Un Yom Kippur cattolico







Durante una litigata anche abbastanza animata, Dan mi ha detto che io non chiedo mai scusa. Sono affermazioni su come sono io, queste, che mi deve dire lui, perché io non mi accorgo neanche di essere così. E, per dirla proprio tutta, sono anche le affermazioni che mi fanno più incazzare quando gliele sento dire, soprattutto durante una litigata (in cui avevo ragione io, tra l’altro), perché se me lo dice deve essere vero e fanno un male della madonna. Un brutto difetto da avere, quello di non chiedere mai scusa.

Pensavo a questa e altre cose oggi, mentre guidavo la mia Jetta diesel, che a quanto pare inquina più della diossina. A proposito dello chiedere scusa, per esempio: pensavo a quanti sono gli atteggiamenti che si hanno nei confronti degli altri, o quante le cose che si fanno, o le parole che non si dicono che possono ferire. Pensavo alla fragilità di noi umani, che ci crediamo così invincibili, così giusti, con le nostre convinzioni da bar che cadono come foglie.

Oggi il mondo ebraico celebra Yom Kippur, cioé il giorno dell’espiazione. Io non sono religiosa, e se lo fossi sarei cattolica (culturalmente, dico), ma avendo sposato Dan, di madre ebrea, conosco abbastanza bene anche le tradizioni questa religione. Ieri sera le ragazze mi chiedevano come mai mercoledì le scuole sono chiuse, e ho raccontato loro che oggi è una giornata importante in cui le persone dovrebbero riflettere su quello che hanno fatto di sbagliato durante l’anno, e usarle come esempio per provare a migliorarsi.

Dicevo anche che noi cattolici abbiamo un concetto simile: la confessione, che a me piaceva un casino. Nella mia mente era marcata sempre da un alone di mistero e di soggezione. Solo l’idea che il prete dovesse tenere segreta ogni cosa che sentiva mi faceva sentire di avere una piccola punta di potere su di lui, ma mi piaceva anche l'idea che diventasse in qualche modo mio complice. Il prete si nascondeva dentro a questa specie di cabina telefonica di legno e buia, e se ne stava lì ad aspettare che qualcuno si genuflettesse e dicesse i propri peccati dietro una grata che nascondeva i volti. Il prete di viale Corsica, dove andavo io, aveva sempre un alito schifoso, e un tono di voce basso, comprensivo. Da pettegolezzo, quasi. 

Mi faceva parlare, e io raccontavo anche quello che non avevo fatto (mentendo, che è peccato). Poi ascoltavo i suoi consigli e mi alzavo, anchilosata ma alleggerita, assolta, certa che me la sarei cavata con due ave marie in cambio di una coscienza come nuova. Il potere delle preghiere. Quando ero piccola mi piaceva un casino andare a confessarmi, molto più che fare la comunione, che mi si attaccava sempre l’ostia sul palato e poi mi pareva brutto grattare via con le unghie sporche il corpo di Cristo morto per noi. Un disastro, insomma.

Ricordo, raccontavo alle ragazze (che non hanno mai messo piede in una chiesa), che quando i miei genitori si separarono, mi dissero di non raccontare assolutamente niente a nessuno. Eppure io questa cosa a qualcuno dovevo dirla: era troppo grossa, per cui pensai subito al prete con l’alito puzzolente nella cabina telefonica e corsi da lui. Mi ricordo che disse che non non avevo commesso nessuna colpa e che i miei genitori mi avrebbero voluto bene come prima, sollevando mille dubbi e ansie accumulate nelle settimane precedenti.

Gli ebrei devono invece raggiungere tutti questi momenti di espiazioni da soli nel giorno di Yom Kippur: non c’è nessuno che dica loro cosa è giusto e cosa è sbagliato; nessuno che li punisca; nessuno che li rassicuri che due ave marie risolveranno i loro problemi. A loro è dato solo di guardare dentro la propria coscienza, in silenzio, e pensare alle loro azioni e a come evitare in futuro di ritornare sulla cattiva strada. Quindi io oggi in macchina ho pensato che quest'operazione per raggiungere l'espiazione che gli ebrei fanno oggi a Yom Kippur è importante e mi sono sentita un pochino ebrea anche io. 

Mi sono ritrovata a pensare molto a come mi sono comportata quest’anno passato, alle volte che, anche involontariamente, ho ferito qualcuno; alle volte che ho fatto cose che sapevo essere sbagliate (tipo guidare la Jetta, oggi. Ma anche peggio). Mi sono accorta che spesso faccio del male soprattutto a me stessa, e anzi preferisco far del male a me che alle persone che mi stanno accanto. Mi sono chiesta scusa, come mi ha insegnato Dan.


E nella mia presunzione massima, anche quest’anno mi sono assolta.


Commenti

  1. insomma, hai i tipici difetti delle donne. quelli che alimentano una non dico misoginia ma idiosincrasia verso il genere sicuramente si

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  2. Meglio essere assolti, in onestà, da se stessi, che si conosce bene, che da altri che non si conosce affatto.

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  3. Lo Yom Kippur è davvero un grande giorno per chi riesce a viverlo fino in fondo secondo il suo significato. E' un'occasione per ritrovare se stessi e da lì riprendere il cammino. Un abbraccio.

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