Siamo così lontani


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Siamo così lontani che le macchine hanno il volante a destra, che il sole è più caldo, la birra è diversa, il pesce nei ristoranti, anche. Siamo così lontani che la gente parla una lingua diversa, che ha la pelle di un colore diverso, che i supermercati sono diversi. Così lontani che le piante, il rum, le pettinature e i prezzi sono diversi.

Luca invece è là, dove tutto ci sembra da sempre normale. Là nel nostro mondo, a fare le cose che la sua routine gli richiede: si sveglia presto, fa la doccia, si veste, fa colazione e il pulmino arriva sempre uguale, alla stessa ora. Va al centro diurno, dove fa le cose di sempre, mangia il suo pranzo portato da casa, torna felice, chiede il suo bicchiere di latte e i suoi biscotti, e va in camera sua, sulla sua sedia a dondolo, ad ascoltare la stessa musica, fino a quando la cena è pronta e lo chiamano.

Sofia e Emma, uguale: per loro la routine è un po’ diversa perché devono fare alcune delle cose che farei io, ma per il resto la loro vita continua normalmente.
Luca, mi hanno detto, ogni tanto chiede di me, e loro gli ricordano che ho preso un aereo. Lui sorride e torna in camera sua. Chiede invece spesso della nonna Franca, (MY SWEETY!), ma quello lo fa anche quando noi siamo con lui.

Insomma, tutta questa cosa che non si può avere almeno una settimana di solitudine e tranquillità sembra essere quasi superata. Certo, bisogna avere le persone giuste disponibili a sostituirci, e i soldi per pagarle. Bisogna soprattutto avere il coraggio di provare ad andarsene, per vedere via Facetime l’effetto di cotanta audacia. Ma, forse per una questione di infinita fortuna, anche questa volta sta andando tutto bene.

Quando siamo partiti, sabato scorso, Sofia aveva trentotto di febbre e una gola rossa così, la sera dopo Emma ha avuto un attacco di panico che l’ha tenuta sveglia e tra le braccia di Sofia e tra le zampe di Fiona tutta una notte. La notte dopo le è venuto il sangue dal naso e non riusciva a dormire. Una mattina non si trovavano gli occhiali di Luca, quella dopo il pulmino non è arrivato. Anche gli intoppi sembrano essere superati con semplicità.

Anche se siamo così lontani che non riusciamo quasi più a ricordarci come si vive nel New England, la barca a Cambridge va avanti lo stesso, e con un enorme senso di sollievo mi rendo conto di non essere così indispensabile come mi hanno fatto credere per tutti questi 22 anni.

Invito dunque tutti i miei colleghi genitori, con o senza figli autistici, di trovare il coraggio e i soldi di andarsene, almeno una settimana all’anno e di godersi non solo la magia delle vacanze, ma anche di capire che senza di noi non muore nessuno.



Commenti

  1. Quello di essere indispensabili è un problema comune a molte persone, anche io fino a qualche anno fa avevo questa convinzione a mia insaputa ma poi fortunatamente gli eventi della vita mi hanno fatto ricredere.
    Un saluto

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