Macerie







È lo stesso dolorino di sempre e che adesso non mi spaventa. Mi viene tra il cuore e la spalla sinistra. Tempo fa, ero convinta che si trattasse di un infarto. Mi coricavo sul letto e mi misuravo la pressione incessantemente, fino a quando dalla paura si alzava a livelli compromettenti. Poi prendevo un calmante e mi passava tutto. Adesso invece che prendo un SSRI con il caffè della mattina, il dolorino rimane tale e invece di trasformarsi in un attacco di panico, come allora, ho imparato a conviverci. 

Lo chiamo il morso dell’ansia.

Ci convivo ormai da cinque giorni, da quando cioè io e le mie sorelle abbiamo accettato un’offerta sulla casa della nostra infanzia. In realtà era sul mercato da mesi, il tempo giusto per rimandare la desolazione di non averla più. Per decidere se accettare o meno, abbiamo fatto una videochiamata insieme. Erano molti mesi che non ci incontravamo faccia a faccia (per modo di dire) tutte e quattro, e devo ammettere che ero partita abbastanza fiduciosa sul fatto che saremmo riuscite a parlarne tranquillamente. Ingenuamente, riconosco, dato che il motivo dell’incontro era di per sé gonfio di dolore, di paura e di tensione. Infatti (e parlo per me, poi le sorelle avranno il loro modo di valutare), è stata una conversazione che definirei abbastanza complessa e infelice. Sono rispuntate le solite discussioni del passato, si sono concretizzate davanti a miei occhi quelle vecchie dinamiche che non riusciamo ancora a scrollarci di dosso. 

 

Quando ci si è nel mezzo, sembra che sia una modalità unica della nostra famiglia, ma so che è molto comune, risultato di una perdita così astronomica come quella che abbiamo affrontato noi quattro. Si litiga tra fratelli e sorelle, non c’è niente da fare. Capita e poi come sempre, passa. Una volta pulite le macerie, verranno dimenticate, e si ritornerà a una convivenza normale. 

 

Macerie. La morte di mia madre non ha portato soltanto il dolore della perdita, che non smette di finire. Ha portato anche a molte considerazioni pratiche da gestire che portano con sé altrettanto dolore e dubbi su come meglio affrontare. Si accumulano tutte sulla montagna di frantumi provocati dalla morte stessa. 

 

Sono altrettanto pesanti, puzzolenti, polverose, difficili da gestire. Ci si trova di tutto, nel polverone: i progetti spezzati, l'eternità del non ritorno, della solitudine, ma anche delle spese di condominio, delle bollette da pagare, della furia che accompagna la desolazione di vendere la casa. 

 

Adesso che abbiamo accettato l’offerta, ci troveremo anche le pentole della mamma, le piastrelle del bagno, le lenzuola, gli armadi. Adesso nel burrone ci dobbiamo buttare quel che resta di quella vita là, che è terminata quella sera del trenta dicembre 2021. Ha sciolto la nostra normalità e ha creato sotto di noi un buco nero, che si sta risucchiando tutto quanto, anche il nostro rapporto, se non stiamo un po’ attente. 

 

È da lì che dobbiamo ricominciare. Quando riusciremo a ripulire tutto, a mettere tutto in un sacchetto dei ricordi, allora troveremo anche la strada da seguire. Insieme e anche individualmente. Ci risentiremo finalmente parti di un puzzle che è la nostra famiglia, o quel che ne rimane. 

 

Vendere la casa, cosa che i nostri genitori sapevano sarebbe successa, significa anche fare nostra l’idea che non abbiamo più bisogno di rannicchiarci nella stessa tana, perché nel frattempo ce ne siamo costruite delle nuove, con le nostre famiglie, i nostri compagni. Ha senso lasciarla andare. Ha senso anche scontrarci prima di incontrarci, perché siamo diverse da quello che eravamo, ma non sappiamo ancora come. 

 

E come sempre, scrivendo mi schiarisco le idee e il morso dell’ansia allenta la sua presa A parte la presenza di Luca nel mio studio, e della canzone che ascolta ormai dal 1953, mi sento già meglio. 


Avanti così.


Nella foto, un angolo della sala



Commenti

  1. Marina cara, essendo transitato, sia attraverso salotto sia perdendo la mamma con relative piastrelle, pacchi et memorabilia varia ti capisco !! tranciare con il passato, se il passato è degno, rimane un atto di coraggio e sofferenza, ma , imho, è doveroso e necessario…ognuno ha una “ Franca” da portare con se, non più sotto forma di oggetti, ma, cosa più preziosa , come immagine eterna…li non ci sono agenzie immobiliari, beghe familiari e cestini con roba da buttare che tengano.
    Ti abbraccio, Giorgio

    RispondiElimina
  2. Vi capisco e' capitato anche a noi con la casa dei nonni....vedi la tua infanzia passare e in un'attimo tutto finisce.Quando vado a Menaggio e passo davanti a quella villa ( una volta Villino Maria) mi sento male, vorrei aprire quel cancello ed entrare....dicendo ...andate via questa era nostra!!!.Comunque i ricordi rimangono in un 'angolo del cuore e non se ne vanno mai!!!.Ti voglio bene❤

    RispondiElimina
  3. Un'amica ha postato poco fa questa sua bellissima e dolorosa riflessione.... mi ci sono ritrovata in ogni singola parola! La differenza è che nella mia di famiglia (due maschi e una femmina che sono io) ero io l'unica a non volerla vendere, mentre i miei fratelli fin da subito volevano per evitare l'accumularsi delle spese e per ricavarci un introito.... la prima volta che sono andata da sola per incominciare ad impacchettare e buttare quello che non serviva, ho provato un dolore immenso e tanta rabbia! Allora ho deciso di mettere da parte solo quello che volevo conservare e delegare i miei fratelli a disfarsi di quello che rimaneva. Non penso che quando venderemo casa tutto si appianare dimenticando i litigi e le recriminazioni; ormai le maschere sono cadute, e so che rimarrò da sola dandogli la scusante che abitiamo in città diverse. Grazie per aver condiviso con noi questi pensieri così struggenti e profondi.

    RispondiElimina
  4. La foto di questa sala la trovo struggente per un duplice motivo. Da un lato l'immobilità: tutto appare a regola d'arte per attirare il compratore. Dall'altro mi viene in mente quando hai scritto del rapporto di tua mamma con la casa, il tenerla sempre perfetta, pulita, in ordine. Non so dirti perché sia l'immagine in sé unita a questi due miei pensieri a struggermi quasi quanto le tue parole sempre calibrate, perfette. Spero che nel frattempo quel morso d'ansia allentato con la scrittura si sia ulteriormente allentato.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari