Sogni








Stanotte ho fatto un sogno che non riesco a togliermi dalla testa, proprio come quello che feci ormai quarant’anni fa, poco dopo la morte di mio padre.

 

Allora sognai di essere dentro a un flipper pieno di luci dentro il quale io, mia madre e le sorelle, portavamo papà alla fermata dell’autobus. Lo stavamo aspettando e intanto ci abbracciavamo per salutarci. In qualche modo sapevamo che non ci saremmo più visti. Poi cambiava scena ed ero ritornata a casa, terrorizzata, perché c’era un carissimo amico di mio padre che mi rincorreva e sapevo che si era nascosto nell’armadio a muro di camera mia. Un sogno indelebile.

 

Anche quello di questa notte sarà indelebile, me lo sento. Ero in una città, presumibilmente Milano, ma che non conoscevo bene, e dovevo andare a trovare mia madre, che era stata trasferita in un appartamento di un palazzo nuovo, modernissimo. Per entrarci, bisognava sapere il nome dell’ala del palazzo in cui viveva, bisognava compilare un sacco di fogli, bisognava prendere degli ascensori strani, che ogni tanto si fermavano su piani in cui c’erano dei mondi strani. Io chiedevo a tutti come arrivare da mia mamma, e mi dicevano di prendere l’ascensore blu, ma che non era ancora stato costruito. Di aspettare, che qualcuno mi avrebbe portato. Dopo infinite attese, arrivavo da mia mamma. C'erano anche le mie sorelle che mi dicevano che ero scema ad essermi persa e che invece era facilissimo arrivarci. Seduta tra loro c’era mia madre, ma guardandola, mi ero accorta che non era lei, ma un’altra persona anziana. Facevo finta di niente, e per dire qualcosa di positivo commentavo l’appartamento dicendo che era carino. La signora anziana e le sorelle mi interrompevano dicendo che invece faceva schifo.

 

E poi mi sono svegliata. Ero nel mio mondo di sempre, nel mio letto, di fianco a Dan e a Rosie. Come se nulla fosse successo, come se questo viaggio in un mondo assurdo fosse sparito nel nulla. Sono rimasta stesa, guardando il soffitto per quello che è sembrato un periodo lunghissimo. Come nel flipper, ho lasciato anche in questo palazzo iper-tecnologico e complesso un pezzo del mio cuore che non tornerà mai più.

 

Forse, se davvero esiste un al di là, non è così facile da navigare, mi sono detta: non basta morire, bisogna prima imparare tutte le regole del nuovo mondo. Bisognerà fingere di capire come raggiungere i nostri cari; forse non li raggiungeremo mai perché non è detto da nessuna parte che ci vogliano rincontrare; forse sono loro che non vogliono farsi raggiungere. Chi lo sa. 

 

Oppure, più semplicemente, è un sogno strano a cui non dare tanto peso. Devo continuare ad accontentarmi di sapere che i miei genitori sono dentro di me, perché non passa un minuto senza pensare a loro. Li tengo vivi così, come vorrei che fossero: raggiungibili, dolci e pronti a sorreggermi quando mi serve.

 

Il resto, mi dico, lo scoprirò quando arriverà il mio momento.






L'immagine (rubata da Google) si intitola 'A Dream' (Sir Robert Peel, 2nd Bt; Arthur Wellesley, 1st Duke of Wellington; John Singleton Copley, Baron Lyndhurst; Daniel O'Connell).

Commenti

  1. Tienili sempre nel tuo cuore, è l'unica possibilità per ricordarli e sentirli ancora più vicini quando sei in crisi.
    A me succede da molti anni e non se ne vanno mai.❤️

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  2. Coloro che amiamo e abbiamo perduto non sono più dove erano ma sono ovunque noi siamo.
    Questa massima di Sant'Agostino mi accompagna sempre.
    E la sento mia.

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