La palestra può aspettare
Sono già le undici e un quarto, ma ho fatto tutto, o quasi:
letti (tranne il mio), messo in ordine, mi sono pesata (aumentata di mezzo
chilo), fatta la doccia, incremata, vestita. In onore del mio nuovo amico (il
mezzo chilo) mi sono addirittura messa la gonna, così che anche lui si può far
notare in giro.
La palestra per oggi può aspettare, ci sono cose più
importanti da fare. Come sputtanare un amico, per esempio. Amico, poi, per
dire.
Dopo il mio caffé stamattina ho sentito Serena che mi fa,
“Hai visto il Corriere?” Io non lo leggo proprio, il Corriere e lei neanche. Ma
qualcuno le ha detto dell’articolo uscito oggi: intervista al grande Enzo
Jannacci, che parla del libro (coccodrillo?) appena uscito di suo figlio, e
della sua genialità. E dei suoi amici, appunto. Quelli andati e quelli ancora
qui. Delle sue canzoni, e tra le altre cose, del suo regalo a Mario Monicelli,
che invece l’Enzo il regalo lo ha ricevuto lui quella volta lì. Da mio padre.
Apro una lunga parentesi. Erano gli anni del dopoguerra. Milano
era in parte macerie e in parte ancora periferia, soprattutto in zona Undici,
dove c’è la via Lomellina che incrocia la via Sismondi e in fondo a sinistra
c’è anche Piazza Adigrat.
Mio padre, figlio di marconista, viveva nella suddetta
piazza Adigrat con sua madre e sua sorella perchè la zona Undici è la più
vicina all’aeroporto di Linate. Come la sua, altre famiglie della zona avevano
padri aviatori, marconisti e via andare, a cui erano appunto stati dati
appartamenti. Una di queste era la famiglia Jannacci, perché lui era aviatore,
collega di mio nonno, tra l’altro.
Avevano tre o quattro anni quando Enzo e mio padre si sono
conosciuti, e dall’ora non si sono mai mollati: ginocchie sbucciate insieme,
partite di calcio improvvisate, fidanzate, poi mogli, figli, vacanze insieme. E
lavoro, tanto. Dettato da una sintonia rara, squilibrata e genialoide. Il
dottor Jannacci si pagava l’università cantando nei locali dell’adiacente
Ortica, posto di operai che lavoravano all’Innocenti.
Sono venute fuori cose che ancora adesso sono d’avanguardia.
Mio padre è stato nel frattempo preso in Rai, e dunque in teoria non poteva
firmare niente che non fosse proprietà Rai. Ma invece firmava: ha firmato
Quelli che, ha firmato Vincenzina, ha firmato anche i dialoghi di Romanzo
Popolare, film di Monicelli, appunto. Ha firmato tanti lavori di Cochi e
Renato. Ha firmato libri.
Ha anche scritto uno spettacolo teatrale, a quattro mani,
come tutte le cose fatte fuori Rai. Mentre si disegnava la locandina, mio padre
venne ricoverato in ospedale, per via della pressione alta. Dalla sua camera di
ospedale, ricevette la locandina freca fresca di stampa che annunciava senza
fraintendimenti: testi di Enzo Jannacci.
Contro tutta la sua cartella medica, scappa dall’ospedale, e
in mezz’ora è a casa. “Cosa ci fai qui?”, dice mia madre sbalordita. La
pressione a questo punto credo fosse ai massimi storici.
Mio padre prende il telefono grigio in sala, quello sulla
cassapanca di fronte alla finestra, e manda un bel telegramma, che a quei tempi
si faceva così.
Finisce così la loro amicizia. I loro trent’anni di
telefonate quotidiane, di nottate passate da Enzo sul divano di pelle marrone
in sala a dormire, quando non c’aveva voglia di andare a casa, le estati tra
Ospdaletti e Bordighera, le nottate a bere, scrivere e soprattutto ridere. Le
collaborazioni, tutto.
