E bravo Ludwig (van)!








Per questo mese ho affittato un appartamentino nella zona di Milano in cui sono cresciuta. Mi piace molto tornare qui, anche se ormai la casa in cui ho vissuto la mia infanzia non è più nostra e ogni volta che la vedo mi viene il magone. Ma questa zona è dove sono cresciuti i miei genitori, dove hanno deciso di sposarsi e di fare quattro figlie e la loro presenza si sente in ogni angolo. Poi c’è il giardino Beppe Viola, dedicato a mio papà, che mi legherà per sempre a queste vie. 

La mia vita milanese è molto semplice: lavoro, vado a trovare i miei zii, sento le sorelle e ogni tanto mangiamo insieme, i pochi amici rimasti mi propongono serate, cene, apertivi. Per la maggior parte del tempo, però, mi piace stare da sola. Essere a Milano per me significa non avere alcuna responsabilità nei confronti di nessuno eccetto che me. Vuol dire assaporare il silenzio e la libertà. Quando arrivo, sono come un telefonino quasi scarico: 15% di batteria rimasta. E qui mi ricarico, così che quando torno a casa posso ancora stare bene fino a quando poi la batteria torna ad essere bassa, allora mi ritrovo qui, tra le mie vie, la mia gente.

Ogni tanto alla mattina, quando mi sveglio, bevendo il caffè mi piace ascoltare un po’ di musica classica. Mia nonna Vera, classe 1912, era cresciuta in una famiglia in cui le femmine suonavano tutte il pianoforte. Sua zia Sofia, nome che ho scelto per mia figlia, invece di leggere libri, la sera a letto leggeva gli spartiti. In quegli anni, cioè durante la fine dell’Ottocento, alle femmine si insegnava a ricamare, a suonare, a disegnare. I maschi erano considerati abbastanza intelligenti per avere un lavoro. No, non so se intelligenti è la parola giusta, ma insomma, come sempre mi sto dilungando. Mia nonna quindi suonava il pianoforte meravigliosamente. Mia mamma così così, mentre sua sorella è ancora bravissima e noi quattro sorelle, ovviamente, abbiamo passato anni con la signorina Conforti, che abitava via Negroli, a studiare le note, i tempi, le scale e tutto il resto. Ascoltare pezzi al pianoforte, dunque, non fa che aumentare la mia sensazione di essere davvero a casa. 

Mia nonna suonava spesso i Notturni di Chopin, ma anche Beethoven, Bach e altri geni. Anche io ho studiato alcuni Notturni, mai perfezionati come mia nonna, ma li avevo scelti proprio perché sono sempre stati nelle mie orecchie e quindi mi sembravano più facili da imparare. Di Beethoven invece avevo studiato poco. Stamattina, mentre sorseggiavo un caffè nell’appartamentino che ho affittato per un mese e che è nella zona che mi accompagna da quando sono nata, Spotify mi ha proposto la Sonata #8 di Beethoven. Ho chiuso gli occhi, l’ho canticchiata e mi sono sentita ancora una volta rapita dalla sua straordinaria bellezza e un po' dalla malinconia di un tempo, quello con mia nonna, ormai andato.

Mentre la ascoltavo, ho pensato che in questo pezzo sia davvero racchiuso il senso delle difficoltà da affrontare nella vita e di come poi tutto si aggiusta. La prima parte, la conosciamo tutti, è calma, ricorda ricorda quasi una situazione in cui tutto va bene: il ritmo, le note un po’ alte, un po’ di mezzo e un po’ basse, ci fanno sentire a posto. Poi la seconda parte ci spiazza: non si riconoscono più le note ordinate e ritmiche della prima parte, un po' come se la situazione di serenità si fosse tramutata in qualcosa di poco rassicurante: è successo qualcosa che ci distoglie dalla leggerezza. Magari una brutta notizia, o un periodo di ansia, di angoscia, un vento che ha spazzato via ciò che ci rendeva tranquilli. Si prova, ascoltandola, un senso di smarrimento.  Ma poi, come per miracolo, l’ultima parte riprende la prima, ritorna armoniosa e tranquillizzante: si è ritrovata la calma, siamo tornati a sentirci come prima dello tsunami. Malgrado i dolori, le difficoltà, gi eventi inaspettati che sembravano aver rovinato per sempre la nostra sensazione di stabilità e di armonia prima o poi si placano e ci rincuorano. Il peggio è passato, adesso possiamo finalmente sentirci ancora sereni.

Mi è parsa una metafora della vita, non solo la mia, ma quella di tutti. Per esempio, ho conosciuto Dan, ci siamo innamorati, eravamo felici. Era una situazione idilliaca. Poi è nato Luca, geniale ma complesso, e pareva che tutto sarebbe stato così difficile da non poter mai più ritornare alla serenità di una volta. C’era disordine, tensione, tristezza, stanchezza. E invece, d'un colpo, è ritornato tutto tranquillo, abbiamo ritrovato quel filo della matassa che anni fa pensavamo perduto per sempre e siamo ritornati alla serenità, alla situazione tranquilla da cui eravamo partiti.

"E bravo Ludwig!", mi sono detta mentre riempivo la tazza del caffè per la seconda volta.

 

 


 


Commenti

  1. Ho poche e sparute nozioni di musica classica. Mi hai incuriosita, oggi, tornando dal lavoro, l'ascolterò.

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