Un virgola in più per stare meglio








In America è in atto una guerra contro la  cultura e la decenza. La conosco bene, questa nazione, e a volte devo ammettere di esserne stata fiera. Bello sapere, per esempio, che le minoranze sono protette, che le persone diversamente abili hanno davanti a loro un futuro appagante, che le persone gay, lesbiche, trans, non-binary possono sposarsi e avere figli, proprio come tutti gli altri. Che ci sono leggi e regole precise che parlano di uguaglianza, di stesse opportunità. Che c’è stato un presidente nero. Che i miei figli sono cresciuti in una società multiculturale. Che le persone tengono in considerazioni gli altri quando parlano, evitando parole derogatorie e offensive. Di quell’America, rappresentata dal cinquanta percento della popolazione statunitense, vado molto fiera. Purtroppo non posso dire la stessa cosa dell’Italia, in cui persone LGBTQ ancora non possono né sposarsi, né avere o adottare figli, dove parole tipo mong***ide, fr**io, rit****to, n***o sono ancora di uso comune, dove molte persone di colore scuro spesso e volentieri sono fuori dai supermercati a chiedere l’elemosina invece che a lavorare in banca, o nelle scuole come insegnanti, o come persone uguali ai bianchi. Dove le famiglie con figli diversamente abili sono lasciate a sé stesse, senza aiuti concreti. Sta avvenendo anche nel mio Paese un cambiamento che percepisco, ma siamo ancora molto indietro e il mio dubbio terribile è che se Trump avesse fatto campagna elettorale in Italia, avrebbe stravinto.  

Donald Trump e Giorgia Meloni hanno dichiarato guerra a questo enorme gruppo di persone, che cerca di ottenere uguali diritti e una vita tranquilla. Sono scoraggiata, delusa e terrorizzata da quello che sta accadendo attorno a noi, per cui mi sforzo quotidianamente di concentrarmi anche su ciò di bello che mi circonda e che, a guardarci bene, è ancora tanta roba. 

Come ogni ventun marzo, oggi si celebrano le persone nate con un cromosoma in più, quella ventunesima microscopica virgola che le rende diverse, ma non per questo meno meravigliose, da chi ne ha soltanto venti. Chi vive con una persona con la sindrome di Down fa molta fatica a non pensarci ogni giorno, ma chi non hanno avuto la stessa fortuna, ha bisogno che ci sia un giorno all’anno per pensare un po’ a loro. 

Non è un caso che la giornata dedicata a quei rompipalle di persone con la sindrome di Down coincida con la giornata internazionale della poesia. Rompipalle, sì: non sono tutti angioletti, proprio come non tutte le poesie sono d’amore. Sono persone ognuna con il proprio carattere, con i propri sogni e le proprie delusioni. Non fingiamo, neanche oggi che si celebrano, che chi ha una virgola in più sia più o meno buono di noi, a cui manca proprio quella punteggiatura in più, che sembra piccola, ma che anche nella scrittura  ha il potere si cambiare il significato di ciò che si inrende dire. Ecco in anteprima mondiale questa la mia ultima poesia, scritta in un momento di fame, che mi serve come esempio:

” Ho mangiato Anna”

“Ho mangiato, Anna” 

Oggi vado a prendere il mio esemplare di persona con la sindrome di Down. So per certo che la sua presenza mi aiuterà a dimenticare per un po’ le angosce vendute sui giornali. Infatti, me le toglierà a tal punto che alla fine del weekend, dopo che per tre giorni mi ha stropicciato di baci, abbracci e carezza, spererò di leggere che Meloni o Trump hanno esagerato un’altra volta. 

A chi, come me, vive questo periodo storico con enorme apprensione, dedicherò un abbraccio di Luca, ma solo uno perché poi me li tengo tutti per me. Ma se doveste incontrare una persona con la virgola in più, non perdete l’occasione di sorridergli, né oggi né domani. 

 

 


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