Passò qualche anno prima che Enzo prendesse il coraggio per
citofonare Viola in Via Sismondi trentasei, quarto piano. Arrivò in sala, papà
aprì la porta e ci fu un attimo di imbarazzo prima dei saluti.
Poi però si ritrovarono ancora una volta nei ruoli di
sempre. A mio padre piaceva parlare da in piedi, gesticolando e fumando. Enzo
invece si sedeva, che apparentemente sembrava anche più pacato. Sfarfugliava,
come sempre.
Prima di andarsene, apre la porta dell’ascensore, che arriva
direttamente in sala, si volta verso mio padre per salutarlo e gli fa “Hai visto
come vende bene Quelli che?” Papà aveva visto, ma solo che anche quella volta,
quella di Quelli che, Enzo si era dimenticato d dire alla SIAE che non l’aveva
scritta da solo.
Mentre l’ascensore scende, mio padre si volta verso mia
madre e dice, :”Ma hai visto che faccia di tolla? MI viene anche a dire che
vende bene?”.
Tre giorni dopo mio padre muore, e di Quelli che, e di
Vincenzina e di tutto il resto non se ne fa più niente: nessuno chiama la SIAE
per dire guardi che forse c’è stata una distrazione.
Gli anni passano per tutti, anche per il dottor Jannacci,
che vuole tanto che lo chiamiamo zio, ma che ancora non ha capito chi sono io e
chi è Renata, per dire. Sono passati anche gli anni che noi eravamo piccole,
orfani di padre, e che lui abitava in via Sismondi con la sua mamma, la Sciura
Mariuccia, che ogni volta che mi incontrava dal panettiere diceva: “Me
racumandi, vorighe ben al mi Enzo, Vorighe ben!”, non gli è mai venuto in mente
di salire per sapere come stavamo noi, o la Franchina, anche lei conosciuta in
Piazza Adigrat nel ’45.
Ma, insomma, anche lui aveva il suo da fare, per l’amore
d’un dio. Non ce lo siamo mai aspettate e non c’è neanche mai particolarmente
mancato.
Lo avevo chiamato personalmente un paio di volte: una volta
per chiedergli consigli su un’amica che mi aveva detto che aveva cominciato a
bucarsi. Volevo chiedergli consigli medici, che mi ha dato al telefono, molto
gentilmente. Un’altra volta quando Dan viveva a Milano e era stato poco bene, e
io lo avevo portato nel suo studio medico. Anche quella volta lì, gentile,
dipsonibile, carinissimo. Baci abbracci, come sta la mamma, dille che uno di
questi giorni passo. Robe di normale amministrazione.
Una decina di anni fa Baldini e Castoldi decide di
riproporre alcuni scritti di mio padre. Tempo tre giorni dall’uscita del libro,
il telefono squilla in via Sismondi trentasei, casa Viola, la mattina presto.
Era l’avvocato del dottor Jannacci, che voleva ricordare alla signora Viola che
non tutti i pezzi pubblicati erano stati scritti a due mani.
Mia madre, che quando ha qualcosa da dire piuttosto si
strozza, ma la deve dire, dice all’avvocato (che poi era il cognato del dottor
Jannacci), di ricordare al suo cliente che se è per quello, ci sono anni di
diritti che noi non abbiamo mai visto, e che il suo cliente ha qualcosa da
dirle, sa benissimo dove trovarla: corso Sempione, terzo piano Rai, redazione
sportiva, e che lei è lì dalla mattina alla sera a farsi il culo.
Cornetta buttata giù in malomodo da mia madre, con
conseguente visita in Rai del dottor Jannacci con la sua coda tra le gambe
dicendo dai cosa te la prendi non è stata un’idea mia farti chiamare, figurati
se io…
Fine della trasmissione. Chiusa parentesi.
Stamattina Serena mi chiede se ho letto il Corriere, che io
non leggo e neanche lei, ma qualcuno le ha detto di quest’articolo uscito su
Enzo Jannacci, in cui, dice lui, di aver scritto Vincenzina e di averla data
come regalo a Monicelli.
