L'orologio






Tantissimi anni fa mio padre aiutò a scrivere il testo della canzone La Vita l'è bela per Cochi e Renato. Quando, a sorpresa di tutti, diventò la canzone famosa che conosciamo, Pozzetto, per ringraziarlo, si sfilò dal polso il suo Baume & Mercier glielo regalò dandogli una leggendaria pacca sulla spalla: "Bravo, Beppe, grazie". Quell'orologio mio padre non se lo tolse mai più, era diventato parte del suo polso, del suo corpo. Non me lo ricordo neanche, mio padre senza.

Poi una sera di tanti anni dopo ero a casa da sola con la mia amica a fare i compiti quando squillò il telefono. Era Carlo Sassi, un collega di mio padre, che cercava d'urgenza mia madre, che era da mia zia. Chiamai mia zia, e mia madre si precipitò al pronto soccorso del Fatebenefratelli, dove trovò il corpo di mio papà che era ancora caldo. Gli sfilò l'orologio dal polso, e quasi sottovoce gli sussurrò, 'Ciao, Peppi".

Da quella domenica del 1982 mia madre ha sempre tenuto al polso quell'orologio. Se lo toglieva solo quando faceva la doccia o i piatti, per non bagnarlo. Le dava un fastidio pazzesco se una di noi lo toccava. Non faceva mai l'ora giusta, era sempre o indietro o avanti. Eppure era diventato una specie di staffetta che Pozzetto aveva passato a mio padre che aveva passato a mia madre. Era diventato molto più di un semplice orologio. Era sempre scarico, ma era carico di ricordi, di una storia tutta loro, importante.

Qualche anno fa ero a casa a sorseggiare il primo caffé quando squillò il telefono. Era mia mamma in lacrime: "Ho perso l'orologio. Ero a casa di Anna, l'ho tolto per fare i piatti. Poi sono uscita, ho preso il tram, sono arrivata a casa e non c'è più. Devo averlo perso in tram". Me lo raccontava singhiozzando, disperata. Abbiamo fatto di tutto per cercarlo. Abbiamo chiamato l'ATM nella speranza che qualche buon'anima lo avesse trovato e riportato. Abbiamo disfatto la casa di Anna. Abbiamo messo sottosopra la casa di mia mamma. Abbiamo cercato dappertutto, ma niente. Io e le mie sorelle ci siamo telefonate, disperate anche noi per questa perdita e per il dolore profondo che aveva causato alla nostra mamma. Ho passato poi mesi a ricordarle che in fondo era solo un oggetto, e che nessuno avrebbe comunque potuto portarle via i ricordi, che nessuno avrebbe mai potuto intruffolarsi in quella sfera lì, così intima e sua, e che in fondo non era cambiato nulla. Ma mentre lo dicevo non ci credevo molto neanche io. Anche per me, per le mie sorelle e per una ristrettissima cerchia di amici quell'orologio rappresentava qualcosa di molto di più che un semplice orologio. Ricordo la telefonata al Giorgio: "La mamma ha perso l'orologio". Silenzio, e poi un "La chiamo", pieno di tristezza.

Qualche mese fa, mio cugino Fabio manda al gruppo "Cugine" di WhatsApp la foto dell'orologio. Ne aveva trovato uno identico in una gioielleria, in vendita: stesso modello, stesso anno, stesso tutto. "Lo compro", scrive Fabio senza esitazione. "Chi ha soldi per partecipare bene, ma lo cerco da anni e questa volta non me lo faccio scappare". Io mi commuovo come una cogliona anche solo a vedere la foto dell'orologio e gli mando un cuoricino perché non posso sbaciucchiarmelo per telefono. Gli voglio quasi più bene di prima, se possibile.
Decidiamo ovviamente di prenderlo e di fare un po' per uno, si dà quel che si può. Io mi organizzo per mandare i soldi a Fabio, le sorelle fanno colletta e si prende.

Arriva Natale e io ovviamente sono a un oceano di distanza, ma mi promettono, sempre su gruppo WahtsApp, che faranno il filmino del momento in cui glielo danno. Mia madre, ovviamente, ignara di tutto. È mattina. Sono tutti a Stadera, tranne me. Sono ad aspettare Anna e i ragazzi che arrivano da Milano. C'è fermento nell'aria dei colli piacentini, non si vede l'ora di darglielo. Finalmente arrriva il momento, ma no, mia zia dimentica le pentole a casa. Aspetta che le vado a prendere. La gioia si riempie di tensione. Poi telecamera puntata sulla mamma, tutti attorno a lei. Si fanno due battute:"Questo è da parte delle tue figlie e dei tuoi due nipoti". "No, non è uno straccio per la polvere", dice Anna scherzando. Mia madre apre lentissimamente il regalo, fermandosi a chiacchierare, un po' distratta.

Poi lo apre, e vede la scatola.

Si mette le mani davanti agli occhi e scoppia in un pianto a dirotto. Credo che sia un pianto di gioia, ma anche di dolore enorme. "Mi fate morire", dice tra un singhiozzo e l'altro. Poi si inceppa e non riesce ad aprire la scatola. Anna l'aiuta e si vede davanti l'orologio, uguale uguale. Cala un silenzio di pianto e commozione di tutti, anche di me che guardo il video dal telefonino. Piangiamo tutti. Piangiamo per la felicità della mamma, per la tristezza del vuoto che ha lasciato papà, per il fatto che questo orologio fosse andato perso. E poi perché è come se fosse ritornato, uguale uguale. Per la dolcezza di Fabio che ha subito pensato a sua zia.

Poi tutti scoppiano in un applauso spontaneo. AUGURI! La mamma dice: "Dai, basta farmi il video mentre piango", si asciuga le lacrime con un fazzolettino di carta che tiene nella manica, e si alza, a baciare tutti.


Sì, penso io riguardando il filmino per la settima volta. La vita, malgrado tutto, l'è bela.



Commenti

  1. ...basta avere l'ombrela che ripara la testa, sembra un giorno di festa!!!!!!

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Bella narrazione, grazie tante, ora ce l'ho io il magone 😘

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  4. dovresti segnalare all'inizio "ad alto tasso di lacrime". Sono in ufficio e ora sembro un panda col mascara fino alle ginocchia...

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  5. come sempre stupendo!! frammetni d`amore. frammenti di voi che entrano dentro!! Serena

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