Anche il coronavirus ha i suoi limiti









Questo periodo così strano che stiamo vivendo in tutto il mondo, potrebbe essere visto come un lungo momento di pausa. Pausa da tutti gli impegni che avevamo, che ci hanno tenuti lontani da casa, dal tran tran della  vita e della famiglia. Che ci hanno dato, in un certo senso, la scusa per non fare un sacco di cose. La scusa più comune al mondo è sempre stata questa: mi piacerebbe, ma non ho tempo.

Invece adesso che tutti abbiamo talmente tanto tempo a nostra disposizione, è proprio il tempo a diventare un problema: cosa fare con tutte queste ore senza qualcosa da fare?

Ci ho pensato moltissimo, avendo anch’io, come tutti, lunghe ore senza un cazzo da fare, e mi sono venute mille idee. Potremmo in realtà passare il nostro tempo a fare un sacco di cose. Eccone alcune:

-       Fare più esercizio fisico, scaricando una qualsiasi app al telefono,

-     Perdere quei dieci chili in più che ci fanno sentire appesantiti e meno sexy,

-       Imparare una nuova lingua, seguendo dei corsi online,

-   Telefonare ai nostri ex fidanzati per scoprire che in fondo avevano sbagliato a lasciarli. O, in alternativa, capire che avevamo fatto bene a lasciarli.

-       Imparare a fare gli origami, il punto croce, un golf all’uncinetto,

-       Pulire l’armadio delle scarpe, e eliminare quelle con il tacco prese quando pensavamo che ci avrebbero fatto sentire più giovani, più magre e più in controllo della situazione, qualunque essa fosse,

-       Conoscere meglio i vicini e capire perché quegli strani rumori che arrivano dai muri confinanti non sono poi così pericolosi. No, non stanno costruendo una bomba atomica ( o almeno non sembrano i tipi),

-    Leggere, scrivere, scoprire la gioia di andare in giro per la casa in mutande,

-    Ascoltare un’opera di Mozart intera, dalla prima all’ultima nota. Se è ancora apprezzato dopo tutti questi secoli, un motivo ci dovrà pur essere. Per dire: Vasco è bravissimo, ma tra due secoli ci sarà ancora qualcuno che noleggerà la Scala per ascoltare i suoi pezzi? Dubito,

-       Apprezzare la strana gioia che si prova facendo del giardinaggio: per esempio ho scoperto che si possono coltivare patate, carote, sedano e cipolle senza troppo trambusto (ma, siccome sono pigra, non ho fatto niente),

-       Imparare a memoria i numeri di telefono delle persone più care, in caso i cellulari smettano di funzionare da un giorno all’altro. In questi giorni, per esempio, ho scoperto di non sapere i numeri di telefono delle mie figlie o  dei miei migliori amici.

Poi adesso altre cose non mi vengono, ma non è questo il problema. Mi preoccupano la mia pigrizia e la mia distrazione, che mi accompagnano da quando sono piccola. I miei genitori mi hanno sempre preso in giro perché quando mi svegliavano la mattina per andare a scuola, ero talmente assonnata che dovevo chiedere loro se fosse mattina (e quindi vestirmi per andare a scuola) o sera (e tenermi il pigiama). Ero talmente distratta che non chiudevo l’ombrello neanche quando entravo a scuola: me ne accorgevo in classe, quando i miei compagni ridevano di me. Pigra e distratta lo sono ancora e questo coronavirus per quelli come me crea delle serie preoccupazioni.

Anzi, questo virus per quelli come me è un disastro. Ci dà una scusa per essere ancora più pigri. Mi sveglio tardi la mattina (tardissimo, come dice Dan), e faccio molta fatica a concentrarmi. Leggere e scrivere, cose che ho sempre amato fare, sembrano scogli difficilissimi da raggiungere.

Eppure. 

Eppure oggi non avrò imparato un’altra lingua, ma ho pulito tutta la casa. Da cima a fondo. Senza distrarmi, senza tregue, senza ‘fumo una sigaretta e poi continuo’, perché la conosco bene quella trappola lì. E stasera, stanca e con la schiena dolente, finalmente scrivo.

Dunque, forse mi sono sottovalutata tutto questo tempo: non sono poi così pigra. Riesco a dominare le mie distrazioni e ad arrivare alla fine. Sta di fatto che questo Coronavirus mi sfida ogni giorno e che quando finirà, magari avrò imparato il giapponese colloquiale come quello che si parla a Tokyo tra parenti stretti.

Sono ottimista, insomma. Ma vi prego, quando vi dico di aver imparato il punto croce, abbattetemi.






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