Una fame della madonna






Ho una fame della madonna.

Sono rimasta a Becket con Fiona e Rosie, ma senza macchina: abbiamo ricevuto l’ennesimo messaggio di un probabile avvistamento di Margot, la nostra gatta che è sparita più di un mese fa. Questa volta, una signora ha spiegato che spesso, nell’ultimo mese, ha visto nel cortile di casa sua un gatto nero che assomiglia alla foto dei cartelli che abbiamo appeso su ogni palo della zona. È vero, a Cambridge c’è Emma, che infatti è andata nel cortile, ma non ha trovato niente. E comunque, lavora per cui non è sempre disponibile. Dan invece ci è già andato trenta volte, senza successo.

Rimanere a Becket senza macchina è un problema. C’è un negozietto in cima alla collina, cinque o sei minuti da casa, ma non vende cibo, nel senso cose da cucinare. Non c’è pane, frutta, verdura, nulla del genere. Fortunatamente, ci sono delle bottiglie di vino. Ieri sera, dopo un temporale che ha buttato giù un albero di fianco a casa, mi sono incamminata e ne ho comprate ben due.

Altrimenti c’è Lee, un paese ‘vero’, nel senso che ha negozi, benzinai, supermercati, ma è a venti chilometri di distanza, per cui irraggiungibile. A voler vedere c’è la moto di Dan, una Guzzi che lui cura come se fosse la sua Cicciolina, delicatamente parcheggiata sotto un albero del giardino che continuiamo a chiamare ciliegio anche se non lo è. Ho anche la chiave e il casco. Manca invece la mia capacità di usarla, ma che dico usarla! Non so neanche accenderla...

Mi sono detta che ne ho passate tante, me la posso cavare anche questa volta. Ieri sera per cena ho pensato di farmi delle frittelle di zucchine: avevo gli ingredienti necessari per seguire la ricetta su giallo zafferano. Dopo aver lavorato, ho acceso la musica e l’iPad, da dove seguivo la ricetta, ho preso tutti gli ingredienti necessari e ho cominciando a grattugiare la zucchina. Le frittelle fatte da me sembravano un po’ diverse da quelle della foto, ma è sempre così. Mi sono aperta una bottiglia di vino, ho apparecchiato bene, mi sono seduta e ho messo in bocca il primo boccone. Faceva schifo, ma schifo da buttare via tutto: sapevano solo di bruciato. Considerato che avevo solo mangiato due biscotti alla mattina e avevo una fame atavica, mi sono girati molto i coglioni. Ma non mi sono data per vinta. 

La settimana scorsa avevo fatto dell’insalata di riso e avevo congelato il riso bollito, perché ne avevo fatto troppo. “Mi faccio una bella insalata di riso”, dico versandomi il secondo (terzo) bicchiere di vino. Metto il riso sotto l’acqua fresca per scongelarlo, mentre tiro fuori dal frigo le cose da metterci: taglio in due le olive, a cubetti il formaggio, aggiungo dei capperi, del mais, dei piselli e un cetriolino tagliato fine fine. Ci ho aggiunto il riso, ho condito con olio, sale e pepe e mi sono rimessa a tavola. Il riso scongelato, ho capito ieri sera, è immangiabile. In poche parole, avevo un pezzo di pane vecchio e l’ho usato per farmi pane e Nutella; mi sono mangiata tipo sette chili di frutti di bosco e, ancora affamata, mi sono fatta una sigaretta. Il vino l’ho finito verso l’una di notte, mentre guardavo una puntata vecchia di Un Giorno In Pretura e sognavo dei cracker con su del formaggio.

Stamattina mi sono svegliata affamata, ma fortunatamente avevo dei biscotti. Mi sono fatta un caffè e ne ho pucciati due; il terzo l’ho condiviso con i cani, che mi guardavano con quegli occhi lì. A pranzo ho finito i frutti di bosco e ho mangiato una banana. Magrado avessi il cervello offuscato da una nebbia atavica e il corpo attanagliato dai rumori tipici che fa lo stomaco quando è vuoto, mi è venuta la brillante idea di ordinare la spesa e farmela consegnare. Doveva essere qui un’ora fa, ma per ora niente.

Quindi, se non ce la faccio, preferisco metterlo nero su bianco: lascio il mio computer a mia sorella Serena, i miei vestiti a mia sorella Renata. A Anna, invece, lascio la bottiglia di vino che avrei voluto bere stasera con la cena. A Dan e ai ragazzi lascio dei bellissimi ricordi.

 

A tutti voi, addio e grazie per l'affetto.



Foto presa dalla mostra personale di Elisabetta Falqui

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