Verso le quattro emmezza











Verso le quattro emmezza i cani, che sono stati al parco la mattina per un’ora intera a rincorrere la pallina arancione e che poi sono usciti anche verso le due, si risvegliano e vogliono ancora correre. Solo che non possono fare che un giro della casa, perché tra pochissimo arriva il pulmino di Luca.

Verso le quattro emmezza, infatti, arriva Shmoo dal centro. Cominciano a questo punto le sue richieste incessanti: “Bathroom!’, “Milk!”. “A hug!”. “Plug it in!”, che si placano solo temporaneamente e poi ricominciano imperterrite e identiche come  un loop autistico senza fine.

Verso le quattro emmezza comincio a chiedermi dove sia finita Emma, che dovrebbe essere a casa da un’ora. Non sono una mamma che si preoccupa, ma ormai comincia a fare scuro, verso le quattro emmezza. La chiamo come sempre, verso quest’ora. E lei, come sempre, mi dice la stessa cosa: “Sono al parco con Abigail. Poi prendo l’autobus e torno a casa”. Va bene basta che ‘sta volta non ti fai venire a prendere, rispondo io. Come sempre.

Verso le quattro emmezza, la Cristina è andata via da poco. La Cristina è la mia amica romana, che vive a Cambridge da sedici anni e che, come me, lavora da casa. Viene qui quasi tutte le mattine a lavorare, e il tavolo della cucina diventa il nostro ufficio. Ogni tanto facciamo un cigarette break, fumando bellamente in casa, durante il quale ci raccontiamo pettegolezzi e cose serie. Poi torniamo a lavorare fino a pranzo. Poi caffè, siga, ancora un po’ di lavoro, e verso le quattro e un quarto, se ne torna a casa.

Inoltre, verso le quattro emmezza, la Prince street, la strada in cui vivo, si fa un po’ più rumorosa, perché i ragazzi tornano dal dopo scuola. Sento Giacomo e Ettore, i figli dei miei vicini milanesi, giocare per la strada; il ticchettio delle scarpe delle mamme che tornano dal lavoro in fretta per poter mandare finalmente la babysitter a casa. Sento persone che parlano al telefono mentre camminano, sento i campanellìo delle medagliette attaccate ai collari dei cani dei vicini che camminano felici al guinzaglio; sento le macchine che parcheggiano, le portiere chiudersi e il beep degli allarmi. Sento che mi tocca cominciare a pensare a cosa fare per cena.

Verso le quattro emmezza, di solito, mi accorgo di non aver ancora finito di lavorare, e, tra una richiesta di Luca e l’altra, scrivo ancora qualcosa. È proprio verso le quattro emmezza che mi faccio un’altra sigaretta, l’ultima della giornata da fumare in casa, che poi tra un’ora arrivano Dan e Emma e brontolano per l’odore del fumo.

Verso le quattro emmezza, quando ho quasi finito la siga, mi verrebbe voglia di bermi la prima birretta, segno indelebile della fine della giornata lavorativa. Ogni tanto mi dico che forse è troppo presto e aspetto almeno un’oretta. Oggi invece, che ho sete di roba fresca e frizzante, finisco di scrivere, spengo la sigaretta, e penso che una birretta ci sta tutta. Siccome ormai siamo più verso le cinque, mi verso in un bicchiere alto, mentre decido di mettere su un bel roast beef che si fa in fretta e piace a tutti.



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