giorni al trasloco di Emma al campus universitario. Ha impiegato un po’ prima di essere travolta dall'entusiasmo di questo passaggio importante. Non è facile per nessuno lasciare la propria città, la propria famiglia, la propria camera, le proprie certezze per andare in una stanza in condivisione con una persona che non si conosce, in un campus che si ha visto una o due volte al massimo, gli esami universitari e tutto quello che ne conviene. Sono felice per lei: finalmente è riuscita a racimolare l’entusiasmo necessario per la spinta verso una nuova esperienza. Se c’è una diciottenne pronta per fare questo salto, è mia figlia.
È da un paio di anni almeno che rimane spesso a casa da sola, mentre noi andiamo a Becket. Le piace molto avere la casa tutta per sé, anzi fin troppo. Una delle nostre ultime discussioni riguardava proprio il fatto che ogni volta che torniamo da Becket, immancabilmente ci chiede quando ripartiremo, facendoci sentire ospiti indesiderati a casa nostra. Emm ha iniziato a lavorare a quattordici anni, rendendosi quasi indipendente finanziariamente. È molto matura e indipendente per la sua età. È anche una ragazza sveglia e poco ribelle: fino a qualche mese fa sognavo di tornare a casa e trovare una bottiglia vuota di vodka, un po’ di erba in giro…invece, niente. Quando torniamo da Becket e accendiamo il televisore è sempre su Disney Channel. Insomma, una brava ragazza.
Quando siamo a casa con lei, la porta di camera sua è rigorosamente chiusa a chiave; quando entra in casa ci saluta mentre sale per andare nella sua stanza; spesso mangia con le sue amiche. Praticamente, la vediamo molto poco ed è questo un altro motivo di discussioni.
Da un paio di settimane le dico di cominciare a mettere da parte i vestiti che si vuole portare nella sua nuova stanza e che mi piacerebbe darle una mano. Non entro quasi mai in camera sua perché so che è incasinata e a me viene l’ansia, ma questo fine settimana che lei e le sue amiche erano a Becket, ho deciso di vedere a che punto fosse con l’organizzazione.
Non avrei dovuto e me ne pento amaramente: ho trovato tre montagne di almeno un metro e mezzo l’una di vestiti, sui tre angoli della stanza non occupati dal letto. Dico solo che mi sono dovuta sedere per non svenire. So che le piace fare shopping e che, visti i soldi che guadagna, lo fa spesso e volentieri. Ma non avevo colto la preoccupante gravità del suo vizio.
Ho deciso di portare due delle tre montagne nel seminterrato dove abbiamo lavatrice e asciugatrice: ho fatto quattro volte avanti e indietro e ho passato tutto il weekend a lavare, asciugare e piegare. Ho contato: 60 paia di calze, otto costumi da bagno, una quarantina di pantaloni, un numero imbarazzante di maglioni, magliette, vestiti. È come se in questi anni avesse messo una maglietta o un paio di pantaloni una volta e basta. Invece di fare il bucato, ne comprava altri. La terza montagna e l’armadio, talmente pieno che non si riesce più a chiudere la porta, sono ancora lì, intatti. Parte dell’arredamento.
Quando le ho chiesto spiegazioni mi ha semplicemente risposto di non avere abbastanza spazio. “Nessuno ha spazio per così tanta roba...Hai due armadi a muro, un cassettiera enorme…”. Non voglio litigare prima che lasci casa, per carità, ma le ho detto che almeno tre quarti dei vestiti devono essere donato a chi ne ha veramente bisogno e le ho ricordato che la nuova stanza avrà un piccolo armadio a testa e quattro cassetti. Sensi di colpa da parte mia? Molti: avrei dovuto fermarla prima. Ma anche ‘sticazzi.
Stamattina io e Dan abbiamo fatto colazione insieme. L’ho guardato negli occhi e gli ho sussurrato: “Fra dieci giorni avremo la casa tutta per noi!”. Emma ci mancherà molto, anche se la vediamo pochissimo, ma è a quaranta minuti da casa quindi la vedremo anche. L'altro giorno mi fa: “Verrò a trovarvi ogni fine settimana!”. “Non credo proprio”, le ho risposto sorridendo, ma è vero: adesso tocca a noi avere la casa libera. Io e Dan siamo segretamente euforici, ogni volta che incontriamo i nostri sguardi, ci viene da ridere dalla felicità.
(nella foto, la terza montagna. Sul letto, parte del mio lavoro del fine settimana)



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