Ho sentito le ossa di mio padre fibrillare da qui, che sono
ben lontana dal cimitero di Lambrate, a Milano. Perché ovviamente non è neanche
una questione di soldi, altrimenti avremmo già fatto il da farsi. È proprio una
questione morale.
Adesso che la pressione alta è venuta anche a me, passo e
chiudo, che tanto sono storie vecchie, anzi antiche.
Spiace sentire queste cose. Da fuori era sempre sembrata una bella amicizia e una grande collaborazione artistica. Però succede...
RispondiEliminaSono da sempre un grande ammiratore di Beppe Viola, anche se ero troppo giovane all’epoca per potermi godere e capire tutto di questo grande uomo. Nel mio piccolo è accaduto un pochino come per lei e per gli altri membri della sua famiglia.
Un saluto.
son basito, le carognate di questo genere non me le figuro proprio, da personaggi così, e invece guarda te che roba
RispondiEliminaun saluto caro
Io l'ho letta come se fosse una "bella" storia.
RispondiEliminaDi una figlia che difende il genio del suo papà.
...faccio una certa fatica a credere che Jannacci si sia comportato in modo così meschino.
RispondiEliminaSpiace per lui.
Per quanto mi riguarda la nota positiva di questa faccenda è leggere ciò che lei ha scritto e sopratutto come lo ha fatto.
C'è qualcosa di bello nella sua penna,
qualcosa che la fa assomigliare a quella,bellissima, di suo padre.
Mi facevo portare a sentire/vedere Jannacci da quando avevo 12 anni, mi facevo regalare i suoi dischi a ogni compleanno. E ancora adesso lo ascolto, a 50 anni di distanza.
RispondiEliminaSpiace sentire una storia così amara, senza possibile redenzione. Quasi quasi da farci una canzone...
Marco/nato e cresciuto in via Pannonia
spiace.
RispondiEliminamolto.
colgo l'occasione per ringraziare tramite Lei suo padre che ci manca tanto (anche se era milanista.. :-) )
Un abbraccio, in ricordo del grande beppe...
RispondiElimina...ogni famiglia ha le sue vicende e in genere in famiglia rimangono sepolte. Per me e per mia Madre, che pensare a Jannacci faceva venire in automatico pensare a Beppe e ad una amicizia, fa tristezza, ora, leggere di questo. "Vincenzina", me la canto spesso... ora mi farà pensare a Beppe. Grazie per quello che ha scritto di suo Padre.
RispondiEliminache uomo misero enzo jannacci, e lei così brava a raccontare, buon natale!
RispondiEliminaDa lettore e ascoltatore non posso che dispiacermi di questi fatti e, ancor di più, ringraziare suo Padre e la sua Arte per quanto mi hanno intrattenuto e divertito con leggerezza mai stupida o volgare.
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso questa storia.
RispondiEliminaÈ proprio vero che non sai mai cosa aspettarti nella vita, specie dagli amici...
Mi viene da piangere e tanto, è una storia simbolica di altre storie non conosciute meno interessanti. Per quello che le possa importare, ha la mia solidarietà.
RispondiEliminaPerò non è giusto. Di là magari c'è la pace dei sensi, ma di qua che si può fare?
roba vecchia, appunto
RispondiEliminala cosa migliore per te, e' che finalmente cominci a metabolizzare, a mettere nella giusta prospettiva i torti subiti nel passato
il mondo e' pieno di persone meschine Marina, lo sappiamo bene, pensa a chi ti ama, che non siamo mica pochi (me compreso) e va avanti
Porca miseria che brutta storia. Peró cara Marina è grazie a questa faccenda che ho letto oggi sui giornali che sono risalito al tuo blog e a questo bel pezzo scritto con un stlie inconfondibile, Che mi ha riportato alla memoria le storie della Lomella, di Gulliver e di Malpensa, personaggi di un Grande che anche se lo ricordo in bianco e nero fa parte della mia vita. Per cui grazie di cuore.
RispondiEliminaps: come si chiamava il panino di Gattullo? Lo Special?
Chi ha conosciuto Beppe lo serba "vivo" nella memoria e nel cuore.
RispondiElimina(quasi)parenti serpenti, a proposito di monicelli...che brutta storia
RispondiEliminaBrutta storia e quanta amarezza.
RispondiEliminaGiunge proprio quando la vita sta allontanandosi da Enzo Jannacci (che non immaginavo così). Quella vita che troppo presto aveva abbandonato un MITO come Beppe Viola. Da adesso in poi coccolerò ancora di più il libro "Quelli che...".
Grazie per aver condiviso questa triste esperienza, affidata ai ricordi, quelli che animano la mente di chi come me ha amato la tv in bianco e nero e il calcio quando era una cosa seria, cioè un gioco che i racconti di Beppe Viola rendevano il gioco più bello del mondo.
Che la terra resti sempre lieve su colui che con leggerezza (e il sorriso) ha attraversato troppo rapidamente questa vita, ma mi ha lasciato ricordi che non scompariranno.
Onore al mitico Beppe Viola!
RispondiEliminaServizi giornalistici perfetti e reportages memorabili.
Ciao
Gabriele
Senza entrare nel merito dico solo che ho 28 anni e "Quelli che" è un libro fantastico. Tuo padre era un grande scrittore.
RispondiEliminaGrande beppe viola e bravissima a dire le cose come stanno!
RispondiEliminaGentile Marina, chissà se domani sera fabio fazio o altri "amici" nella trasmissione "che tempo che fa- serata jannacci" saranno capaci di ricordare la sua famiglia e il suo papà? Voglio essere fiduciosa e dico di sì.
RispondiEliminaInteressante, grazie per il lato B della medaglia.
RispondiEliminaGrande e inimitabile beppe viola e brava te, per sensibilita' e scrittura.
RispondiEliminaDavvero ricordi tuo padre, insisti nello scrivere io grazie a questa tua "incazzatura" comincero' a seguirti sul blog.
Auguri
Massimo roccaforte
Grazie per il tuo racconto
RispondiEliminaesempio per tutti Noi giovani dell'epoca, diventati, in una certa maniera "narratori" e "giornalisti...
RispondiEliminaLuciano.
RispondiEliminaHo 62 anni ed ho riempito la mia vita con la "produzione" di Beppe e Jannacci. Stravedevo per Viola, mi facevo andar bene l'altro, che comunque non mi piaceva fino in fondo.
Ora capisco di aver visto giusto e che le mie sensazioni erano esatte.
Ti ringrazio Marina di avermi tolto ogni dubbio circa quel personaggio sopravvalutato.
Spero che anche Renzo Arbore, che insieme a tanti altri lo porta in palmo di mano, capisca quale errore ha commesso e continua a commettere nei suoi giudizi.
Ti auguro ogni bene
Caro Luciano sono pienamente d’accordo con te a me Jannacci non è mai piaciuto come persona… non mi stava simpatico senza un perché specifico ora ho capito il perché
EliminaChe dire ... Nessuna sorpresa, il mondo funziona così. Intanto Vostro padre diventa sempre più grande e qualcun altro sempre più piccolo. Lorenzo Castiglioni
RispondiEliminaCiao Marina, vedo solo ora questa possibilità di prendere contatto con te. Da vero amico degli ultimi anni di Beppe (tuo Padre), so. "So"... vorrebbe dire che SO dell'infamia del "grande" e della generosità, della tenerezza, dell'amicizia di tuo Padre. Mi piacerebbe farti vedere le cosette che ho scritto su Beppe e che Beppe ha scritto su me. E parlare. Quando capita.
