Dieci ricordi per dieci canzoni - Gino Cervi








Mi piace la bicicletta e mi piacciono le canzoni Paolo Conte. Si trovano un bel po’ di biciclette nelle canzoni di Paolo Conte, ma a me ne piace una in particolare. 

A tutti viene in mente Bartali, che fa rima con sandali e «i francesi che s’incazzano e i giornali che svolazzano». Oppure Diavolo Rosso, che parla di Giovanni Gerbi, campione ciclista astigiano come l’avvocato («Dimentica la strada: vieni qui con noi a bere un’aranciata, contro luce tutto il tempo se ne va…»). Qualcuno si ricorda di Silenziosa velocità, che è stata anche una sigla RAI del Giro d’Italia. Ai più attenti “paolocontiani” verrà in mente un meraviglioso verso di Boogie: «I sax spingevano a fondo / come ciclisti gregari in fuga». Ecco, qui quasi ci siamo. È uscita la parola giusta: “fuga”. Fuoco, fuochino.


La canzone che mi piace, per un po’ di motivi, è Fuga all’inglese. «Andarsene all’inglese», secondo quanto si legge sul sito della Treccani, vuol dire «andarsene via senza salutare, di nascosto, furtivamente, per sfuggire a situazioni noiose, sgradevoli, imbarazzanti ». Che siano gli inglesi ad avere la prerogativa di questo comportamento è tutto da vedere. Gli espertoni li chiamano “etnocentrismi linguistici”. Per cui, a seconda di dove sei, i “colpevoli” cambiano: in Calabria, ad esempio, i maleducati sono gli spagnoli (“andarsene alla spagnola”); a Venezia i romani (“andarsene alla romana”). In Germania sich auch französich verabschieden vale “andarsene alla francese”, mentre in Francia, di nuovo, sotto accusa tornano a essere gli inglesi: filer o aller à l’anglaise. Ovviamente oltre la Manica tutto si ribalta: to take french leave. Insomma, è un po’ come la storia del “mal franzoso” che in Francia diventa mal napolitain.  


Nella canzone di Paolo Conte a filarsela all’inglese, probabilmente per sfuggire alla noia di una molestissima conferenza, è, mi par di capire, una coppia, un lui e una lei che, immagino, vadano a finire a fare l’amore in una stanza dove magari «tutto intorno è pioggia pioggia pioggia e Francia». 


La canzone mi piace perché si scappa via da una cosa noiosa, molesta, inutile per andare a farne un’altra che invece non si vede l’ora di fare e piace a tutti e due (si spera). Ma mi piace ancora di più – e credo siano problemi miei da indagare sdraiato su un lettino – perché mi ha sempre fatto pensare alle fughe delle corse ciclistiche. Un mondo dove la parola “fuga” ha un significato ribaltato rispetto alla vita. Chi fugge nella vita è, di solito, un codardo, un debole, uno che si sottrae alle proprie responsabilità («tanto di noi si può fare senza e chi vuoi che noti mai la nostra assenza?»). Se invece sei in braghe corte e attillate e c’hai indosso una maglietta, altrettanto attillata, e coi colori della frutta martorana, e un cappellino con la visiera rovesciata, e cavalchi forsennatamente una bicicletta, andare in fuga è un inusitato atto di coraggio: all’attacco! Ecco, la mia vita – come forse quella di tanti altri, eh… non è che c’ho l’esclusiva – è un po’ un misto di fughe miste, codarde o coraggiose. E chissà che non abbia davvero ragione Paolo Conte quando alla fine dice: «La fuga nella vita, chi lo sa?, che non sia proprio lei la quintessenza». Poi magari non ho capito niente: e l’ineffabile Avvocato ci sta prendendo in giro cambiando una vocale alla parola fuga. 


Gino Cervi


https://www.youtube.com/watch?v=zMurL5blPDI




Fuga all’inglese (da Paolo Conte, Appunti di viaggio, 1982)


Che ora fai? è un’ora inglese, si va.
Agguanta la mia mano e ce ne andiamo,
tanto di noi si può fare senza
e chi vuoi che noti mai la nostra assenza?

Ah, ragazza, tu sei bella ogni giorno di più,
non farti prender dalla sonnolenza.
Ci interessa, no, questa conferenza?
Che tanto il tempo passa anche sotto ai sofà.

Sì che il tempo passa anche sotto ai sofà,

nemico numero uno
degli aspirapolvere di tutta città.
È là che lui tiene la sua accademia
sotto lo sguardo vitreo dei bicchieri di Boemia.
E intanto il Comune
cambia colore ai tramways,
che la gente poi ci prende confidenza.

Sì, ma di noi si può fare senza…

Da-da-da-da-da-da-da-da-da-da

È tutto un grande addio,
un giorno Gondrand passerà,
te lo dico io,
col camion giallo porterà

via tutto quanto e poi più niente resterà
del nostro mondo…
Da-da-da-da-da-da-da-da-da-da

La fuga nella vita, chi lo sa?
Che non sia proprio lei
la quintessenza.
Sì ma di noi si può fare senza,
sì tanto il tempo passa anche sotto ai sofà.



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