Il quarto di X di Shmoo












Si chiama Robertsonian Translocation 21q 21q il tipo di sindrome di Down che si porta sulle spalle Luca da ormai ventidue anni. È molto rara: invece di avere un cromosoma in più, come le persone con la sindrome di Down più comune, ne ha solo un quarto in più di una delle X del cromosoma, e neanche in tutte le cellule del corpo. Un “errore” genetico minuscolo, ma che ha ripercussioni enormi sulla vita di una persona.

Facemmo mille esami prima di renderci conto che era quel pezzettino di un cromosoma a rendere Luca una persona così diversa da quello che ci aspettavamo durante la gravidanza: risonanze magnetiche, esami del sangue, esami delle urine, elettroencefalogrammi, elettrocardiogrammi, visite infinite da neurologi, professori illustri a Boston, a Baltimora, a New York. Il suo quarto di X era ben nascosto, e l’ultima cosa che si pensava fosse il motivo per cui Luca non stava crescendo come avrebbe dovuto era proprio la sindrome di Down.

Era un venerdì pomeriggio, forse le diciassette, quando squillò il telefono di casa. Luca era sul girello, io stavo preparando la cena e gli canticchiavo le sue canzoni preferite, in italiano perché sarebbe certamente stato bilingue. Qualche settimana dopo avrebbe compiuto un anno e c’era già aria di festa. Dan era a lavorare. Lo squillo del telefono interruppe la canzoncina. “Hello?”, risposi sorridendo a Luca. Era la dottoressa, che un po’ imbarazzata mi disse di aver ricevuto i risultati del fenotipo di Luca, che è la mappa del DNA. “Ha una forma molto rara di sindrome di Down. Non so molto, ma sicuramente puoi trovare informazioni in Internet”.

Mi sono girata a guardare Luca e d’un tratto mi sembrava una persona diversa. Mi sembrava che le sue fattezze fossero cambiate nel giro di quei pochi minuti. D’un tratto era una persona Down, con tutto quello che ne consegue. Chiamai subito Dan, chiedendogli di tornare a casa immediatamente Non riuscivo a parlare dalla paura e dalle lacrime che mi soffocavano. Decisi di chiamare anche la sorella di Dan, che abitava a pochi minuti da me, per chiederle di venire a farmi compagnia. Non riuscivo molto a parlare. Mi disse che stava preparando la cena per sua figlia e che al momento non poteva.

Avevo paura di abbracciare Luca. Avevo paura di fargli male, che si rompesse. E poi non me lo sentivo più mio figlio. Era diventato un’altra persona. Un malato. Un ritardato. Uno sfigato. L’opposto di quello che mi ero immaginata durante la gravidanza.

Come si fa ad amarlo lo stesso?

Luca era ancora nel girello, a giocare con una pallina attaccata ai bordi. Per lui non era cambiato assolutamente niente, a parte il fatto che la mamma piangeva, ma non sembrava essere molto preoccupato.
Poi alla fine me lo presi in braccio. “Abbiamo scoperto il tuo segreto, Shmoo. E adesso cosa facciamo?”

Quel quarto di X ha ripercussioni enormi su tutti gli aspetti della sua vita, e anche della nostra come famiglia, possibili ripercussioni sulle gravidanze che avrei avuto in futuro, e su quelle delle mie sorelle o della sorella di Dan, perché è in parte un fattore genetico, come lo è l’autismo, che scoprimmo invece qualche tempo dopo. È come quando si tira un sasso nell’acqua, e le onde si allargano fino a svanire. Questa informazione, questa condizione nuova di Luca, avrebbe avuto ripercussioni su tutti quelli che ci stavano attorno.

Ho passato un periodo terribile, sono entrata in un tunnel scuro e spinoso per imparare a capire e ad accettare. Poi a poco a poco mi sono tranquillizzata.

Quel piccolo pezzo di cromosoma in più, negli anni, è diventato parte della mia vita. Ho imparato ad apprezzarlo, ad amarlo e anche un po’ a prenderlo in giro. Mi ha conquistato come una star di Hollywood. Ha reso Luca quello che Luca è: un giovane uomo che mi chiede di abbracciarlo settemila volte al giorno, che mi dice: …And Luca loves…” e si aspetta che io dica MOMMY per ridere come un matto. La vita con una persona diversa mi era stata spiegata come una vita difficilissima, triste, solitaria, brutta. Non me l’avevano raccontata giusta: la vita con Luca è sì difficile, più difficile, ma è piena di cose straordinarie e oggi, che è la Giornata Mondiale della sindrome di Down non posso che ringraziare dal profondo del mio cuore quel pezzo di una semplice X che mi ha insegnato l’amore con la a maiuscola.



(nella foto, Shmoo a 3 anni)


Commenti

  1. Brividi, ecco: questo è uno dei tuoi tanti post che mi fanno venire i brividi!

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  2. Evviva Luca, la sua mamma e il suo,papà.
    sinforosa

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  3. Ho letto in modo più approfondito la reazione di Claudia, marito, nonni paterni sul libro. Unico commento: uno schifo senza fine. Non ci sono giustificazioni per un atteggiamento così. Io gli avrei sputato in faccia. Cmq, ricordo a Claudia che la disabilità é una delle poche cose realmente democratiche a questo mondo. Basta che ti si avvicini moltissimo una macchina guidata da qlc ubriaco perso...

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