RispondiEliminaPerò puoi anche vedere - senza vedere me - sul mio blog e cercare "Beppe Viola". http://girolamo.melis.it/
Ti abbraccio. Giro (girolamo.melis@gmail.com)
E qui ci scappano due bei bianchini col limone, uno per la tristezza dell'articolo e uno per il piacere di aver scoperto questo blog.
RispondiEliminaP.S. come mai è così difficile trovare pezzi di Beppe Viola in rete e/o pubblicati ? c'è uno speciale del TG1 di un paio di anni fa, il libro "quelli che" e niente più.
Beppe rulez
Ciao Marina, mi chiamo Henry Zaffa e faccio il comico, non di successo ma con discrete soddisfazioni. Dico solo grazie a tuo papà perchè se sono quello che sono lo devo al suo spirito e anche a ciò che con Jannacci ha creato. Il tuo legittimo sfogo non toglie nulla all'arte di Enzo Jannacci che tanto deve all'amicizia con tuo padre però ricorda una volta di più quanto grande fosse Beppe Viola e anche quanta umanità trapelasse dai suoi occhi, occhi che anche dopo la sua dipartita hanno continuato a guardare. Ho conosciuto Enzo Jannacci e tanti altri grandi del cabaret milanese che mi hanno ispirato ma purtroppo mi manca l'aver conosciuto tuo padre, che col suo lavoro in Rai tanto mi ha ispirato visto che uno dei miei pezzi forti del mio repertorio è la presa in giro di un certo linguaggio del giornalismo sportivo.
RispondiEliminaScusa, non ho voluto usare questo spazio per prendere posizione in una questione che solo chi ne è stato protagonista sa, ma per mandare un grazie e saluto a te che sei la figlia di Beppe Viola e che non ha bisogno di nessuno per vivere in dignità. Chi ha come me ha avuto la fortuna di apprezzare il la genielità di tuo papà non ha bisogno di interviste del Corriere per sapere che capolavori come Vincenzina e Quelli che non erano frutto di un solo cervello, ma c'era anche un cervello che se ne è andato troppo presto per tanti! L'unica cosa che non mi avrebbe mai trovato d'accordo con tuo papà e nemmeno con la gran parte dei suoi amici del Derby era la fede calcistica ... ho il cuore neroazzurro.
Un abbraccio intenso
Henry Zaffa
Scusate gli errori, l'ho riletto dopo la pubblicazione e non so come correggere, prendete il mio contributo così. Mannaggia.
RispondiEliminaHenry
eviterei di chiamare Jannacci maestro ... lo definirei alunno rimandandolo a scuola.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaporca miseria
RispondiEliminateneva proprio davvero al Milan?
RispondiEliminama proprio "vincenzina"?
RispondiEliminanon poteva avergliene rubata un'altra?
ed io che...
porca miseria, che batosta
Beh che i crediti di "Quelli che ..." fossero sbagliati - in base a quanto sempre dichiarato altrove - lo ho notato anche io, conoscendo la materia del diritto d'autore, appena ho acquistato l'omonimo album di Jannacci nella versione CD ristampata da Ala Bianca.
RispondiEliminaSu Suo/Tuo (non so mai come procedere) padre ho scritto qualche riga in http://steg-speakerscorner.blogspot.com
e Sergio Meda lo ho conosciuto piuttosto bene intorno al 1980.
Un saluto
Steg
Vedo che qui la raccontò più onestamente
RispondiEliminahttp://www.mariobiondiscrittore.it/Scritti/Giornalismo/Spettacolo_Moda/Jannacci/jannacci.html
Mannaggia che dolore al cuore a leggere questa storia. Due grandi artisti, il suo papà e jannacci. Mi spiace molto leggere che anche in un'amicizia all'apparenza così bella si debba riscontrare che l'animo umano è spesso brutto.
RispondiElimina👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏
EliminaNon conoscevo questo aspetto e mi dispiace molto spero che Paolino abbia rimediato, da parte mia tutta la comprensione, non avrei agito mai così..Tj
RispondiEliminaPaolino dai ... non è mai troppo tardi
RispondiElimina