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Rivoglio la carta d'identità

La cosa brutta di venire a Milano è che poi me ne devo andare. Soprattutto questa volta, che mi dovrò fiondare in una nazione in cui la democrazia sta crollando come la pelle del viso di un vecchio. In tutti questi anni lontano da Milano sono riuscita a fare quasi tutto: sono stata studentessa, moglie, mamma, combattente in prima linea per i diritti di mio figlio, di Sofia e i diritti della comunità lgbtq, di Emma e i sacrosanti diritti delle donne. Ho sposato l’uomo più dolce del mondo, che è anche la persona più intelligente che io abbia mai conosciuto. Ho vissuto in campagna, poi a Boston, poi a Brooklyn, poi di nuovo a Boston. Ho incontrato persone eccezionali, amici che amerò per sempre. Benché tardi rispetto alla norma, ho iniziato una carriera, seppur piccolina, che mi ha dato e continua a dare soddisfazioni. Ho superato esami difficili con dignità, uscendone più forte e, a volte, più saggia. Eppure, non sono mai riuscita a togliermi la malinconia per Milano. È proprio vero che

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